martedì 30 ottobre 2018

La marca del distributore


Quando andiamo a fare la spesa, tra i prodotti offerti in bella mostra sugli scaffali del supermercato, troviamo, oltre a quelli delle marche più note, anche i beni propri commercializzati con il marchio della catena distributrice in cui stiamo facendo gli acquisti. Essi, naturalmente sono preparati da aziende industriali terze (in molti casi le stesse delle etichette più reclamizzate), ma venduti nella confezione del distributore.
La diffusione dei prodotti a marchio in Italia, si può far risalire alla metà degli anni '80, essi possono classificarsi in quattro macro categorie: i primi prezzi, dal costo inferiore, fino al 50% dell'analogo prodotto della marca leader, venduti con un nome di fantasia (esempio la linea Fidel di Esselunga); quelli a marca insegna, offerti a prezzi intorno al 25% meno della marca di riferimento; i prodotti premium, che costano anche il 30% in più ma in genere sono caratterizzati da alta qualità (come i prodotti tipici regionali, Dop e Igp) e infine le altre marche private (private label), che sono dedicate ai prodotti biologici, equo-solidali e per bambini.
Il valore di mercato dei prodotti a marca del distributore, è intorno al 19% ed in costante crescita (come si afferma nel XIV Rapporto annuale sulla marca del distributore Osservatorio Marca-Iri), se pensiamo che la media Europea è del 28% e che nei Paesi del Nord arriva a ritagliarsi una quota del 40%. Nel nostro Paese le percentuali di vendita maggiori, di questa tipologia di beni, si registrano nei discount, dove si raggiungono valori intorno al 57% del totale dei prodotti offerti e venduti. L'eliminazione degli intermediari e la riduzione delle spese di marketing,consentono a queste catene di supermercati di proporre a prezzi più bassi prodotti di qualità analoga a quella delle grandi marche.

mercoledì 17 ottobre 2018

Prorogata la fine del mercato energetico tutelato


La fine del mercato di maggior tutela per la fornitura di gas ed elettricità, è slittata al I luglio 2020, da questa data perciò, salvo ulteriori proroghe, tutte le utenze energetiche saranno servite in regime di mercato libero.
A dirlo è il Decreto Milleproroghe (D.L.91/2018), che proroga alcuni termini previsti da disposizioni legislative. In particolare, durante il processo parlamentare di conversione in legge (L.108/2018), sono stati approvati alcuni emendamenti, che hanno modificato l'articolo 3 del decreto aggiungendovi il comma 1 bis lettere a) e b). Insomma per farla breve e per non perdersi nei meandri dei tecnicismi normativi, dal I luglio 2020, l'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente smetterà di determinare i prezzi di riferimento per la vendita di elettricità e gas ai clienti domestici.
Originariamente, la fine del mercato tutelato era stata fissata per il I luglio 2018, così come stabiliva il Decreto Legislativo 93/2011, che dava e da' attuazione a due direttive Comunitarie in materia di norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e del gas naturale. Poi la prima proroga l'abbiamo avuta con l'entrata in vigore (il 14 agosto 2017), della prima travagliata Legge annuale per il mercato e la concorrenza, che ha spostato tale termine al I luglio 2019. Infine il Milleproroghe ha ulteriormente rimandato la fine del mercato tutelato di un altro anno: al I luglio 2020.
La decisione politica di questa ulteriore proroga, sarebbe da ricercarsi, secondo alcune fonti di stampa, nel ritardo d'implementazione della riforma: mancherebbe il decreto attuativo del Ministero dello Sviluppo Economico nel quale si dovrebbero definire (così come disposto dalla Legge sulla concorrenza – art.1 comma 68), “le misure necessarie a garantire la cessazione della disciplina transitoria dei prezzi e l'ingresso consapevole dei clienti finali, secondo meccanismi che assicurino la concorrenza e la pluralità di fornitori ed offerte, nel libero mercato”.
Nel frattempo, è già operativo il Portale Offerte, per cominciare ad impratichirsi con i criteri di scelta della migliore proposta commerciale di fornitura energetica.

mercoledì 3 ottobre 2018

Tariffe di pedaggio autostradale


Il crollo del ponte Morandi alla vigilia di ferragosto 2018 (tratto cittadino sopraelevato sul torrente Polcevera - città di Genova - del tronco autostradale A10 Genova-Savona), ha acceso il dibattito pubblico sul tema delle concessioni autostradali e sull'ammontare dei pedaggi riscossi dai concessionari.
L'affidamento della gestione, manutenzione e innovazione dei tratti autostradali a società private (i concessionari), s'inserisce nell'ampio ciclo di privatizzazioni che ha interessato numerosi enti e società pubbliche dal 1996 ai primi anni 2000, avviato con l'intenzione di risanare il disastrato bilancio statale ed erodere la montagna di debito pubblico che ancora oggi ci sovrasta.
La storia viaria del nostro Paese è stata guidata, almeno negli ultimi 90 anni, dall'ANAS (istituita nel 1928 e trasformata nel 1946 in Azienda Nazionale Autonoma delle Strade e poi nel 2002 in Società per Azioni, dal I gennaio 2018 è parte del Gruppo FS Italiane), che ha realizzato strade, ponti, gallerie e ne ha curato la loro manutenzione. Oggi la gestione di tale rete è parzialmente affidata ai privati, mediante la stipula di apposite convenzioni, originariamente contrattate tra ANAS (concedente) e concessionario autostradale e successivamente modificate e aggiornate dalla Struttura di Vigilanza sulle concessionarie autostradali del Ministero delle Infrastrutture e deiTrasporti operativa dal I ottobre 2012, che ha sostituito nel suo ruolo l'Anas.
Il tanto bistrattato CIPE (il Comitato interministeriale per la programmazione Economica), il 15 giugno 2007 ha emanato una direttiva in materia di regolazione economica del settore autostradale, in cui si è definita la formula tariffaria per calcolare la percentuale di variazione annuale a cui ciascun concessionario può adeguare il costo del pedaggio della tratta autostradale affidatagli. L'ammontare dell'adeguamento tariffario annuale applicabile, si ottiene sottraendo dal tasso di inflazione programmato, un parametro, espresso in percentuale, che tenga conto (semplificando) di costi ed investimenti sostenuti dal concessionario.
Così: puntualmente, all'inizio di ogni anno assistiamo ad un più o meno oneroso incremento delle tariffe dei pedaggi autostradali.

mercoledì 26 settembre 2018

Diamanti da investimento: aggiornamento


Il caso dei diamanti da investimento è esploso nel mese di ottobre 2016, quando la puntata della trasmissione Report, divulgava e approfondiva i contorni di una diffusa pratica di compravendita delle pietre preziose. Le gemme, certificate e classificate nelle loro caratteristiche fisico-chimiche da enti accreditati, venivano proposte come strumento di investimento ai risparmiatori clienti di alcune banche italiane, con lo scopo di diversificare il patrimonio accantonato. Le due principali aziende del settore sono la Intermarket Diamond Business (IDB), che vendeva le sue pietre attraverso gli sportelli di Unicredit e Banco Bpm; e Diamond Private Investment (DPI) che si appoggiava invece al Monte dei Paschi di Siena (MpS) e a Intesa Sanpaolo. L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), con due provvedimenti emanati il 20 settembre 2017, ha sanzionato tutti gli attori della filiera: le società venditrici e le banche collocatrici, per un importo complessivo di oltre 15 milioni di euro, colpevoli di aver attuato pratiche di vendita gravemente ingannevoli e omissive. I diamanti venduti ad un prezzo presentato come quotazione di mercato, era invece stabilito arbitrariamente dai professionisti (Idb e Dpi) e risultava fortemente maggiorato rispetto al costo di acquisto della pietra stessa. Inoltre anche l'incremento del valore dell'investimento, pubblicato sui più diffusi quotidiani economici, era frutto di elaborazioni arbitrariamente redatte dai venditori. Infine la prospettata liquidità del mercato si riduceva alla possibilità che il professionista trovasse altri acquirenti all'interno del proprio circuito di vendita.
Ora, i risparmiatori ingannati da quelle mirabolanti promesse di guadagno, si ritrovano proprietari di gemme preziose dal valore inferiore a quello sborsato per l'acquisto. La loro vendita, ad un prezzo fissato dal mercato istituzionale, genererebbe un'ingente perdita di patrimonio investito.
I reclami spediti dai consumatori e dalle loro associazioni, direttamente alle società di vendita e alle banche intermediarie, hanno ricevuto risposte diverse: quasi tutti si sono dimostrati subito disposti a costituire tavoli di conciliazione per risolvere extra giudizialmente i contenziosi. Quelli più proficui sembrano essere le conciliazioni bancarie: Unicredit; Intesa Sanpaolo e MpS, con ritualità diverse, arrivano a rimborsare l'intera somma investita, mentre Banco Bpm risarcirebbe fino al 50% del prezzo d'acquisto delle pietre e lascerebbe la loro proprietà ai risparmiatori. Le società di vendita, convinte di aver agito correttamente, hanno ricorso la procedura sanzionatoria applicata dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e hanno adito il Tribunale Amministrativo: il Tar del Lazio in questo caso, la cui pronuncia è attesa per il prossimo 17 ottobre 2018. La decisione dell'organo amministrativo, nel caso confermasse la sanzione dell'Autorità, potrà rappresentare un elemento favorevole per il consumatore da far valere in un eventuale causa di giudizio.

