martedì 30 ottobre 2018

La marca del distributore


Quando andiamo a fare la spesa, tra i prodotti offerti in bella mostra sugli scaffali del supermercato, troviamo, oltre a quelli delle marche più note, anche i beni propri commercializzati con il marchio della catena distributrice in cui stiamo facendo gli acquisti. Essi, naturalmente sono preparati da aziende industriali terze (in molti casi le stesse delle etichette più reclamizzate), ma venduti nella confezione del distributore.
La diffusione dei prodotti a marchio in Italia, si può far risalire alla metà degli anni '80, essi possono classificarsi in quattro macro categorie: i primi prezzi, dal costo inferiore, fino al 50% dell'analogo prodotto della marca leader, venduti con un nome di fantasia (esempio la linea Fidel di Esselunga); quelli a marca insegna, offerti a prezzi intorno al 25% meno della marca di riferimento; i prodotti premium, che costano anche il 30% in più ma in genere sono caratterizzati da alta qualità (come i prodotti tipici regionali, Dop e Igp) e infine le altre marche private (private label), che sono dedicate ai prodotti biologici, equo-solidali e per bambini.
Il valore di mercato dei prodotti a marca del distributore, è intorno al 19% ed in costante crescita (come si afferma nel XIV Rapporto annuale sulla marca del distributore Osservatorio Marca-Iri), se pensiamo che la media Europea è del 28% e che nei Paesi del Nord arriva a ritagliarsi una quota del 40%. Nel nostro Paese le percentuali di vendita maggiori, di questa tipologia di beni, si registrano nei discount, dove si raggiungono valori intorno al 57% del totale dei prodotti offerti e venduti. L'eliminazione degli intermediari e la riduzione delle spese di marketing,consentono a queste catene di supermercati di proporre a prezzi più bassi prodotti di qualità analoga a quella delle grandi marche.

mercoledì 17 ottobre 2018

Prorogata la fine del mercato energetico tutelato


La fine del mercato di maggior tutela per la fornitura di gas ed elettricità, è slittata al I luglio 2020, da questa data perciò, salvo ulteriori proroghe, tutte le utenze energetiche saranno servite in regime di mercato libero.
A dirlo è il Decreto Milleproroghe (D.L.91/2018), che proroga alcuni termini previsti da disposizioni legislative. In particolare, durante il processo parlamentare di conversione in legge (L.108/2018), sono stati approvati alcuni emendamenti, che hanno modificato l'articolo 3 del decreto aggiungendovi il comma 1 bis lettere a) e b). Insomma per farla breve e per non perdersi nei meandri dei tecnicismi normativi, dal I luglio 2020, l'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente smetterà di determinare i prezzi di riferimento per la vendita di elettricità e gas ai clienti domestici.
Originariamente, la fine del mercato tutelato era stata fissata per il I luglio 2018, così come stabiliva il Decreto Legislativo 93/2011, che dava e da' attuazione a due direttive Comunitarie in materia di norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e del gas naturale. Poi la prima proroga l'abbiamo avuta con l'entrata in vigore (il 14 agosto 2017), della prima travagliata Legge annuale per il mercato e la concorrenza, che ha spostato tale termine al I luglio 2019. Infine il Milleproroghe ha ulteriormente rimandato la fine del mercato tutelato di un altro anno: al I luglio 2020.
La decisione politica di questa ulteriore proroga, sarebbe da ricercarsi, secondo alcune fonti di stampa, nel ritardo d'implementazione della riforma: mancherebbe il decreto attuativo del Ministero dello Sviluppo Economico nel quale si dovrebbero definire (così come disposto dalla Legge sulla concorrenza – art.1 comma 68), “le misure necessarie a garantire la cessazione della disciplina transitoria dei prezzi e l'ingresso consapevole dei clienti finali, secondo meccanismi che assicurino la concorrenza e la pluralità di fornitori ed offerte, nel libero mercato”.
Nel frattempo, è già operativo il Portale Offerte, per cominciare ad impratichirsi con i criteri di scelta della migliore proposta commerciale di fornitura energetica.

mercoledì 3 ottobre 2018

Tariffe di pedaggio autostradale


Il crollo del ponte Morandi alla vigilia di ferragosto 2018 (tratto cittadino sopraelevato sul torrente Polcevera - città di Genova - del tronco autostradale A10 Genova-Savona), ha acceso il dibattito pubblico sul tema delle concessioni autostradali e sull'ammontare dei pedaggi riscossi dai concessionari.
L'affidamento della gestione, manutenzione e innovazione dei tratti autostradali a società private (i concessionari), s'inserisce nell'ampio ciclo di privatizzazioni che ha interessato numerosi enti e società pubbliche dal 1996 ai primi anni 2000, avviato con l'intenzione di risanare il disastrato bilancio statale ed erodere la montagna di debito pubblico che ancora oggi ci sovrasta.
La storia viaria del nostro Paese è stata guidata, almeno negli ultimi 90 anni, dall'ANAS (istituita nel 1928 e trasformata nel 1946 in Azienda Nazionale Autonoma delle Strade e poi nel 2002 in Società per Azioni, dal I gennaio 2018 è parte del Gruppo FS Italiane), che ha realizzato strade, ponti, gallerie e ne ha curato la loro manutenzione. Oggi la gestione di tale rete è parzialmente affidata ai privati, mediante la stipula di apposite convenzioni, originariamente contrattate tra ANAS (concedente) e concessionario autostradale e successivamente modificate e aggiornate dalla Struttura di Vigilanza sulle concessionarie autostradali del Ministero delle Infrastrutture e deiTrasporti operativa dal I ottobre 2012, che ha sostituito nel suo ruolo l'Anas.
Il tanto bistrattato CIPE (il Comitato interministeriale per la programmazione Economica), il 15 giugno 2007 ha emanato una direttiva in materia di regolazione economica del settore autostradale, in cui si è definita la formula tariffaria per calcolare la percentuale di variazione annuale a cui ciascun concessionario può adeguare il costo del pedaggio della tratta autostradale affidatagli. L'ammontare dell'adeguamento tariffario annuale applicabile, si ottiene sottraendo dal tasso di inflazione programmato, un parametro, espresso in percentuale, che tenga conto (semplificando) di costi ed investimenti sostenuti dal concessionario.
Così: puntualmente, all'inizio di ogni anno assistiamo ad un più o meno oneroso incremento delle tariffe dei pedaggi autostradali.