L'assegno è un titolo di credito
cartaceo in cui il Traente (colui che emette l'assegno) impone al
Trattario (la banca o altro istituto obbligato al pagamento con cui
intrattiene rapporti commerciali), il pagamento di una somma verso
terzi: il beneficiario. La disciplina normativa che regola gli
aspetti di emissione e forma dell'assegno bancario, è il Regio
Decreto 1736 del 21 dicembre 1933, in cui si prescrivono gli elementi
essenziali che dovranno formare il titolo: data; luogo di emissione;
firma del traente ecc... Gli assegni bancari (a cui sono equiparati,
per tutti gli effetti di legge, gli assegni postali) si dividono in
bancari veri e propri (in cui è il correntista che ordina alla
propria banca di pagare una certa somma a terzi) e quelli circolari
dove invece è la banca che mette a disposizione del beneficiario
una certa cifra incassabile al momento di emissione del titolo.
Il Decreto Legislativo 231 del 21 novembre 2007, ha recepito e attuato nel nostro ordinamento
Nazionale, le direttive 2005/60 CE concernente la prevenzione
dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei
proventi di attività criminose e di finanziamento al terrorismo e la
direttiva 2006/70 CE che reca le misure di esecuzione. L'articolo 49
in particolare, introduce limitazioni all'uso del contante e dei
titoli al portatore: esso prevede (al comma 1) che sia vietato il
trasferimento di denaro contante, tra soggetti diversi, per un
importo pari o superiore a 3.000 euro. Tale limite, per onor di
cronaca, ha subito alcune variazioni nel corso del tempo, coincidenti
con l'avvicendamento dei governi Nazionali: inizialmente (al varo del
Decreto: novembre 2007), la limitazione all'uso del contante era di
5.000 euro (governo Prodi II); con l'avvento del Berlusconi III
(giugno 2008), la soglia è stata incrementata a 12.500 euro per poi
essere riportata al valore originale verso la fine del 2011; il
Decreto Salva Italia del governo Monti l'ha ridotto ulteriormente a
1.000 euro e infine la finanziaria del 2015 (governo Renzi) lo ha
innalzato agli attuali 3.000 euro.
Tornando all'esame del provvedimento
normativo: art.49 D.L.vo 231/2007, ai commi 4 e seguenti, abbiamo le
prescrizioni per l'emissione degli assegni bancari e postali.
Innanzitutto i moduli (i blocchetti, i carnet
per dirlo alla francese) distribuiti da banche e Poste ai propri
clienti, dovranno riportare obbligatoriamente la clausola di non
trasferibilità del titolo di credito, inoltre per quelli di importo
pari o superiore a 1.000 euro si dovrà indicare esplicitamente il
nome del beneficiario (persona fisica o giuridica che sia). Moduli in
forma libera (senza clausola) possono essere richiesti alla propria
banca, previo pagamento dell'imposta di bollo di 1,50 euro a
blocchetto, e che vengano utilizzati solo per lo scambio di somme
inferiori a 1.000 euro.
L'ultima
premessa necessaria prima di giungere alla conclusione finale, è
quella riferita all'aspetto sanzionatorio in caso di trasgressione
alle prescrizioni sopra illustrate. L'inosservanza di esse: ovvero il
superamento della soglia limite per la circolazione del contante
(3.000 euro); l'omessa indicazione della clausola di non
trasferibilità per assegni di importo superiore a 1.000 euro o
l'assenza del beneficiario, determina l'applicazione di una sanzione
amministrativa pecuniaria variabile tra i 3.000 e 50.000 euro a
carico del traente e di colui che incassa il titolo di credito. Anche
l'impianto sanzionatorio, per dovere di cronaca, ha subito varie
modifiche: originariamente la sanzione era commisurata all'importo
della somma scambiata e variava in percentuale tra l'1 e il 40%
mentre dal 4 luglio 2017 si applicano i valori fissi suddetti.
Il
soggetto che irroga la sanzione è il Ministero dell'economia e delle Finanze e secondo quanto pubblicato in una sua nota stampa, il numero
di violazioni accertate (per assegni non conformi agli obblighi
normativi) sono, per il periodo 4 luglio 2017 – 4 marzo 2018, 1.692
di cui 107 con oblazioni già pagate. Il procedimento sanzionatorio
amministrativo, alla conclusione del quale si determinerà l'importo
pecuniario della sanzione, è preceduto dalla cosiddetta estinzione
oblativa: ovvero l'estinzione del procedimento avverrà a fronte del
pagamento di un'oblazione pecuniaria di ammontare pari a 6.000 euro
(l'importo più favorevole tra il doppio del minimo e un terzo del
massimo edittali – in questo caso 3.000 e 50.000 euro
rispettivamente) entro 60 giorni dalla contestazione.
Nella medesima nota, è sempre il
Ministero che informa gli interessati (i sanzionati) che il pagamento
dell'oblazione è solo una delle soluzioni possibili, l'altra sarebbe
quella di attendere gli esiti del procedimento sanzionatorio
all'interno del quale il trasgressore potrà fornire le proprie
osservazioni e giustificazioni difensive e laddove ne ricorrano gli
estremi (da valutare per ogni caso specifico) ottenere nel migliore
dei casi un provvedimento di scioglimento.