giovedì 13 settembre 2018

Il conto corrente di base


Il conto di base, è uno specifico servizio di pagamento obbligatoriamente offerto ai consumatori, dalle banche, dalla società Poste Italiane S.p.a e da tutti gli altri prestatori di servizi abilitati. Il conto denominato in euro ha caratteristiche di base e deve necessariamente includere le seguenti operazioni e servizi: apertura, gestione e chiusura del conto di pagamento; accreditamento di fondi sul conto (deposito di contante e ricezione di bonifici); emissione, rinnovo e sostituzione della carta di debito ed altre operatività espletabili all'interno dell'intera Unione Europea.
L'istituzione di questa specifica tipologia di conto corrente, deriva dalla direttiva Europea del 2014: la numero 92, che è stata recepita nel nostro ordinamento giuridico con il Decreto Legislativo 37/2017, che ha introdotto una specifica sezione nel Testo Unico Bancario e ha dato attuazione alla disciplina per la comparabilità delle spese relative al conto di pagamento, alle modalità di trasferimento da un prestatore di servizi all'altro e l'accesso al conto di base, così come previsto dal provvedimento comunitario.
Il conto di base ha un canone annuale onnicomprensivo ed il Decreto Ministeriale 70 del 3 maggio 2018 (il Ministero è quello dell'economia e delle finanze), ne regolamenta il costo e il numero di operazioni annue effettuabili senza l'addebito di ulteriori spese aggiuntive. L'ammontare del canone, deciso in regime di libero mercato e determinato autonomamente da Istituti di credito e/o prestatori di servizi di pagamento, ha l'unico limite di dover essere ragionevole e coerente con la finalità di inclusione finanziaria, e questa coerenza si verifica se l'importo del canone è uguale o superiore ai costi sostenuti dalla banca per effettuare le operazioni e i servizi compresi e previsti nell'offerta di base, e che in ogni caso non eccedano l'importo mediano delle spese applicate nel semestre precedente a tutti gli altri consumatori suoi clienti per le analoghe operazioni di pagamento.
L'offerta del conto base deve consentire un certo numero di operazioni annuali definite dal regolamento ministeriale: per esempio i prelievi potranno essere illimitati sul territorio nazionale dagli ATM del proprio Istituto di credito, mentre saranno limitate a 12 per i prelievi dagli sportelli Bancomat di altre banche. Saranno limitati a 36 il numero di pagamenti ricevibili tramite bonifico SEPA (compreso l'accredito di stipendio o pensione), inclusi nel canone annuale o ancora: 6 i prelievi di contante allo sportello.
Sono infine previste due fasce di esenzione che permettono l'accesso al conto corrente di base in regime di gratuità, e queste sono: i consumatori con un ISEE inferiore a 11.600 euro e i pensionati con un trattamento annuo lordo fino a 18.000 euro.
Il decreto legislativo di marzo 2017 (inglobato, come detto, nel testo unico bancario) prevede all'articolo 126-terdecies, la costituzione di siti web di confronto dei costi dei conti correnti offerti ai consumatori a cui i prestatori di servizi di pagamento partecipano, che possono essere realizzati dalle associazioni di categoria o da associazioni di consumatori e ne danno indicazione sul proprio sito web ove disponibile. Comparaconti.it, il sito di confronto promosso dall'Associazione Bancaria Italiana (Abi), è attualmente sospeso, in attesa di uniformare le proprie specifiche tecniche alle prescrizioni previste dal dettato normativo.

mercoledì 5 settembre 2018

Le offerte commerciali per le connessioni in FIBRA


L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (l'AGCOM), lo scorso 19 luglio, ha deliberato il provvedimento 292/18/cons, di attuazione dell'articolo 19 quindecies del Decreto Legge 148/2017 (convertito con modificazioni nella legge 172/2017), che impone agli operatori telefonici l'obbligo di fornire informazioni chiare e trasparenti sulle caratteristiche tecniche dell'infrastruttura fisica di rete utilizzata per l'erogazione del servizio. In particolare l'offerta commerciale proposta con la dicitura: "collegamento in fibra ottica" potrà essere utilizzata, nella propaganda commerciale, solo se i filamenti vetrosi (le fibre ottiche) raggiungono l'edificio o l'unità immobiliare del cliente. Tutte le altre connessioni ibride: fiber to the cabinet (FTTC): misto fibra/rame e fixed access wireless (FWA): misto fibra/radio, dovranno prevedere una specifica denominazione pubblicizzata nell'offerta, diversamente si configurerà una pratica commerciale scorretta così come definita nel codice del consumo.
La delibera dell'Autorità si compone di otto articoli e relativi allegati: nei primi sei si specificano e precisano le caratteristiche tecniche di ciascuna modalità trasmissiva e la sua sigla identificativa; nell'articolo sette si tracciano le disposizioni generali per un'efficace e corretta comunicazione all'utente finale: nella pubblicità generalizzata e mirata al pubblico indistinto, l'offerta commerciale dovrà presentare un bollino colorato (modello semaforo) con lettera sottotitolata: F di fibra su sfondo verde per le connessioni in fibra ottica che raggiungono l'edificio (FTTB) o l'unità immobiliare (FTTH) del cliente; FR di fibra/rame o radio su sfondo giallo se l'infrastruttura è mista: fibra fino alla cabina e ultimo miglio in rame o con trasmettitore radio e infine R di rame o radio su sfondo rosso quando la connessione avviene con un'infrastruttura che non supporta prestazioni a banda ultralarga: solo rame o radio. L'operatore renderà disponibile inoltre sui canali mirati, in fase pre-contrattuale e contrattuale, informazioni approfondite sulla tipologia di collegamento, predisponendo sezioni del sito web attraverso cui il cliente, inserendo il proprio numero telefonico o l'indirizzo, possa conoscere la tecnologia e la tipologia di architettura fisica di rete accessibile dalla sua postazione fissa.

