lunedì 27 febbraio 2017

L'e-commerce e l'ODR

Si, certo miei cari lettori, me ne rendo conto, il titolo di questo post non assolve esattamente alla sua funzione, quella cioè (come farebbe invece un'intestazione degna del suo nome) di introdurre il lettore all'argomento oggetto dell'articolo. Così lo spiego in questa breve introduzione: si parlerà di commercio elettronico e di risoluzione delle controversie on-line.
Iniziamo dall'e-commerce, dall'attività di acquisto di beni e servizi che i consumatori fanno attraverso i propri dispositivi digitali: pc; smartphone e tablet. Alcuni dati sul fenomeno, che ho tratto dalla periodica pubblicazione di Ecommerce Foundation e riferiti al 2015, riportano per il solo contesto Europeo comprendente la Russia, la presenza di 685 milioni di abitanti di età superiore ai 15 anni di cui il 75% (516 mln) utilizzatori di internet. Tra loro gli e-shoppers sono stati 296 mln: il 43% della popolazione connessa. Il giro d'affari stimato in Europa (in costante e progressivo aumento) è di 505,1 miliardi di dollari: circa un quarto di quello globale ed è stimata nell'8% la quota di vendite on-line rispetto al totale degli acquisti retail. In Italia il 34% di fruitori dell'internet: 17,7 milioni di persone, sono acquirenti digitali. Il volume di scambi è stimato in 18 miliardi di dollari e rappresenta il 2,6% degli acquisti totali fatti dai consumatori. Si acquista principalmente abbigliamento, accessori per la casa ed intrattenimento digitale. Tra i servizi invece il più gettonato è l'acquisto di viaggi, seguito a notevole distanza da quello assicurativo. Un altro dato interessante, derivante dal Flash Eurobarometer 397 (il servizio della Commissione Europea che sonda le tendenze dell'opinione pubblica continentale) è la distribuzione degli acquisti transfrontalieri. Emerge così che il 58 % degli acquisti on-line avviene da aziende domestiche, il 19% è indirizzato verso venditori residenti in altri paesi Ue e solo l'11% è la quota di acquisti da paesi extra-Ue. Sondando il tasso di gradimento, di fiducia degli acquirenti elettronici, l'Eurobarometro registra come 4 consumatori su 10 (il 39%) abbiano ottenuto la merce comprata in ritardo rispetto al termine preventivato, il 22% afferma di aver ricevuto il prodotto danneggiato e l'11% di non averlo ricevuto affatto.
Da qui la necessità di istituire degli organismi di risoluzione delle controversie alternative alla giustizia ordinaria, che abbiano l'intento di velocizzare la soluzione dei reclami e di dare attuazione all'obiettivo di un mercato unico digitale al cui interno tutti gli attori in gioco traggano reali benefici dalla sua istituzione, in accordo ad un consolidato concetto di mercato interno: “uno spazio senza frontiere interne nel quale sia assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali”. L'articolo 14 del cosiddetto Regolamento ODR (On-line Dispute Resolution 524/2013 Ue) adottato dal Parlamento e dal Consiglio Europeo il 21 maggio 2013, impone alle aziende che svolgono l'attività di commercio elettronico all'interno dell'Unione Europea, di informare i consumatori loro clienti della possibilità di risolvere attraverso la piattaforma ODR eventuali controversie che dovessero nascere nel rapporto commerciale instaurato. L'informativa dovrà essere esplicita ed indicata sul sito internet dell'azienda con l'introduzione di un banner- link che conduca direttamente alla piattaforma ODR. La procedura è semplice e veloce: facciamo un esempio: il consumatore riceve il bene acquistato on-line ma poniamo che risulti difettoso, reclamerà attraverso la piattaforma ODR, questa trasmetterà la doglianza all'azienda (tradotta nella sua lingua) ed entro 30 giorni il venditore proporrà al consumatore quale organismo di risoluzione adire tra quelli elencati ed abilitati dall'Unione Europea. Una volta scelto “l'arbitro” questo proporrà alle parti una soluzione entro 90 giorni... e vivranno tutti felici e contenti :)
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mercoledì 22 febbraio 2017

