mercoledì 27 maggio 2015

E-commerce, quali diritti per i consumatori digitali

Il commercio elettronico, ovvero l'acquisto di beni e/o servizi via internet, nel nostro Paese vale circa 15 miliardi di euro, divisi esattamente a metà, come affermano i dati stimati dall'Osservatorio B2C Netcomm del Politecnico di Milano, tra l'acquisto di beni e servizi: quest'anno per la prima volta sarà raggiunta la parità tra i due segmenti di mercato. Dal 2007 l'incremento complessivo del comparto commerciale digitale, è stato di tre volte superiore a quello iniziale per quell'anno, si è passati dai 5,032 mld di Euro del 2007 ai 15,038 mld stimati per quest'anno. L'intero periodo ha inoltre registrato un progressivo assottigliamento della percentuale di acquisto dei servizi (prevalente per i 2/3 del totale), iniziato nel 2012, percentuale diminuita fino a raggiungere come detto la prevista parità  per quest'anno. Il vero exploit si è registrato nel settore dell'abbigliamento, il cui contributo all'intero volume di acquisti digitali equivale a 2,2 mld €: il 15% del totale, tiene l'elettronica di consumo ed i grandi elettrodomestici, mentre sul fronte servizi è in flessione il turismo (pacchetti viaggi, biglietti e prenotazioni on-line) ma resistono invece le assicurazioni. Infine la maggior parte delle transazioni avviene sui cosiddetti marketplace alla Amazon, e-Bay, Booking ecc... che rappresentano il 56% del totale dei luoghi d'acquisto virtuali visitati dai consumatori Italiani. Nuove realtà e-com (imprese produttrici e rivenditori specializzati) sono in crescita.
Fino qui la fotografia di questa specifica porzione di mercato in forte espansione, che rappresenta sicuramente un'importante opportunità per il consumatore: sia dal lato della maggiore e/o migliore offerta (si aprono vetrine virtuali su ampie aree geografiche mondiali) che sul fronte economico: si pensi al prezzo ed alla concorrenza implicita nello strumento digitale comparativo; a cui si accompagnano però anche i tipici rischi insiti in ogni trattativa commerciale fisica: la difettosità del prodotto; la difformità da quanto pubblicizzato ecc... Per proteggere i consumatori e riequilibrare parzialmente il potere negoziale tra le due parti contraenti, “mamma” Europa ha pensato bene di armonizzare in tutti e 28 Paesi dell'Unione i diritti consumeristici, in particolare agendo sulla legislazione disciplinante la materia dei contratti a distanza, per esempio innalzando a 14 giorni lavorativi il termine utile per esercitare il diritto di recesso nell'acquisto di un bene o servizio elevabile ad un anno in caso di reticenza informativa del venditore. Per problemi sorti negli acquisti transfrontalieri è possibile contattare il Centro Europeo dei Consumatori. É in distribuzione presso la nostra sede l'utile guida: I diritti dei consumatori on-line pubblicata nell'ambito del progetto Consumatori 2.0 e per tutto il resto siamo a vostra completa disposizione.

mercoledì 20 maggio 2015

L'inflazione e la fiducia dei consumatori

Il quadro economico nazionale dipinto dai dati diffusi periodicamente dall'Istat, disegna un Paese in affanno, fermo, scoraggiato: in declino. L'inflazione langue intorno allo 0,2%. Nel mese di aprile 2015, come rilevato dall'Istituto di statistica con il valore pubblicato lo scorso 13 maggio, l'indice dei prezzi al consumo registra un aumento di quest'entità, mentre la sua proiezione annuale si attesta su una diminuzione dello 0,1% come nei due mesi precedenti: è il quarto mese consecutivo che l'indice generale registra una flessione su base annua. Le cose come detto, non vanno affatto bene, si consideri che tra gli obiettivi della Banca Centrale Europea c'è quello di stabilizzare il parametro inflattivo al 2%, questo valore dell'indice dei prezzi è considerato indicativo di una buona situazione economica e quello registrato nel nostro Paese è di dieci volte inferiore. Secondo l'Istat questa persistente diminuzione sarebbe dovuta al calo dei prezzi di beni energetici, di trasporti e delle comunicazioni. L'elaborazione degli indici dei prezzi al consumo: il Nic (relativo all'intera collettività) il Foi (per i consumi registrati dalle famiglie di operai ed impiegati) e l'Ipca (armonizzato per i Paesi Europei), avviene su rilevazioni territoriali di prezzo dei beni e dei servizi riuniti in uno specifico paniere. Sono 80 i comuni che concorrono alla rilevazione territoriale dell'indice: 19 capoluoghi di regione e 61 capoluoghi di provincia.
La fiducia dei consumatori assume come base di partenza il valore 100 del 2010 e l'ultimo dato disponibile di aprile 2015 diminuisce a 108,2 dal mese precedente in cui era 110,7. Il generale clima di fiducia dei consumatori espresso anche dai sotto indici che lo compongono: quello economico, personale, corrente e futuro registrano una generale diminuzione: i consumatori Italiani sono sfiduciati: ritengono che l'attuale stato di salute economico sia precario. L'indice viene determinato sottoponendo a 2000 abbonati sorteggiati dall'elenco telefonico e selezionati uniformemente su base territoriale, una serie di domande attraverso le quali possano esprimere il loro giudizio sulla situazione economica della famiglia, le opportunità di risparmio attuali e future, la propensione all'acquisto di beni durevoli e giudizi sul bilancio familiare. Si respira il clima di una crisi che dura ormai dal 2007 e da cui il nostro Paese stenta ad uscirne. Per maggiori approfondimenti sul tema vi rimando al sito Istat dove gli appassionati di statistica potranno soddisfare tutte le loro curiosità.