domenica 29 luglio 2018

Il danno da vacanza rovinata


Il mese di agosto è quello in cui la maggior parte degli Italiani andrà in vacanza. Secondo una ricerca svolta dal Centro Studi del Touring Club Italiano (sul campione statistico rappresentato dalla propria comunità di associati), il 38% degli intervistati partirà nel mese più caldo, il 31% nel mese di luglio, mentre il 16% delle partenze si registrerà a settembre, e quelle di giugno si fermeranno al 10%.
Le destinazioni saranno prevalentemente Italiane (per il 61%), quelle estere: Grecia (scelta dal 13% del campione), seguita da Francia (10%) e Spagna (8%). Il 48% degli intervistati trascorrerà le vacanze in Hotel e villaggi turistici, mentre il 23% starà in case affittate e solo il 9% in campeggio.
Il Codice del Turismo (D.L.vo 79/2011), che ha modificato profondamente, abrogandone tutti gli articoli previsti, la sezione del Codice del Consumo dedicata ai Servizi Turistici; rappresenta la principale fonte normativa in materia turistica. Qui per esempio troviamo (articoli 8 e seguenti), una prima classificazione delle strutture ricettive basata sulla tipologia (alberghi, para- ed extra- alberghiere, strutture all'aperto e di mero supporto), e la definizione di cosa sia l'attività ricettiva: quell'attività diretta alla produzione di servizi per l'ospitalità. Segue poi una classificazione delle strutture ricettive basata sugli standard qualitativi offerti e la disposizione di rendere pubblici i prezzi applicati ai vari servizi. La norma Nazionale detta linee guida dirette alle Regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano a cui spetta l'emanazione della legislazione specifica in materia e la vigilanza sul rispetto delle regole emanate.
Un altro capitolo del Codice, è dedicato alla disciplina per le attività di Agenzia e Organizzatori di viaggio, a cui afferisce tutta le regolazione in termini di contratti del turismo organizzato, dove si prevedono obblighi informativi per gli operatori che intendano proporre in vendita i pacchetti turistici confezionati per il consumatore.
L'articolo 47 del Codice del Turismo, originariamente titolato: “ Danno da vacanza rovinata”, ha subito una recente modifica, per opera del Decreto Legislativo 62 del 6 giugno 2018, con cui si attua la direttiva Europea 2015/2302, relativa ai pacchetti turistici e ai servizi collegati. Il nuovo titolo: “Efficacia e portata della protezione in caso d'insolvenza o fallimento”, suggerisce già quale sia l'intenzione del legislatore: proteggere il turista in caso di sopravvenuta incapacità economica del tour operator. L'aggiornamento dell'articolo 47 prescrive l'obbligatorietà assicurativa per la responsabilità civile a favore del turista, in capo all'organizzatore e al venditore di viaggi e pacchetti turistici, per il risarcimento dei danni derivanti dalla violazione degli obblighi contrattuali sottoscritti. Inoltre i contratti di vendita dei pacchetti turistici sono assistiti da polizze assicurative che garantiscono al turista, in caso di insolvenza o fallimento dell'organizzatore, il rimborso del prezzo del pacchetto e il rientro immediato del viaggiatore nella località di partenza. In alternativa a questo rimedio, al turista può anche essere offerta la continuazione della vacanza.

mercoledì 11 luglio 2018

Aumentano le tariffe energetiche nel III trimestre 2018

andamento prezzo energia elettrica

Il comunicato stampa diramato lo scorso 28 giugno (2018) dall'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), ha annunciato l'aumento delle tariffe di elettricità e gas per il prossimo trimestre dell'anno (il terzo: dal I luglio al I settembre 2018, quando sarà previsto il nuovo periodico aggiornamento). Gli aumenti che colpiranno gli utilizzatori di energia elettrica del mercato tutelato (20 milioni circa di utenze elettriche domestiche), prezzo in aumento del 6,5% rispetto al trimestre precedente (20,22 centesimi di euro il costo del KWh), si tradurranno in un aumento stimato annuo della bolletta elettrica per la famiglia tipo (quella che impegna una potenza di 3 KW e registra un consumo annuo di 2.700 KWh), di 24 euro/anno. Mentre per il gas la variazione di prezzo positiva di 8,2% (78,28 centesimi di euro m3) rispetto a quello del metro cubo nel trimestre precedente, determinerà una maggiore spesa annuale per la famiglia tipo (quella che consuma 1.400 m3 annui), di 21 euro/anno.
Il prezzo del KWh attuale (20,22 centesimi di euro) è il secondo valore più elevato raggiunto da cinque anni a questa parte, il valore più alto si è registrato il I trimestre di quest'anno: quando il suo costo era di 20,63 centesimi. Il minor costo: 17,91 c€/KWh era applicato nel II trimestre 2016.
andamento prezzo gas naturale
Anche il prezzo del gas registra una tendenza rialzista, collegata, come afferma l'Autorità, ad un repentino aumento del prezzo del petrolio, che è schizzato a 78 dollari al barile nel mese di maggio 2018 contro i 50 dello stesso mese dell'anno precedente, in salita del 57%. I 78 centesimi di euro attuali, per l'acquisto di un metro cubo di gas naturale, rappresentano il maggior picco dal IV trimestre 2015 quando l'idrocarburo costava 80 centesimi al metro cubo.
Intanto per cominciare a familiarizzare con il mercato libero, che sarà in vigore esclusivamente dal I luglio 2019 (in quella data il segmento tutelato cesserà la sua operatività), l'Acquirente Unico ha realizzato il Portale Offerte Luce e Gas che sostituirà pienamente, dal prossimo mese di settembre l'attuale Trova Offerte gestito dall'Autorità. Strumento utile a orientarsi per la scelta della migliore offerta economica.

mercoledì 4 luglio 2018

Pronti per i saldi estivi?


L'inizio del mese di Luglio, oltre a sancire formalmente l'inizio delle vacanze estive (le scuole sono chiuse ormai da un mese, maturandi ed esaminandi sono vicino alla meta), segna l'avvio di uno dei due periodi dell'anno più proficui per lo shopping, in cui i consumatori possono fare gli acquisti a prezzi scontati.
Come ogni anno, prima di aprire i portafogli e spendersi in acquisti forsennati, è bene richiamare quei due o tre riferimenti normativi che ci permetteranno di giungere in negozio pronti e preparati a beneficiare consapevolmente dei prezzi ribassati.
Nella nostra regione: la Lombardia (si perché la disciplina regolamentare in materia commerciale è demandata agli organi regionali, così come previsto dal Decreto Legislativo 114/1998 di riforma della disciplina nel settore del commercio), la legge regionale di riferimento è la numero 6 del 2 febbraio 2010, il cui articolo 115, rubricato nel capo II relativo alle vendite straordinarie, disciplina le vendite di fine stagione.
Iniziamo dalla definizione di questa particolare tipologia di vendite così come prescritto dall'articolo citato: “le vendite di fine stagione sono effettuate dall'operatore commerciale al fine di esitare, durante una certa stagione o entro un breve periodo di tempo, prodotti non alimentari di carattere stagionale o articoli di moda e, in genere, prodotti che se non sono venduti entro un certo tempo, sono comunque suscettibili di notevole deprezzamento”.
Sono due i periodi dell'anno in cui i venditori possono svolgere le vendite straordinarie, della durata massima di sessanta giorni, periodi determinati dalla Giunta Regionale dopo aver consultato le Camere di Commercio, le associazioni maggiormente rappresentative dei commercianti e dei consumatori.
La delibera di giunta a cui fare riferimento, dunque, è la 2667/IX del 14 dicembre 2011 che prevede l'avvio dei saldi estivi il primo sabato di luglio, quest'anno coincidente con sabato 7 luglio.
Giova ora ricordare alcuni obblighi dei venditori in materia di informazione e tutela dei consumatori (ce li rammenta l'articolo 117 della Legge Regionale 6/2010). Nelle vendite straordinarie deve essere esposto obbligatoriamente il prezzo di vendita originario e la percentuale di sconto applicata, è facoltativo indicare il prezzo ribassato. Le merci oggetto di sconto devono essere fisicamente separate dalle altre ed il venditore, in caso di prodotti difettosi è tenuto a sostituirli o a rimborsare il prezzo pagato.
Siete ora pronti, miei cari consumatori, per affrontare la corsa ai saldi. Buoni acquisti.