I fondi immobiliari, Olinda, Obelisco, Alpha e gli altri

Immobile del Fondo Obelisco, viale Richard Torre E5 Milano
I fondi comuni di investimento immobiliare, presenti in Italia dal 1998, sono una particolare tipologia, classe di prodotti finanziari, caratterizzati da un'attività di investimento prevalente: in misura non inferiore ai 2/3 del proprio patrimonio, nell'acquisto e gestione di immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni in società immobiliari. Sono definiti anche fondi di tipo chiuso, perché la quota di partecipazione al patrimonio del fondo, acquisita nella fase di sottoscrizione ed istituzione del fondo immobiliare stesso, non è rimborsabile fino alla scadenza naturale del ciclo di vita dello strumento finanziario. In alcuni casi però, le quote possono essere negoziate sul mercato regolamentato. Generalmente la durata di un fondo immobiliare è di almeno 10 anni e si articola in due fasi temporali ben distinte: nella prima, la Società di Gestione del Risparmio (SGR) che istituisce e gestisce appunto il fondo, avvia la raccolta di denaro presso i sottoscrittori investitori fino al raggiungimento dell'ammontare di capitale prefissato, che rappresenterà il patrimonio proprio del fondo; collocate così tutte le quote, si darà avvio alla seconda fase: l'attività di selezione e conferimento degli immobili, scelti in base alla loro destinazione d'uso: residenziale; commerciale o aree edificabili, in conformità alle linee guida di gestione formalizzate nel regolamento istitutivo del fondo immobiliare. L'investimento in questa asset class ha un orizzonte temporale medio-lungo, e questo può rappresentare uno svantaggio per l'investitore se lo si somma alla ridotta liquidità e liquidabilità che lo caratterizzano. Di contro, il principale vantaggio potrebbe essere rappresentato dal fatto che il rendimento del fondo risulterebbe svincolato dalle fluttuazioni dei principali indici, indicatori finanziari, che influenzano invece altri strumenti più tradizionali come le azioni e le obbligazioni.
Recentemente le cronache economico-finanziarie raccontano, con sempre più frequenza, i casi di piccoli risparmiatori cosiddetti retail, che sono rimasti vittime di ingenti perdite patrimoniali, causate dalle rilevanti svalutazioni nel valore degli immobili afferiti a questi organismi comuni di gestione del risparmio, che si sono tradotte in un forte deprezzamento della quota di partecipazione al fondo nel momento della sua liquidazione. Passiamone in rassegna alcuni.
Olinda. Il nome suggestivo di questo fondo immobiliare, costituito nel 2004 mediante l'apporto di immobili e la sottoscrizione in denaro di parte delle quote, è inspirato, come recita la nota sul sito istituzionale, al nome di una delle città invisibili immaginate da Italo Calvino, caratterizzata dall'essere una città in continua espansione per cerchi concentrici, dove le mura si espandono portando con sé vecchi edifici, lasciando spazio ad un centro sempre nuovo. 496 mila quote del fondo al prezzo nominale di 500 euro ciascuna, hanno rappresentato la porzione offerta al pubblico, le restanti 522 mila circa sono state quelle assegnate in sede di apporto degli immobili. Il lotto minimo sottoscrivibile era rappresentato da almeno 6 quote e la società di gestione è stata Prelios SGR subentrata all'originaria Pirelli Re. La liquidazione dell'investimento è avvenuto il 31 dicembre 2014 e ha visto assegnare complessivamente 113,15 euro per quota sottoscritta, originando perdite per i quotisti maggiori del 75% del capitale investito. Azioni legali sono in corso di svolgimento.
I 4 Fondi Postali. Usiamo impropriamente questa terminologia semplificativa, per riferirci a quel gruppo di Fondi Immobiliari gestiti da società terze, le cui quote sono state collocate, attraverso la propria rete di uffici Postali, dall'azienda pubblica dei recapiti, sempre più focalizzata sull'attività finanziaria. Tra essi possiamo annoverare i fondi Irs e Obelisco di InvestireRe Sgr, Alpha di IdeaFimit ed Europa Immobiliare1 di Vegagest.
