Si, certo miei cari lettori, me ne
rendo conto, il titolo di questo post non assolve esattamente
alla sua funzione, quella cioè (come farebbe invece un'intestazione
degna del suo nome) di introdurre il lettore all'argomento oggetto
dell'articolo. Così lo spiego in questa breve introduzione: si
parlerà di commercio elettronico e di risoluzione delle controversie
on-line.
Iniziamo
dall'e-commerce, dall'attività di acquisto di beni e servizi che i
consumatori fanno attraverso i propri dispositivi digitali: pc;
smartphone e tablet. Alcuni dati sul fenomeno, che ho tratto
dalla periodica pubblicazione di Ecommerce Foundation e riferiti al
2015, riportano per il solo contesto Europeo comprendente la Russia,
la presenza di 685 milioni di abitanti di età superiore ai 15 anni
di cui il 75% (516 mln) utilizzatori di internet. Tra loro gli
e-shoppers sono stati 296 mln: il 43% della popolazione
connessa. Il giro d'affari stimato in Europa (in costante e
progressivo aumento) è di 505,1 miliardi di dollari: circa un quarto
di quello globale ed è stimata nell'8% la quota di vendite on-line
rispetto al totale degli acquisti retail. In Italia il 34% di
fruitori dell'internet: 17,7 milioni di persone, sono acquirenti
digitali. Il volume di scambi è stimato in 18 miliardi di dollari e
rappresenta il 2,6% degli acquisti totali fatti dai consumatori. Si
acquista principalmente abbigliamento, accessori per la casa ed
intrattenimento digitale. Tra i servizi invece il più gettonato è
l'acquisto di viaggi, seguito a notevole distanza da quello
assicurativo. Un altro dato interessante, derivante dal Flash
Eurobarometer 397 (il servizio della Commissione Europea che sonda le
tendenze dell'opinione pubblica continentale) è la distribuzione
degli acquisti transfrontalieri. Emerge così che il 58 % degli
acquisti on-line avviene da aziende domestiche, il 19% è
indirizzato verso venditori residenti in altri paesi Ue e solo l'11%
è la quota di acquisti da paesi extra-Ue. Sondando il tasso di
gradimento, di fiducia degli acquirenti elettronici, l'Eurobarometro
registra come 4 consumatori su 10 (il 39%) abbiano ottenuto la merce
comprata in ritardo rispetto al termine preventivato, il 22% afferma
di aver ricevuto il prodotto danneggiato e l'11% di non averlo
ricevuto affatto.
Da qui la necessità
di istituire degli organismi di risoluzione delle controversie
alternative alla giustizia ordinaria, che abbiano l'intento di
velocizzare la soluzione dei reclami e di dare attuazione
all'obiettivo di un mercato unico digitale al cui interno tutti gli
attori in gioco traggano reali benefici dalla sua istituzione, in
accordo ad un consolidato concetto di mercato interno: “uno spazio
senza frontiere interne nel quale sia assicurata la libera
circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali”.
L'articolo 14 del cosiddetto Regolamento ODR (On-line Dispute
Resolution 524/2013 Ue) adottato dal Parlamento e dal
Consiglio Europeo il 21 maggio 2013, impone alle aziende che svolgono
l'attività di commercio elettronico all'interno dell'Unione Europea,
di informare i consumatori loro clienti della possibilità di
risolvere attraverso la piattaforma ODR eventuali controversie che
dovessero nascere nel rapporto commerciale instaurato. L'informativa
dovrà essere esplicita ed indicata sul sito internet dell'azienda
con l'introduzione di un banner- link che conduca direttamente
alla piattaforma ODR. La procedura è semplice e veloce: facciamo un
esempio: il consumatore riceve il bene acquistato on-line ma
poniamo che risulti difettoso, reclamerà attraverso la piattaforma
ODR, questa trasmetterà la doglianza all'azienda (tradotta nella sua
lingua) ed entro 30 giorni il venditore proporrà al consumatore
quale organismo di risoluzione adire tra quelli elencati ed abilitati
dall'Unione Europea. Una volta scelto “l'arbitro” questo proporrà
alle parti una soluzione entro 90 giorni... e vivranno tutti felici e
contenti :)
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