mercoledì 27 giugno 2018

Gli oneri accessori nel contratto di locazione


Nel rapporto contrattuale che lega il conduttore ed il locatore (nel caso ci si riferisca alla locazione di immobili urbani adibiti ad uso abitazione), la ripartizione delle spese tra le due parti, è spesso fonte di contenzioso. In particolare la controversia può nascere sull'addebito degli oneri accessori, ossia i corrispettivi di prestazioni accessorie a quella di locazione come il servizio di pulizia, il riscaldamento, il servizio di portineria eccetera.
Il riferimento normativo che prescrive la modalità di ripartizione degli oneri accessori tra locatore e conduttore, è la Legge n.392 del 27 luglio 1978 al cui articolo 9 prevede che siano a carico del conduttore, salvo diversa pattuizione, le spese per il servizio di pulizia dell'immobile, il funzionamento e l'ordinaria manutenzione dell'ascensore, le spese per la fornitura di acqua, energia elettrica e riscaldamento, nonché la fornitura degli altri servizi comuni, infine le spese per il servizio di portineria (quando presente) sono per il 90% a carico dell'inquilino sempre salvo patto contrario.
Questo scarno elenco legislativo, frequentemente ritenuto una fonte insufficiente per dirimere le liti tra inquilino e proprietario, e poi l'evoluzione tecnologica del comparto edilizio che ha introdotto nuovi impianti accessori (come quelli antincendio, televisivo ed altri) le cui spese di manutenzione richiedono un'adeguata ripartizione, è stato meglio implementato e specificato con la stipula di un accordo tra l'associazione dei proprietari immobiliari Confedilizia e i sindacati degli inquilini: Sunia; Sicet e Uniat.
La tabella di ripartizione delle spese per gli oneri accessori tra inquilino e proprietario, frutto dell'accordo, è stata depositata e registrata a Roma il 30 aprile 2014 presso l'ufficio territoriale Roma 2 dell'agenzia delle Entrate e rubricata al n.8455/3. Tale documento aggiorna la tabella pubblicata nel Decreto Ministeriale del 30 dicembre 2002 (come allegato G), in tema di contratti di locazione regolamentati, che recepiva a sua volta un precedente accordo del 1999 siglato tra le associazioni. In essa si prescrive per esempio che all'interno dell'appartamento locato sia onere del locatore provvedere alla manutenzione straordinaria dell'impianto di riscaldamento o nel caso della sostituzione di pavimenti e rivestimenti, mentre rimarrebbero a carico del conduttore la loro manutenzione ordinaria (si rimanda alla sua consultazione per tutti gli approfondimenti del caso).
Lo spirito dell'accordo avrebbe l'intenzione d'introdurre un effetto deflattivo sulle liti connesse ai rapporti di locazione e improntare il vincolo contrattuale al requisito della trasparenza, richiamo e riferimento che può essere liberamente inserito e specificato nel contratto di locazione da stipulare.

mercoledì 20 giugno 2018

Open Meter Plan: la sostituzione dei contatori elettrici


E-distribuzione S.p.a, la società del gruppo Enel, che gestisce 32 milioni di utenze elettriche sul territorio Nazionale, ha iniziato la campagna di sostituzione dei contatori elettrici teleletti di prima generazione (1G), installati 17 anni fa, con quelli di seconda generazione (2G). Questi permetteranno di migliorare le prestazioni di fornitura energetica della rete e di monitorare più precisamente e dettagliatamente i consumi elettrici svolti, con la finalità di aumentare l'efficienza energetica generale del sistema.
La direttiva Europea sul tema del risparmio energetico e del miglioramento dell'efficienza nell'uso che facciamo dell'energia, la 2012/27 UE, recepita nel nostro ordinamento con il Decreto Legislativo 102/2014, ha previsto che l'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), individui le modalità con cui le imprese distributrici, nella loro qualità di esercenti l'attività di misura, dovranno fornire ai consumatori di energia elettrica, gas, teleriscaldamento, teleraffreddamento, ed acqua calda per uso domestico, contatori di fornitura che riflettano con precisione il consumo effettivo, il tempo effettivo di utilizzo dell'energia e le relative fasce temporali.
Con la delibera 222 del 6 aprile 2017 ARERA ha approvato il piano di messa in servizio dei sistemi di smart metering 2G presentato da e-distribuzione, che nell'arco di 8 anni s'impegna a sostituire i misuratori installati con quelli di nuova generazione. Attualmente il tasso di sostituzione varia tra le diverse regioni: Piemonte; Veneto; Emilia Romagna; Lazio; Puglia; Campania; Calabria e Sardegna sono nello stadio più avanzato: il tasso di sostituzione è compreso tra il 10 ed il 20% delle utenze elettriche servite, mentre nel resto della penisola non si supera il 10%.
I vantaggi derivanti dall'installazione del nuovo contatore saranno per tutti gli attori della filiera del sistema elettrico. I consumatori potranno conoscere con maggiore dettaglio i prelievi giornalieri di energia e l'effettiva potenza assorbita da tutti i dispositivi elettrici ed elettronici ogni 15 minuti, ridurre le fatture basate sui consumi energetici stimati, causa spesso di contenziosi in fase di conguaglio, e ottenere l'attivazione, la modifica o la cessazione della fornitura con il proprio venditore in modo più immediato. I fornitori di energia elettrica miglioreranno le loro performance verso i clienti finali a cui potranno garantire un migliore grado di soddisfazione del servizio riducendo i tempi per gli adempimenti burocratici in caso di cambio fornitore e maggiore precisione nell'emissione delle fatture. Inoltre le potenzialità del nuovo contatore consentiranno di calibrare le offerte economiche per la fornitura di energia elettrica sul profilo di consumo proprio di ciascun utente e integrare la domotica casalinga.

mercoledì 6 giugno 2018

Iliad, il nuovo operatore di telefonia mobile


Il 29 maggio 2018 l'operatore francese di telefonia è sbarcato in Italia. La sua offerta, che si propone di rivoluzionare il mercato Italiano, afflitto, secondo l'azienda, da un'atavica assenza di trasparenza nei costi applicati ai consumatori e da un alone di sospetto sul possibile cartello commerciale attuato dagli operatori e su cui starebbe indagando la preposta Autorità; risulterebbe molto conveniente per gli utenti. Al costo di 5,99 euro al mese (più 9,99 € di una tantum per l'acquisto della Sim), per il primo milione di sottoscrittori, iliad offre minuti e sms illimitati, 30 gigaByte di traffico dati su rete 4G+ e altri servizi come la segreteria telefonica e le telefonate verso 60 paesi esteri tra cui gli Stati Uniti.
La rete mobile utilizzata per la fornitura del servizio offerto da Iliad Italia S.p.a, deriva dall'acquisizione di alcuni siti dismessi da Wind-Tre, che a seguito della fusione aziendale del I settembre 2016, ha dovuto liberare spettri di banda radio per ragioni concorrenziali. Fino a quando Iliad non avrà costruito la propria rete mobile si appoggerà a quella esistente di Wind-Tre, perciò la copertura del segnale garantita sul territorio sarà quella ufficializzata dall'azienda, che di certo non brilla per affidabilità.
L'evoluzione del mercato tariffario Italiano dei servizi di telefonia mobile, ha visto nell'ultimo anno, secondo un'analisi pubblicata dal sito SosTariffe, un generale aumento nei gigabyte offerti nelle tariffe “all inclusive”, che sono aumentati da 3 a 5 mentre è diminuito il numero di sms gratuiti, ma il prezzo medio applicato è rimasto fisso sui 12 euro. Siamo molto lontani dalle tariffe che Iliad con il suo marchio Free Mobile offre in Francia, che se paragonate alle medie di quelle Italiane segnano una differenza abissale: il canone di FreeMobile sarebbe del 22% inferiore a quello medio dei provider Italiani e li batterebbe anche sulla quantità di traffico dati offerto in cui li supererebbe di ben 9 volte.
Infine la qualità del segnale mobile possiamo valutarla consultando lo strumento dell'Agcom: MisuraInternetMobile, che consente graficamente di ottenere l'informazione su di una porzione però limitata di territorio Nazionale: le principali città Italiane (i capoluoghi di regione e qualche capoluogo di provincia). Le campagne di misurazione sono in corso di implementazione e rappresenterebbero un utile criterio di valutazione e classificazione degli operatori mobili basata proprio sulla qualità del servizio offerto, su cui il consumatore potrebbe orientare la sua scelta.

mercoledì 30 maggio 2018

Cosa sono i PIR (piani individuali di risparmio)?


