Il caso Veneto Banca e quello della sua
cugina Popolare di Vicenza, sono l'ultimo emblema (in ordine di
tempo) di risparmio tradito. Per farla breve, i numerosi
risparmiatori azionisti della Banca di Montebelluna (nata con la
forma della Società Cooperativa e trasformatasi alla fine del 2015
in società per azioni), acquistavano azioni, classificate
dalla Consob tra gli strumenti finanziari largamente diffusi tra gli
investitori ma illiquidi, a prezzi (deliberati direttamente dal
Consiglio di Amministrazione) superiori ai 35 euro/azione, e
raggiungevano il loro valore massimo alla fine del 2012, quando
venivano vendute a 40,75 €/azione.
Poi... il declino.
La pessima gestione finanziaria
dell'Istituto di credito, ha causato la costante e annuale chiusura
dei bilanci in perdita ed il conseguente deprezzamento dei valori
azionari, fino al varo del necessario aumento di capitale,
indispensabile alla sopravvivenza della società stessa. Aumento di
capitale formalizzatosi il 30 giugno 2016 con la svalutazione delle
114 milioni di azioni già collocate, e trasformate in “Nuove
Azioni” all'irrisorio valore attuale di 0,10 €/azione, in più,
questa operazione societaria, è avvenuta con l'emissione di 9,88
miliardi circa di nuove azioni, sottoscritte per l'equivalente di 988
milioni di euro dal Fondo Atlante, che è divenuto così il
principale azionista della Banca, con una partecipazione al capitale sociale pari al 97,64 %.
Per gli investitori un' immane
svalutazione e perdita di valore dell'azione, calcolata intorno al
99%. Tradotto in altri termini: chi avesse investito in questi
strumenti finanziari nel corso dell'ultimo decennio, dopo il I luglio
2016 avrebbe visto quasi azzerato il suo patrimonio.
Da qui, il nuovo Consiglio di
Amministrazione della Banca, si è impegnato nel risanamento e
rilancio dell'Istituto, avallando l'azione di responsabilità
(deliberata dall'assemblea dei soci il 16 novembre 2016) contro i
precedenti amministratori, e promuovendo tra gli azionisti (75 mila)
un'offerta di transazione, ovvero di rimborso pari al 15 % della
perdita teorica stimata.
Nel comunicato stampa del 28 marzo
2017, la Banca ha annunciato di aver registrato un'ampia adesione
all'offerta proposta: 54.359 azionisti (pari al 73 % circa del
totale) e si è detta pronta a rinunciare alla condizione sospensiva
del raggiungimento dell'80%, per dare corso agli indennizzi promessi.
Intanto il bilancio 2016 registra un
segno rosso per 1,5 miliardi di euro ed il vero risanamento (leggi
ricapitalizzazione) procederà ricorrendo alle garanzie pubbliche
possibili con il Decreto Salva Risparmio, sempre che gli organi di
vigilanza (Banca d'Italia, BCE e Commissione Europea) rilascino il
loro assenso. L'evoluzione della vicenda è tutta in divenire, si
prospetta anche un'imminente fusione con la Popolare di Vicenza.
Gli azionisti rimasti fuori dalla transazione perché privi dei
requisiti o perché contrari nei termini a questa magra consolazione,
potranno adire le vie legali nel caso ricorrano inadempimenti
regolamentari nella negoziazione dei titoli azionari. Ciascun caso
potrà essere valutato dai nostri avvocati. Prenota l'appuntamento al
nostro sportello.