mercoledì 26 settembre 2018

Diamanti da investimento: aggiornamento


Il caso dei diamanti da investimento è esploso nel mese di ottobre 2016, quando la puntata della trasmissione Report, divulgava e approfondiva i contorni di una diffusa pratica di compravendita delle pietre preziose. Le gemme, certificate e classificate nelle loro caratteristiche fisico-chimiche da enti accreditati, venivano proposte come strumento di investimento ai risparmiatori clienti di alcune banche italiane, con lo scopo di diversificare il patrimonio accantonato. Le due principali aziende del settore sono la Intermarket Diamond Business (IDB), che vendeva le sue pietre attraverso gli sportelli di Unicredit e Banco Bpm; e Diamond Private Investment (DPI) che si appoggiava invece al Monte dei Paschi di Siena (MpS) e a Intesa Sanpaolo. L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), con due provvedimenti emanati il 20 settembre 2017, ha sanzionato tutti gli attori della filiera: le società venditrici e le banche collocatrici, per un importo complessivo di oltre 15 milioni di euro, colpevoli di aver attuato pratiche di vendita gravemente ingannevoli e omissive. I diamanti venduti ad un prezzo presentato come quotazione di mercato, era invece stabilito arbitrariamente dai professionisti (Idb e Dpi) e risultava fortemente maggiorato rispetto al costo di acquisto della pietra stessa. Inoltre anche l'incremento del valore dell'investimento, pubblicato sui più diffusi quotidiani economici, era frutto di elaborazioni arbitrariamente redatte dai venditori. Infine la prospettata liquidità del mercato si riduceva alla possibilità che il professionista trovasse altri acquirenti all'interno del proprio circuito di vendita.
Ora, i risparmiatori ingannati da quelle mirabolanti promesse di guadagno, si ritrovano proprietari di gemme preziose dal valore inferiore a quello sborsato per l'acquisto. La loro vendita, ad un prezzo fissato dal mercato istituzionale, genererebbe un'ingente perdita di patrimonio investito.
I reclami spediti dai consumatori e dalle loro associazioni, direttamente alle società di vendita e alle banche intermediarie, hanno ricevuto risposte diverse: quasi tutti si sono dimostrati subito disposti a costituire tavoli di conciliazione per risolvere extra giudizialmente i contenziosi. Quelli più proficui sembrano essere le conciliazioni bancarie: Unicredit; Intesa Sanpaolo e MpS, con ritualità diverse, arrivano a rimborsare l'intera somma investita, mentre Banco Bpm risarcirebbe fino al 50% del prezzo d'acquisto delle pietre e lascerebbe la loro proprietà ai risparmiatori. Le società di vendita, convinte di aver agito correttamente, hanno ricorso la procedura sanzionatoria applicata dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e hanno adito il Tribunale Amministrativo: il Tar del Lazio in questo caso, la cui pronuncia è attesa per il prossimo 17 ottobre 2018. La decisione dell'organo amministrativo, nel caso confermasse la sanzione dell'Autorità, potrà rappresentare un elemento favorevole per il consumatore da far valere in un eventuale causa di giudizio.