I piani di risparmio a lungo termine, definiscono una particolare classe di strumenti finanziari che deve rispondere a specifiche caratteristiche definite dalla legge. La norma che ha introdotto questa singolare categoria d'investimento, già diffusa in Francia e nel Regno Unito, è la Legge di Bilancio (Finanziaria 2017) dell'11 dicembre 2016: la numero 232. L'articolo di riferimento è il primo e i commi da considerare vanno dal 100 al 114.
Nella sostanza, gli strumenti finanziari PIR compliance (conformi), possono essere anche quote di fondi, ovvero per dirla tecnicamente: quote di organismi di investimento collettivi del risparmio (OICR), residenti nel territorio dello Stato o in Stati dell'Unione Europea o ancora che aderiscano all'accordo sullo spazio economico Europeo. Questi organismi dovranno investire almeno il 70% del loro attivo in strumenti finanziari (azioni; obbligazioni ecc...) emessi da imprese residenti nel territorio dello Stato o di appartenenti alla Ue o aderenti allo Spazio Economico Ue. Sono valide anche soluzioni di investimento affidate a società di gestione del risparmio amministrato.
Il beneficio per l'investitore è essenzialmente fiscale; infatti se egli mantiene vincolato il patrimonio impiegato, che non potrà superare i 30.000 euro per anno solare (fino a un massimo di 150.000 per l'intera durata dell'investimento), per 5 anni, andrà esente dall'imposizione sui redditi da capitale (aliquota al 26%).
Originariamente la norma, poi modificata dalla legge di bilancio seguente (la Finanziaria 2018), prevedeva un'ulteriore limitazione alla libertà di scelta degli strumenti finanziari su cui investire; infatti di quel 70% investito in imprese nostrane, almeno il 30% doveva essere impiegato per acquisire azioni emesse da piccole e medie imprese: ovvero quelle quotate in segmenti di mercato finanziario diversi dal Ftse Mib, quali per esempio il Mid e lo Small Cap e l'Aim di Piazza Affari. Con l'intento politico di dare slancio ad un canale di finanziamento alternativo a quello bancario per le piccole e medie imprese e di rilanciare il ciclo economico.
I dati sullo stato di diffusione dei Pir, ci derivano da una ricerca svolta da Assogestioni (l'associazione che rappresenta le società di gestione del risparmio), relativa al primo anno di commercializzazione (2017) di questi strumenti finanziari e pubblicata in occasione dell'edizione di aprile del Salone del Risparmio. Da essa emerge che in un anno i Pir hanno raccolto 11 miliardi di euro, portando a quota 15,8 miliardi totali l'intero patrimonio a fine 2017 (nel conteggio sono compresi strumenti pre-esistenti al varo della norma). La quota investita in Pmi è pari al 43% (6,8 miliardi) mentre rimane ancora bassa la parte (2 miliardi) investita in obbligazioni di piccole imprese, prevale l'acquisto di emissioni di grandi società.
L'attenzione va tenuta alta sulle commissioni di gestione e sulla scarsa diversificazione, che possono rappresentare i due elementi sfavorevoli per l'investitore.

mercoledì 23 maggio 2018

Il prezzo dei carburanti


I mezzi di trasporto pubblici e privati che congestionano il traffico delle nostre città e contribuiscono all'inquinamento dell'aria respirabile con l'immissione in atmosfera del micidiale particolato e di tutti i gas serra che influenzano pericolosamente i cambiamenti climatici, si muovono grazie alla combustione dei prodotti petroliferi. Essi derivano, semplificando, dall'attività di raffinazione del petrolio e comprendono, per citare i più diffusi: la benzina senza piombo; il gasolio per auto; il GpL e il gasolio da riscaldamento. Conseguentemente il loro prezzo è strettamente correlato alle quotazioni internazionali della materia prima da cui derivano.
La struttura del prezzo alla pompa distributrice si compone di tre voci di costo: il prezzo del prodotto raffinato (benzina, gasolio ecc...); l'accisa e l'Iva. La tanto vituperata accisa (dal latino accidere: “cadere sopra”) è un'imposta applicata sulla produzione e vendita di alcuni prodotti di consumo e incide attualmente sul prezzo finale di un litro di benzina per più del 40%. L'ammontare di questa tassa indiretta (che paga il produttore scaricandola sul consumatore finale), è determinato da provvedimenti legislativi ed attuato dal Direttore dell'Agenzia delle dogane. L'ultimo aggiornamento risale al 9 agosto 2012 quando per dare attuazione alla legge di bilancio (finanziaria 2012: la prima targata Monti), il direttore dell'agenzia delle dogane, al fine di reperire un gettito di 65 milioni di euro, stabilito dalla legge, ha aumentato il valore dell'accisa per la benzina a 0,7284 €/litro e per il gasolio a 0,6174 €/litro. Il precedente valore di costo era rispettivamente 0,413 €/litro per la benzina senza piombo e 0.016 €/litro per il gasolio di autotrazione (D.L.vo 504/1995).
Sono previsti infine ulteriori imminenti ritocchi verso l'alto: è la finanziaria per il 2015 (la prima emanata dal governo Renzi) a prevederli: con decorrenza I gennaio 2018. La pubblicazione della determinazione del direttore dell'Agenzia delle Dogane e Monopoli (ancora attesa), fisserà il valore delle accise su benzine e gasoli usati come carburanti, in modo da ottenere maggiori entrate per almeno 350 milioni di euro e così anche per gli anni successivi; prepariamoci quindi ad un ulteriore aumento dei prezzi.
Il Ministero dello Sviluppo Economico, in forza dell'articolo 51 della legge 99 del 2009 e dei relativi provvedimenti attuativi (l'ultimo Decreto Ministeriale è del 17 gennaio 2013), che obbliga i gestori di tutti gli impianti di distribuzione di carburante dell'intera rete stradale nazionale a comunicare settimanalmente i prezzi dei prodotti petroliferi venduti; monitora il mercato dei carburanti e fornisce un utile strumento di osservazione e comparazione dei prezzi consultabile dall'apposita applicazione OsservaPrezzi. Inoltre pubblica, sul sito web istituzionale, ogni lunedì, il prezzo medio nazionale dei prodotti petroliferi rilevati la settimana precedente, suddividendolo per le tre componenti che lo formano: il prezzo industriale (variabile e direttamente collegato alle quotazioni dell'oro nero); l'accisa e l'iva. Da questi dati statistici si può rilevare, da una prima e superficiale lettura, un costante e progressivo aumento del prezzo dei carburanti almeno dalla fine di febbraio 2016 quando per un litro di benzina si pagava 1,361 euro/litro contro l'1,623 euro/litro di lunedì 21 maggio 2018 (ancora lontano per fortuna da 1,878 euro/litro registrato il 17 settembre 2012), in cui l'accisa pesa per 0,728 euro/litro.

mercoledì 25 aprile 2018

La prescrizione biennale dei consumi idrici ed energetici


La legge di bilancio dello stato (2018) la numero 205 del 27 dicembre 2017 al comma 4 del suo articolo 1, prevede che nei contratti di fornitura del servizio idrico, di energia elettrica e gas, il diritto a riscuoterne il corrispettivo si prescriva in due anni e non più in cinque come dettato dall'articolo 2948 del Codice Civile. Questo nuovo termine di prescrizione, in vigore dal I marzo 2018 per il settore elettrico, si applica ai contratti stipulati tra i consumatori, le microimprese e i professionisti con i venditori energetici, e da questi ultimi con i loro distributori. Al successivo comma 10, dell'articolo 1 della legge finanziaria, si specifica che la prescrizione biennale si applica, come detto, alle fatture elettriche la cui scadenza è successiva al primo marzo 2018, mentre per quelle del settore gas dal I gennaio 2019 e per quelle del sistema idrico dal I gennaio 2020.
L'implementazione di questa disposizione normativa, è stata affidata all'Autorità di regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), che con la sua delibera del 22 febbraio 2018: la 97/2018/R/com, ha dato attuazione al dettato legislativo. In dettaglio ha precisato che la prescrizione biennale decorre dal termine entro cui l'esercente il servizio (il venditore) ha l'obbligo di emettere il documento di fatturazione, ovvero entro il termine di 45 giorni dall'ultima data di consumo esposta in bolletta. Inoltre il venditore dovrà informare il cliente sulla possibilità di eccepire la prescrizione del credito relativo a importi che il venditore avrebbe dovuto fatturare più di due anni prima (nei casi di rilevanti ritardi); e del diritto a non versare importi fatturati relativi a rettifiche di misure di periodi superiori a due anni.
Lo scopo di questo provvedimento legislativo è quello di proteggere alcune categorie di soggetti: consumatori domestici e imprese di minima dimensione, dal rischio di vedersi fatturate le cosiddette maxi bollette ossia vedersi richiedere importi molto superiori al consueto derivanti: dal blocco della fatturazione; da rettifiche di misurazione e conguagli comunicati in ritardo o dalla totale assenza di letture del misuratore. Il nuovo termine di prescrizione biennale dovrebbe migliorare l'efficienza dell'intera filiera e garantire i consumatori da richieste esorbitanti di pagamenti a sorpresa.