Obelisco è un fondo immobiliare di tipo chiuso alimentato in denaro con il patrimonio derivante dalla sottoscrizione di 100 mila quote nominali, del valore di 2.500 euro ciascuna. Istituito nel 2005 la sua durata, inizialmente stabilita in 10 anni, è stata prorogata di altri 3 fino al 31 dicembre 2018. Dal 14 giugno 2006 le quote del fondo sono negoziabili sul listino dedicato di Borsa Italiana e per avere un'idea di come proceda l'investimento basti pensare che oggi (21 febbraio 2017), l'ultimo prezzo in acquisto è stato di 163,20 €: una perdita potenziale per quota di circa il 94% del valore nominale, sebbene il valore contabile sia stimato in 1.118,33 €.
Irs:Invest Real Security è stato liquidato il 31 dicembre 2016, nato a settembre 2003 era costituito da un patrimonio iniziale di 141 milioni di euro suddiviso in 56.400 quote da 2.500 euro ciascuna. I partecipanti al fondo, così come annunciato dalla società di gestione InvestiRE, saranno rimborsati entro il 31 marzo 2017 con 390 euro per quota (una perdita di circa il 90% del capitale investito!), e Poste, tra i maggiori collocatori, ha già predisposto un piano di ristoro per i suoi clienti, che prevede la stipula di una polizza assicurativa sulla vita del Ramo I della durata di 5 anni, alimentata con il premio derivato dal rimborso delle quote del fondo, a cui Poste aggiungerà la differenza rimanente per arrivare all'intero ammontare del capitale originariamente investito.
Immobile del Fondo Obelisco - Roma
FondoAlpha Il patrimonio immobiliare di questo fondo risulta locato ad enti della pubblica amministrazione, collocato a giugno 2002 ha visto la sottoscrizione di 103.875 quote al prezzo di collocamento di 2.600 euro. A giugno 2016 è stato oggetto di un'Offerta Pubblica di Acquisto (OPA) promossa da Blado Investment S.C.A. per 1.156,25 € /quota, attualmente il suo valore di borsa è 1.301 €/quota. La durata iniziale di 15 anni è stata prorogata di altri 15, la scadenza del fondo è così fissata al 27 giugno 2030. Il prossimo 23 febbraio sarà convocata un'assemblea dei partecipanti al fondo con lo scopo di introdurre nel regolamento questo nuovo organo assembleare.
Fondo Europa Immobiliare 1 Le quote di questo fondo immobiliare 113.398 sono state collocate tra settembre e novembre 2004, al prezzo di 2.500 euro ciascuna, la specificità del fondo è quella di investire in immobili situati all'estero: essenzialmente in Paesi dell'Unione Europea. Originariamente fissata in dieci anni la durata di vita del fondo, è stata prorogata per ulteriori 3, e la scadenza è ora prevista al 31 dicembre 2017. In borsa la quota è scambiata a 976,5 € ed il suo valore contabile stimato nel rendiconto semestrale della società di gestione è di 1.314,56 €
Conclusioni. Gli investimenti sommariamente analizzati (tutti gli approfondimenti sono disponibili sui siti internet delle società di gestione), rivelano un sostanziale fallimento nell'attività immobiliare sottostante alla valorizzazione delle quote dei vari fondi, che ne hanno prodotto una cospicua svalutazione a danno dei soliti risparmiatori. Le linee di azione (stragiudiziali prima e giudiziali eventuali in seguito), potrebbero considerare in prima battuta l'osservazione degli obblighi informativi a cui è vincolato l'intermediario finanziario (l'ente cioè che negozia o distribuisce) gli strumenti finanziari oggetto dell'investimento: Banca; Banco Posta; Sim ecc... e contemporaneamente valutare i regolamenti dei fondi per rilevare eventuali difformità nell'applicazione delle facoltà esercitabili dai vari organi decisionali riconosciuti, come per esempio l'assemblea dei partecipanti al fondo.
Siamo a disposizione per ogni eventualità. Prenota il tuo appuntamento allo sportello.

