La TARI è la tassa sui rifiuti,
istituita con la legge 147 del 2013 (Legge di Stabilità 2014), che
ha sostituito la TARES in vigore solo per l'anno 2013 a sua volta
erede delle più antiche TARSU, TIA1 e TIA2. Il presupposto per la
sua applicazione, è il possesso o la detenzione, a qualsiasi titolo,
di locali o aree scoperte operative, suscettibili di produrre rifiuti
urbani ed è calcolata e corrisposta in base ad una tariffa riferita
all'anno solare, determinata con il cosiddetto criterio normalizzato,
previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 158/1999.
L'importo di questo tributo è definito con delibera regolamentare
del Consiglio Comunale e rinnovato annualmente con un'analoga
decisione dell'assemblea cittadina. In particolare la metodologia
tariffaria si articola in quattro fasi: nella prima si individuano e
classificano i costi del servizio (la tassa dovrà sostenerli
interamente); nella seconda fase avviene la suddivisione tra costi
fissi e variabili; nella terza la ripartizione dei costi è basata
sulla tipologia di utenza (domestica e non domestica) e nell'ultima
(quella su cui focalizzeremo l'attenzione) avviene il calcolo delle
voci tariffarie fisse e variabili, da attribuire alle singole
tipologie di utenza, secondo formule e coefficienti definite dal
metodo illustrato nell'allegato 1 del DPR 158/1999.
L'interrogazione parlamentare. Il
caso dei costi gonfiati è tornato all'ordine del giorno lo scorso 18
ottobre 2017, quando il Sottosegretario di Stato all'Economia e alle
Finanze Pier Paolo Baretta ha risposto ad un'interrogazione formulata
dal deputato pentastellato Giuseppe L'Abate. L'esponente grillino,
richiamando un articolo apparso su Il Sole 24 ore del 4 dicembre
2014, in cui si evidenziavano errori nel calcolo della quota
variabile della Tari applicata alle utenze domestiche, commessi da
vari Comuni; ha chiesto ai Ministri dell'Economia e dell'Ambiente,
se: “la quota variabile della Tassa sui Rifiuti (TARI) vada
calcolata una sola volta per tipologia di occupazione (per esempio
per un'utenza domestica), pur se questa risulti costituita da più
superfici”. La risposta del Sottosegretario è stata affermativa:
si, la componente variabile della tariffa, che tiene conto del numero
di occupanti gli immobili, a differenza della quota fissa che viene
invece calcolata sull'estensione superficiale; deve essere applicata
una sola volta sull'intera superficie immobiliare, comprendente
quella propria dell'abitazione e la somma di quelle rappresentate
dalle singole pertinenze: cantine; solai e box. Tutti quei Comuni che
nei loro regolamenti abbiano adottato una metodologia di calcolo
diversa (per esempio quello di Milano valuta la quota variabile anche
sulla superficie dei box considerando il numero di occupanti
proporzionato all'estensione dell'autorimessa), hanno determinato dei
sovracosti ingiustificati che dovranno essere rimborsati ai loro
contribuenti e naturalmente, questi Enti Locali, dovranno correggere
i loro regolamenti con la probabile conseguenza però di aumenti
generalizzati sulla quota fissa unitaria (euro/metro quadro) per il
prossimo futuro.
Il rimborso. Il
punto di partenza per verificare l'esistenza del presupposto su cui
basare la richiesta di rimborso (che può spingersi fino al tributo
esposto nel 2012: prescrizione del diritto quinquennale), è
l'analisi del regolamento Comunale disciplinante la determinazione
della TARI. In particolare si dovrà valutare se nel calcolo della
tariffa per le utenze domestiche, la quota variabile (che tiene conto
del numero di occupanti), sia applicata alla sola superficie
dell'abitazione (come avviene per esempio nei Comuni di Monza,
Seregno e altri dove per le pertinenze è considerata la sola quota
fissa), e per estensione dell'autentica interpretazione Ministeriale
a tutta la superficie lorda dell'immobile (abitazione+pertinenze):
conteggiata una sola volta; o se invece illegittimamente tale quota
variabile venga calcolata più volte per più superfici
pertinenziali. Una volta individuato il presupposto si potrà
procedere con la richiesta di rimborso formale rivolta al Comune di
competenza, se si dovessero incontrare resistenze opposte dall'Ente,
si potrà adire la Commissione Tributaria Provinciale. Sono aperte le
trattative per l'istituzione di un tavolo di conciliazione Anci –
Associazioni dei Consumatori per cercare una composizione bonaria del
contenzioso ricorrendo ai noti organismi di mediazione.
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