mercoledì 18 aprile 2018

La nuova direttiva UE per i servizi di pagamento (PSD2)


Negli ultimi mesi, i prestatori dei servizi di pagamento (Banche; Banco Posta e Istituti di emissione di moneta elettronica), stanno aggiornando e modificando le condizioni contrattuali disciplinanti l'erogazione e fruizione di tali servizi, sottoscritte originariamente dai loro clienti. La proposta di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, che deve essere sottoposta all'approvazione del consumatore e da cui egli può svincolarsi risolvendo il contratto entro 60 giorni dalla ricezione, è all'origine dell'invio delle numerosissime missive da parte degli Istituti Bancari indirizzate ai propri clienti. L'introduzione delle necessarie modifiche contrattuali derivano dal recepimento, nel nostro ordinamento giuridico, della Direttiva UE 2015/2366 relativa ai servizi di pagamento (Payment Services Directive - PSD2), che abroga la precedente del 2007 (da qui il 2 nell'acronimo: è infatti la seconda direttiva in materia).
Il Decreto Legislativo 218 del 15 dicembre 2017, recependo la direttiva in parola, introduce alcune variazioni migliorative per il consumatore dei servizi di pagamento, e modifica il D.L.vo 11/2010 che è lo strumento legislativo di attuazione della prima direttiva in merito.
Innanzitutto si riduce la franchigia prevista a carico dei clienti (da 150 euro a 50) in caso di pagamenti non autorizzati effettuati con strumenti di pagamento smarriti o rubati o utilizzati indebitamente; se il pagamento è fatto con carta il cliente non sopporta alcuna perdita: non si applica la franchigia stabilita dai circuiti di pagamento internazionali. Rimane invece tutto a carico del cliente se le perdite derivanti da operazioni non autorizzate rivelino un comportamento fraudolento con dolo o colpa grave attuato dal consumatore dei servizi.
Si riducono i tempi di risposta ai reclami dei clienti aventi ad oggetto i servizi di pagamento: da 30 giorni solari a 15 giorni lavorativi bancari.
Infine il Regolamento Europeo 751/2015 sul limite alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta, viene implementato nel D.L.vo 11/2010 con un titolo dedicato: il IV bis.
La nuova disciplina normativa è in vigore dal 13 gennaio 2018 ed entro il 12 marzo tutti gli istituti di pagamento devono adeguare i propri schemi contrattuali alle novità introdotte.

mercoledì 11 aprile 2018

Qual è il momento migliore per acquistare il biglietto aereo?


La pianificazione di un viaggio, per motivi di svago o di lavoro, costringe sempre il viaggiatore ad una prima fondamentale scelta strategica, guidata dall'indole stessa dell'attore o da altri fattori contingenti del momento, ovvero: acquistare il pacchetto viaggio completo? o assemblarlo personalmente? Adottare una filosofia off-line (schema classico: agenzia viaggi; acquisto pacchetto turistico e godimento della vacanza), ci risparmia dall'attività di ricerca e confronto che svolge invece il turista on-line, a cui potrebbero interessare alcuni consigli utili per risparmiare sul costo del viaggio nella fase di acquisto del biglietto aereo.
Il rapporto annuale sul trasporto aereo, giunto alla sua quarta edizione, elaborato e pubblicato a dicembre 2017 da ARC (Airline Reporting Corporation: società Americana di servizi per le compagnie Aeree e le Agenzie di viaggio) e Expedia Group (agenzia di viaggi on-line proprietaria del marchio Trivago), si basa sull'analisi di un'ingente mole di dati, relativa ai prezzi dei voli venduti dalle compagnie aeree mondiali per le diverse classi di destinazione: domestiche ed internazionali, raccolti tra il I settembre 2016 e il 31 agosto 2017.
Acquistare il biglietto aereo almeno 30 giorni prima della data di partenza, generalmente, garantisce un certo risparmio sul costo del volo e viaggiare in classe business (per i turisti) risulta più conveniente se l'acquisto e il viaggio sono svolti nel fine settimana: quando i viaggiatori d'affari scarseggiano.
Il rapporto fornisce alcune tabelle di sintesi in cui è possibile, in base al paese di origine, valutare in quale giorno della settimana risulti più conveniente prenotare il volo e quello in cui iniziare il viaggio. Esaminando il caso Italiano emerge che il giorno migliore per la prenotazione di un volo internazionale è la domenica (il peggiore il venerdì), mentre per iniziare il viaggio è consigliato scegliere il venerdì (risulterebbe invece svantaggioso partire il sabato). Nei voli domestici il maggior risparmio si otterrebbe prenotando la domenica e partendo il sabato, sconsigliati il venerdì e il mercoledì per la prenotazione e la partenza rispettivamente.
Infine il mese migliore per l'acquisto di un volo internazionale sarebbe marzo, i peggiori: dicembre e agosto. Per volare su destinazioni domestiche, il miglior prezzo si spunterebbe in dicembre e il peggiore in luglio.
In conclusione: si ottengono i maggiori risparmi sul prezzo d'acquisto del biglietto aereo se la prenotazione avviene almeno un mese (30 giorni) prima della partenza e di domenica, scegliendo il volo del venerdì (per destinazioni internazionali).

venerdì 30 marzo 2018

Assegni non trasferibili e procedura sanzionatoria


L'assegno è un titolo di credito cartaceo in cui il Traente (colui che emette l'assegno) impone al Trattario (la banca o altro istituto obbligato al pagamento con cui intrattiene rapporti commerciali), il pagamento di una somma verso terzi: il beneficiario. La disciplina normativa che regola gli aspetti di emissione e forma dell'assegno bancario, è il Regio Decreto 1736 del 21 dicembre 1933, in cui si prescrivono gli elementi essenziali che dovranno formare il titolo: data; luogo di emissione; firma del traente ecc... Gli assegni bancari (a cui sono equiparati, per tutti gli effetti di legge, gli assegni postali) si dividono in bancari veri e propri (in cui è il correntista che ordina alla propria banca di pagare una certa somma a terzi) e quelli circolari dove invece è la banca che mette a disposizione del beneficiario una certa cifra incassabile al momento di emissione del titolo.
Il Decreto Legislativo 231 del 21 novembre 2007, ha recepito e attuato nel nostro ordinamento Nazionale, le direttive 2005/60 CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento al terrorismo e la direttiva 2006/70 CE che reca le misure di esecuzione. L'articolo 49 in particolare, introduce limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore: esso prevede (al comma 1) che sia vietato il trasferimento di denaro contante, tra soggetti diversi, per un importo pari o superiore a 3.000 euro. Tale limite, per onor di cronaca, ha subito alcune variazioni nel corso del tempo, coincidenti con l'avvicendamento dei governi Nazionali: inizialmente (al varo del Decreto: novembre 2007), la limitazione all'uso del contante era di 5.000 euro (governo Prodi II); con l'avvento del Berlusconi III (giugno 2008), la soglia è stata incrementata a 12.500 euro per poi essere riportata al valore originale verso la fine del 2011; il Decreto Salva Italia del governo Monti l'ha ridotto ulteriormente a 1.000 euro e infine la finanziaria del 2015 (governo Renzi) lo ha innalzato agli attuali 3.000 euro.
Tornando all'esame del provvedimento normativo: art.49 D.L.vo 231/2007, ai commi 4 e seguenti, abbiamo le prescrizioni per l'emissione degli assegni bancari e postali. Innanzitutto i moduli (i blocchetti, i carnet per dirlo alla francese) distribuiti da banche e Poste ai propri clienti, dovranno riportare obbligatoriamente la clausola di non trasferibilità del titolo di credito, inoltre per quelli di importo pari o superiore a 1.000 euro si dovrà indicare esplicitamente il nome del beneficiario (persona fisica o giuridica che sia). Moduli in forma libera (senza clausola) possono essere richiesti alla propria banca, previo pagamento dell'imposta di bollo di 1,50 euro a blocchetto, e che vengano utilizzati solo per lo scambio di somme inferiori a 1.000 euro.
L'ultima premessa necessaria prima di giungere alla conclusione finale, è quella riferita all'aspetto sanzionatorio in caso di trasgressione alle prescrizioni sopra illustrate. L'inosservanza di esse: ovvero il superamento della soglia limite per la circolazione del contante (3.000 euro); l'omessa indicazione della clausola di non trasferibilità per assegni di importo superiore a 1.000 euro o l'assenza del beneficiario, determina l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria variabile tra i 3.000 e 50.000 euro a carico del traente e di colui che incassa il titolo di credito. Anche l'impianto sanzionatorio, per dovere di cronaca, ha subito varie modifiche: originariamente la sanzione era commisurata all'importo della somma scambiata e variava in percentuale tra l'1 e il 40% mentre dal 4 luglio 2017 si applicano i valori fissi suddetti.
Il soggetto che irroga la sanzione è il Ministero dell'economia e delle Finanze e secondo quanto pubblicato in una sua nota stampa, il numero di violazioni accertate (per assegni non conformi agli obblighi normativi) sono, per il periodo 4 luglio 2017 – 4 marzo 2018, 1.692 di cui 107 con oblazioni già pagate. Il procedimento sanzionatorio amministrativo, alla conclusione del quale si determinerà l'importo pecuniario della sanzione, è preceduto dalla cosiddetta estinzione oblativa: ovvero l'estinzione del procedimento avverrà a fronte del pagamento di un'oblazione pecuniaria di ammontare pari a 6.000 euro (l'importo più favorevole tra il doppio del minimo e un terzo del massimo edittali – in questo caso 3.000 e 50.000 euro rispettivamente) entro 60 giorni dalla contestazione.
Nella medesima nota, è sempre il Ministero che informa gli interessati (i sanzionati) che il pagamento dell'oblazione è solo una delle soluzioni possibili, l'altra sarebbe quella di attendere gli esiti del procedimento sanzionatorio all'interno del quale il trasgressore potrà fornire le proprie osservazioni e giustificazioni difensive e laddove ne ricorrano gli estremi (da valutare per ogni caso specifico) ottenere nel migliore dei casi un provvedimento di scioglimento.