mercoledì 13 maggio 2015

Privacy e telefonate indesiderate

Le moderne strategie di Marketing, attuate dalle aziende, si basano oggi sulla raccolta e l'analisi dei dati: dei cosiddetti Big Data, ovvero di quella mole d'informazioni che parte dai nostri dati anagrafici e raggiunge elementi di profilazione e catalogazione basati sui nostri gusti alimentari, musicali, cinematografici ecc... Di per sé la raccolta e la collezione di queste informazioni non è dannosa, ma è l'uso che l'azienda ne farà che potrà risultare fastidiosa per il cliente e ripercuotersi negativamente sulla sua attività promozionale. Noi tutti almeno una volta abbiamo sperimentato sulla nostra pelle l'invadenza e l'inopportunità di certe telefonate commerciali che dalla proposta di adesione ad un nuovo contratto di fornitura energetica, arrivano alla vendita di vini e surgelati. Spesso questi astuti call-center raccolgono i numeri telefonici dei malcapitati dagli elenchi pubblici e a meno che l'utente pubblicato non si sia iscritto nel Registro Pubblico delle Opposizioni, subirà le fastidiose vessazioni dalle più disparate offerte commerciali. Qualche altra volta è il consumatore che più o meno consapevolmente conferisce all'impresa volontariamente il suo numero di telefono, magari quello mobile, ed in questo caso per ottenere la cancellazione è necessario richiederlo formalmente al titolare del trattamento: la figura giuridica prevista dalla legge deputata proprio a questo compito, chiedendo esplicitamente all'operatore commerciale, attivo dall'altra parte del filo, chi detenga il nostro dato. Segnalazioni e reclami possono essere inoltrati direttamente al Garante per la protezione dei dati personali sul cui sito è possibile consultare l'utile guida da cui ho preso spunto per questo post.

mercoledì 6 maggio 2015

La mediazione e le conciliazioni paritetiche

Il Decreto Legislativo 28 del 4 marzo 2010 dà attuazione all'articolo 60 della Legge numero 69 del 18 giugno 2009, in cui il Parlamento (di allora) delegava il Governo all'emanazione di uno o più decreti attuativi in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali. Lo strumento giuridico prodotto si muove all'interno del quadro tracciato dalla direttiva Europea 52/2008, elaborata dalla Commissione ed adottata dal Parlamento e dal Consiglio dell'Unione Europea con l'intento di risolvere le controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale. La mediazione, nelle intenzioni dell'Unione, dovrebbe rappresentare un'efficace e rapida risoluzione delle controversie, alternativa all'ordinario canale giurisdizionale, a cui si potrebbe sempre ricorrere in caso di fallimento della procedura. Due o più parti coinvolte in una controversia deciderebbero volontariamente (vedremo tra breve che in realtà per alcuni ambiti il ricorso alla mediazione è obbligatorio), di risolvere il contenzioso con l'aiuto di un mediatore: la persona che svolge la mediazione in modo efficace, imparziale e competente. Secondo definizione la mediazione è l'attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa. Il percorso che conduce al raggiungimento dell'accordo tra le parti, si snoda privilegiando tutti i loro interessi e tralascia in secondo piano le formalità più strettamente giuridiche: qui l'evidente diversità con il giudizio processuale condotto in punta di diritto. Fin qui gli aspetti teorici che hanno guidato i Legislatori nella formulazione delle norme, ora entriamo più nel dettaglio degli elementi pratici ed attuativi. La condizione di partenza è naturalmente l'esistenza di un conflitto tra le parti (per quanto ci attiene il caso tipico è rappresentato dal consumatore insoddisfatto o leso nei suoi diritti da un'impresa e/o società commerciale). La strada maestra che ciascuno di noi potrebbe legittimamente e costituzionalmente imboccare per vedere rispettati i propri diritti, sarebbe proprio quella della Giustizia. L'opinione diffusa però, suffragata per altro dalle statistiche che certo incidono negativamente anche sul rischio d'impresa e d'investimento, penalizzando così il nostro Paese rispetto ad altre aree economiche, è l'eccessiva durata dei processi civili (la media è decennale per i tre gradi di giudizio ammissibili), per non parlare poi dei costi e dell'aleatorietà intrinseca del giudizio medesimo. Ecco che allora il ricorso alla mediazione potrebbe trovare una più rapida soluzione alla controversia (la durata massima prevista è di 4 mesi), con una potenziale soddisfazione per entrambi i soggetti ricorrenti, e naturalmente con un vantaggioso contenimento dei costi. È il decreto ministeriale 180/2010 che disciplina l'organizzazione e la statuizione degli organismi di mediazione, inserendoli in un apposito elenco gestito dal Ministero della Giustizia, la cui iscrizione degli enti preposti (siano essi pubblici o privati) è vincolata al possesso di specifici requisiti economici ed etici. Rientrano nella condizione di procedibilità, per cui la mediazione è obbligatoria, tra le altre, le controversie in tema condominiale, di locazione, di risarcimento del danno cagionato dalla circolazione di veicoli, i temi bancario assicurativo e finanziario.
Le conciliazioni paritetiche sono invece degli accordi (disciplinati da veri e propri protocolli d'intesa) stipulati tra aziende o loro associazioni rappresentative ed associazioni di consumatori, che si differenziano dalla mediazione perché in queste procedure il terzo imparziale è assente, ma la soluzione viene mediata tra un rappresentante del consumatore (il conciliatore dell'associazione) e quello dell'impresa che hanno spesso seguito un comune iter formativo e che possono così confrontarsi su elementi condivisi. Le più comuni sono quelle in vigore con le aziende telefoniche ed energetiche (guarda l'elenco completo).
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