mercoledì 15 febbraio 2017

Uber, la protesta dei tassisti e la Sharing Economy

Uber è un'azienda Californiana lanciata sul mercato nel 2010 fondata da Travis Kalanick e Garret Camp. L'attività prevalente è quella di fornire un servizio di trasporto automobilistico privato attraverso un software: un'app. Uber favorisce l'incontro tra la domanda di mobilità dei passeggeri e l'offerta di tragitti degli autisti. Il costo del servizio viene calcolato in base alla distanza percorsa se la velocità è superiore a 17 km/h, o al tempo se dovesse essere invece inferiore, a cui sarà applicata una maggiorazione o una diminuzione in base alle richieste di trasporto ed alle offerte, relative a quella tratta, valutate in tempo reale (Uber surge pricing). La spesa per il trasporto viene addebitata direttamente sulla carta di credito del passeggero comunicata dal medesimo durante la fase di registrazione all'applicazione, ed allo stesso modo, questa volta però in accredito, sarà remunerato l'autista: non c'è alcuno scambio diretto di denaro tra gli utenti. Il servizio si articola in 6 fasce differenziate in base al modello di auto disponibile: dall'utilitaria al Suv passando per l'auto di lusso e il van a 6 posti. Uber Taxi e Uber Black rappresentano i classici servizi di Taxi e noleggio con conducente offerti direttamente dall'azienda.
Il segmento UberPop, quello che ha scatenato in tutta Europa l'insurrezione dei sindacati dei tassisti, è la vera innovazione proposta dalla società Americana. Gli autisti, non professionisti, sono arruolati attraverso l'applicazione, ed i requisiti richiesti sono davvero minimi: avere un'età maggiore di 21 anni; possedere una patente di guida; un'auto immatricolata almeno nel 2006 o più recente ed infine avere la fedina penale immacolata. I tassisti, il cui ruolo nell'ambito del trasporto pubblico Nazionale è regolato dalla specifica normativa di settore, si sono visti sottratti ampi segmenti di mercato, e si sentono così minacciati da quest'attività, che giudicano illegale per l'alto tasso di concorrenza sleale introdotto dal nuovo soggetto. Inoltre esistono forti dubbi sulla reale professionalità dei neo autisti e sulla garanzia nella sicurezza del trasporto. Attualmente UberPOP è considerata fuorilegge e la sua operatività è stata sospesa sull'intero territorio Nazionale dalla sentenza del Tribunale di Milano di luglio 2015, che avrebbe condannato l'azienda ad esercizio della professione senza licenza. Resta attivo il solo UberBLACK (il servizio di noleggio con conducente).
Uber rappresenta un valido esempio, applicato al trasporto, di quello che probabilmente ci riserverà il prossimo futuro: la Sharing Economy. Un modello economico basato sulla condivisione dei beni di consumo, fondato sul loro uso e ri-uso: sull'accesso al bene più che sulla sua proprietà. Anche le istituzioni Europee e le legislazioni Nazionali saranno sempre più impegnate a regolare questo nuovo modo di partecipare alla vita economica da parte dei consumatori, che rivestiranno il loro proprio ruolo, ma che potranno altresì ricoprire anche quello delle loro controparti: ovvero essere loro stessi fornitori di servizi. Sarà in grado questo nuovo modello economico di redistribuire la ricchezza prodotta più equamente di quanto faccia il modello capitalistico?