mercoledì 7 marzo 2018

Oneri generali del sistema elettrico: riscossione e versamento

Recentemente (nello scorso mese di febbraio), le cronache e gli approfondimenti giornalistici: il dibattito pubblico generale, prima che venisse monopolizzato dalla campagna elettorale delle ultime elezioni politiche (4 marzo 2018), era focalizzato sul falso tema dell'addebito a tutti i clienti finali di energia elettrica (tra cui i consumatori), dei costi delle bollette elettriche degli altri utenti inadempienti e morosi. La confusione generata da una trattazione forse troppo superficiale del problema emerso, merita a questo punto un maggiore approfondimento che tenterò di svolgere in questo articolo.
Iniziamo con la definizione degli oneri di sistema, che rappresentano il 20% circa della tariffa elettrica: ovvero considerando il costo del Kilowattora stabilito dall'Autorità (che dal I gennaio 2018 per effetto della legge di bilancio ha incrementato le sue funzioni di regolazione e vigilanza e ora è denominata ARERA: Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente), per il primo trimestre 2018, pari a circa 21 centesimi di euro, 4,2 centesimi (il 20% di 21) per ogni kWh consumato, vengono utilizzati per finanziare gli oneri di sistema, costituiti da: incentivi alle fonti rinnovabili e di cogenerazione; agevolazioni alle imprese energivore; promozione dell'efficienza energetica; spese per la messa in sicurezza delle scorie nucleari; bonus elettrico e tariffe speciali applicate alla società di gestione della Rete ferroviaria italiana.
La bolletta elettrica, nel suo formato 2.0, suddivide la tariffa applicata nelle voci che la compongono: spesa per la materia energia; spesa per trasporto e gestione del contatore; spesa per oneri di sistema e imposte. Gli attori della filiera elettrica: utente; venditore e distributore sono legati reciprocamente da accordi commerciali (contratti), che regolano diritti e doveri tra le parti. In particolare l'utente è legato al venditore energetico da un contratto di fornitura, mentre il venditore si legherà al distributore con un contratto di trasporto, e a quest'ultimo devolverà gli oneri di sistema riscossi in fattura dal cliente finale (un po' come avviene per la riscossione del canone Rai). Il distributore verserà tali proventi alla Cassa per i servizi energetici ambientali (CSEA) che li suddividerà tra le diverse voci, oppure direttamente al Gestore dei Servizi Energetici (GSE) per la sola componente che finanzia gli incentivi alle fonti rinnovabili e di cogenerazione a cui è destinato il 70% degli oneri riscossi. Il tutto regolato dal Codice di rete emanato dall'Autorità.
In questo quadro regolatorio, l'impianto generale è costruito sull'obbligo, di tutti i soggetti della filiera elettrica, di pagare alla propria controparte gli oneri generali, indipendentemente dal loro effettivo incasso, così da mantenere in capo a ciascun attore coinvolto (venditore e distributore) il rischio di morosità della propria controparte. Il Codice di rete ha uniformato i rapporti contrattuali tra venditori e distributori di energia elettrica, introducendo un sistema di garanzie per la fatturazione dei servizi di trasporto inclusi gli oneri di sistema.
Recentemente tale sistema di garanzie (così come denunciato dall'Autorità in una sua nota) è stato scardinato dalle decisioni del giudice amministrativo (Tar Lombardia e Consiglio di Stato), a cui sono ricorsi tre venditori energetici: Gala S.p.a; Green Network S.p.a; Esperia S.p.a e una loro associazione: Aiget; per contestare proprio quella porzione del Codice di rete che disciplina la riscossione degli oneri generali. Le sentenze hanno individuato nel cliente finale l'unico soggetto obbligato a pagare tali oneri e hanno stabilito che l'Autorità non ha titolo per imporre un tale sistema di obblighi in capo ai venditori, che dovrebbe invece derivare da una disposizione legislativa. I venditori di energia elettrica potranno così ora versare ai distributori solo gli oneri effettivamente incassati.
Per evitare un aumento in bolletta della spesa per oneri di sistema, conseguente ad una diminuzione del gettito incassato, l'Autorità è intervenuta con due deliberazioni che istituiscono due meccanismi di rimborso: distributori – venditori e venditori – utenti finali per gli oneri non riscossi, alimentati dal “Conto per la compensazione dei crediti altrimenti non recuperabili connessi agli oneri generali di sistema”, gestito da CSEA e finanziato con i contributi di tutti gli utenti elettrici, che inciderà, secondo i primi calcoli, per 2 euro l'anno sulla spesa elettrica dei consumatori.

