Il caso dei diamanti da investimento è
esploso nel mese di ottobre 2016, quando la puntata della
trasmissione Report,
divulgava e approfondiva i contorni di una diffusa pratica di
compravendita delle pietre preziose. Le gemme, certificate e
classificate nelle loro caratteristiche fisico-chimiche da enti
accreditati, venivano proposte come strumento di investimento ai
risparmiatori clienti di alcune banche italiane, con lo scopo di
diversificare il patrimonio accantonato. Le due principali aziende
del settore sono la Intermarket Diamond Business
(IDB), che vendeva le sue pietre attraverso gli sportelli di
Unicredit e Banco Bpm; e Diamond Private Investment
(DPI) che si appoggiava invece al Monte dei Paschi di Siena (MpS) e a
Intesa Sanpaolo. L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
(AGCM), con due provvedimenti emanati il 20 settembre 2017, ha
sanzionato tutti gli attori della filiera: le società venditrici e
le banche collocatrici, per un importo complessivo di oltre 15
milioni di euro, colpevoli di aver attuato pratiche di vendita
gravemente ingannevoli e omissive. I diamanti venduti ad un prezzo
presentato come quotazione di mercato, era invece stabilito
arbitrariamente dai professionisti (Idb e Dpi) e risultava fortemente
maggiorato rispetto al costo di acquisto della pietra stessa. Inoltre
anche l'incremento del valore dell'investimento, pubblicato sui più
diffusi quotidiani economici, era frutto di elaborazioni
arbitrariamente redatte dai venditori. Infine la prospettata
liquidità del mercato si riduceva alla possibilità che il
professionista trovasse altri acquirenti all'interno del proprio
circuito di vendita.
Ora, i
risparmiatori ingannati da quelle mirabolanti promesse di guadagno,
si ritrovano proprietari di gemme preziose dal valore inferiore a
quello sborsato per l'acquisto. La loro vendita, ad un prezzo fissato
dal mercato istituzionale, genererebbe un'ingente perdita di
patrimonio investito.
I reclami spediti dai consumatori
e dalle loro associazioni, direttamente alle società di vendita e
alle banche intermediarie, hanno ricevuto risposte diverse: quasi
tutti si sono dimostrati subito disposti a costituire tavoli di
conciliazione per risolvere extra giudizialmente i contenziosi.
Quelli più proficui sembrano essere le conciliazioni bancarie:
Unicredit; Intesa Sanpaolo e MpS, con ritualità diverse, arrivano a
rimborsare l'intera somma investita, mentre Banco Bpm risarcirebbe
fino al 50% del prezzo d'acquisto delle pietre e lascerebbe la loro
proprietà ai risparmiatori. Le società di vendita, convinte di aver
agito correttamente, hanno ricorso la procedura sanzionatoria
applicata dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e
hanno adito il Tribunale Amministrativo: il Tar del Lazio in questo
caso, la cui pronuncia è attesa per il prossimo 17 ottobre 2018. La
decisione dell'organo amministrativo, nel caso confermasse la
sanzione dell'Autorità, potrà rappresentare un elemento favorevole
per il consumatore da far valere in un eventuale causa di giudizio.