mercoledì 31 gennaio 2018

Bollette a 28 giorni: com'è finita

Gli operatori telefonici, tutti indistintamente, si sono progressivamente uniformati ad una cadenza di fatturazione dei servizi a 28 giorni. Hanno prima adeguato la periodicità sui servizi mobili e poi l'hanno estesa anche a quelli fissi. La prima variazione è stata registrata da Wind nel mese di marzo 2015 e successivamente Vodafone e Tim hanno seguito la stessa via. L'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni (l'Agcom), aveva posto un freno alla tendenza dilagante, ed in un suo provvedimento della scorsa estate, poi impugnato dalle compagnie presso il Tar, aveva imposto che la fatturazione a quattro settimane sarebbe stata permessa solo nei servizi di telefonia mobile, mentre per quelli fissi la periodicità di esposizione dei costi al consumatore, sarebbe dovuta essere almeno mensile. Il periodo di stasi, seguito all'impugnazione del provvedimento autoritativo presso il Tribunale Amministrativo, aveva di fatto, lasciato immutate le condizioni economiche applicate dalle compagnie, comportamento sanzionato dall'Agcom il 20 dicembre 2017.
L'inizio dello scorso autunno, in concomitanza con la discussione in Parlamento del cosiddetto Decreto Fiscale, ha segnato il ritorno nel dibattito pubblico, del tanto odiato aumento surrettizio delle bollette telefoniche. Il provvedimento legislativo che ha definitivamente regolato la periodicità di emissione delle fatture è il Decreto Leggen.148/2017 del sedici ottobre 2017, poi convertito nella legge n.172 del 4 dicembre successivo.
L'articolo di riferimento: il 19 quinquiesdecies introduce alcune misure urgenti a tutela degli utenti dei servizi di comunicazioni elettroniche (telefonia e reti televisive) in materia di cadenza di rinnovo delle offerte e fatturazione dei servizi, e fissa subito, nel primo comma, una periodicità mensile o multipla di essa. Nel secondo comma, s'impone un adeguamento alla nuova disposizione, per tutti gli operatori del settore, entro 120 giorni dall'entrata in vigore del provvedimento (entro il prossimo 5 aprile 2018). Sono previsti infine, indennizzi per gli utenti nel caso in cui l'operatore telefonico dovesse disattendere lo standard di periodicità mensile fissato nelle condizioni contrattuali e nella carta dei servizi collegata.
Wind-Tre, Tim, Vodafone e Fastweb, hanno già annunciato ai propri clienti gli obblighi imposti dalla legge 172 del 4 dicembre, e ritorneranno perciò ad una periodicità di fatturazione e di rinnovo delle promozioni mensile, mantenendo però inalterato l'aumento tariffario introdotto dalla fatturazione a 28 giorni. Spalmeranno; infatti l'incremento dell'8,6% così raggiunto, sul costo dei servizi esposto nelle canoniche 12 bollette mensili.
L'unica cosa ad essere rimasta inalterata, per un verso o per l'altro, è proprio questo aumento tariffario: prima mascherato con l'emissione della tredicesima bolletta (la fatturazione quadri settimanale) e ora stabilizzato con il ritorno alla cadenza mensile.

mercoledì 24 gennaio 2018

“Leggi l'etichetta: c'è l'origine del latte”

Leggi l'etichetta: c'è l'origine del latte, è la campagna informativa avviata dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (guidato dal Ministro Maurizio Martina), per pubblicizzare l'emanazione di un DecretoMinisteriale congiunto al Ministero dello Sviluppo Economico (Ministro Carlo Calenda), che imponga ai produttori e commercianti di latte e suoi prodotti derivati, l'indicazione in etichetta dell'origine del latte: ovvero il paese in cui è avvenuta la mungitura e quello in cui si è trasformato l'alimento caseario venduto.
L'imposizione, che rappresenta un utile strumento informativo per i consumatori, che possono scegliere così: con maggiore consapevolezza il prodotto acquistato; trae origine dal Regolamento Europeo n.1169/2011 UE relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori. Il Decreto Interministeriale che ne è derivato del 9 dicembre 2016, individua l'ambito di applicazione: sono soggetti all'indicazione del paese di mungitura tutti i tipi di latte (vaccino, bufalino, ovino-caprino, d'asina e di altra origine animale); sia fresco che a lunga conservazione e i prodotti derivati quali burro, yogurt e altre tipiche creme di latte fermentate nonché formaggi, latticini e cagliate.
L'indicazione in etichetta, che dovrà seguire le linee guida emanate dallo stesso ministero, del paese di mungitura del latte, seguirà la dicitura: “paese di mungitura” e quello in cui è avvenuta la trasformazione o il condizionamento sarà indicato nella sezione: “Paese di condizionamento o di trasformazione”. Nel caso in cui i due paesi (leggi: stati Europei) coincidano: ovvero mungitura e trasformazione sono avvenuti in un unico paese, sarà sufficiente indicare: “origine del latte”. Infine le generiche diciture: “latte di Paesi UE” e “non UE” indicheranno se le operazioni di mungitura siano avvenute in più paesi Europei o esterni al mercato unico rispettivamente, e così per la trasformazione: “latte condizionato o trasformato in Paesi UE” o “non UE”.
Da febbraio (promettono al ministero) sapremo il paese di origine del grano con cui viene prodotta la pasta e dove è coltivato il riso commercializzato e a giugno toccherà ai derivati del pomodoro.

mercoledì 17 gennaio 2018

Aumentano le tariffe energetiche nel I trimestre 2018

Puntuale, come ogni fine trimestre che cadenza lo scorrere del tempo, in concomitanza con la fine dell'anno e l'inizio del nuovo: 2018, è arrivato l'aggiornamento delle tariffe energetiche, deciso, come prescritto dalle norme, dall'Autorità per l'Energia Elettrica, il Gas ed il Sistema Idrico (AEEGSI). I prezzi dell'energia elettrica ed il gas, per gli utenti del regime di maggior tutela, nel primo trimestre 2018 (I gennaio – 31 marzo) aumenteranno rispettivamente del 5% e del 5,3% rispetto a quelli in vigore nel trimestre precedente: il IV del 2017.
In dettaglio il KWh costerà 20,626 centesimi di euro tasse incluse. Prezzo che si tradurrà in un aumento della spesa annuale media (calcolata per una famiglia tipo che consuma 2.700 Kwh/anno e impegna 3 KW di potenza, nell'anno scorrevole I aprile 2017 – 31 marzo 2018) di 37 €/anno rispetto allo stesso periodo passato, generando un costo complessivo di 535 €/anno. Nello stesso intervallo temporale invece, la spesa per la bolletta del gas della famiglia tipo (che consuma 1.400 m3) sarà di 1.044 € con un aumento di 22 € rispetto ai 12 mesi precedenti per un costo al metro cubo di 76,69 centesimi di euro.
Il repentino e sostenuto aumento del costo dell'elettricità è stato giustificato, dall'Autorità di settore, anche con la scarsità idrica dell'anno appena trascorso, che è stato il più arido degli ultimi 200 anni. Questa generale povertà idraulica ha determinato una diminuzione delle attività degli impianti idroelettrici a tutto vantaggio delle centrali termiche, la cui combustione di gas rende più oneroso il costo di produzione del KWh. L'aumento del gas è stato collegato all'aumento della domanda di idrocarburo tipica dei mesi invernali.

mercoledì 3 gennaio 2018

Saldi invernali 2018

La fine delle festività Natalizie, segna l'inizio delle vendite straordinarie, e come di consueto, il primo post dell'anno, ha l'intenzione d'informare i consumatori sulle regole che disciplinano i saldi e preparali così ad acquisti informati e consapevoli. Le vendite di fine stagione, così come previsto dalla normativa Regionale lombarda in materia di commercio e fiere: la legge Regionale 6 del 2 febbraio 2010 (Testo unico delle leggi regionali in materia di commercio e fiere), al suo articolo 115, le definisce come quelle vendite a carattere straordinario effettuate dall'operatore commerciale al fine di esitare, durante una certa stagione o entro un breve periodo, prodotti non alimentari di carattere stagionale (generalmente articoli di moda), che se non venduti entro un certo tempo siano suscettibili di notevole deprezzamento. Le vendite di fine stagione, si svolgono in due periodi dell'anno della durata di 60 giorni ciascuno, decisi dalla Giunta Regionale sentite le Camere di Commercio e le associazioni di commercianti e consumatori. La delibera di giunta Regionale del 14 dicembre 2011 (D.G.R. n.IX/2667), ha prescritto che l'inizio dei saldi invernali, per ogni anno, avvenga il primo giorno feriale antecedente l'Epifania, quest'anno coincidente con venerdì 5 gennaio 2018 per terminare il successivo 6 marzo.
La normativa Regionale prescrive inoltre tutta una serie di obblighi informativi a tutela dei consumatori; infatti i commercianti (art.117) dovranno esporre il prezzo normale di vendita iniziale e la percentuale di sconto applicata, sarà loro facoltà indicare eventualmente il prezzo finale ribassato. Le merci oggetto di vendita straordinaria dovranno essere fisicamente separate da quelle vendute a condizioni ordinarie cosicché il consumatore non sia tratto in inganno ed infine il venditore dovrà comunque rispettare la normativa sulla garanzia post-vendita e quindi sostituire prodotti difettosi o rimborsare il prezzo pagato.
Buon 2018 e affari proficui .