mercoledì 5 aprile 2017

Veneto Banca – aggiornamento [aprile 2017]

Il caso Veneto Banca e quello della sua cugina Popolare di Vicenza, sono l'ultimo emblema (in ordine di tempo) di risparmio tradito. Per farla breve, i numerosi risparmiatori azionisti della Banca di Montebelluna (nata con la forma della Società Cooperativa e trasformatasi alla fine del 2015 in società per azioni), acquistavano azioni, classificate dalla Consob tra gli strumenti finanziari largamente diffusi tra gli investitori ma illiquidi, a prezzi (deliberati direttamente dal Consiglio di Amministrazione) superiori ai 35 euro/azione, e raggiungevano il loro valore massimo alla fine del 2012, quando venivano vendute a 40,75 €/azione.
Poi... il declino.
La pessima gestione finanziaria dell'Istituto di credito, ha causato la costante e annuale chiusura dei bilanci in perdita ed il conseguente deprezzamento dei valori azionari, fino al varo del necessario aumento di capitale, indispensabile alla sopravvivenza della società stessa. Aumento di capitale formalizzatosi il 30 giugno 2016 con la svalutazione delle 114 milioni di azioni già collocate, e trasformate in “Nuove Azioni” all'irrisorio valore attuale di 0,10 €/azione, in più, questa operazione societaria, è avvenuta con l'emissione di 9,88 miliardi circa di nuove azioni, sottoscritte per l'equivalente di 988 milioni di euro dal Fondo Atlante, che è divenuto così il principale azionista della Banca, con una partecipazione al capitale sociale  pari al 97,64 %.
Per gli investitori un' immane svalutazione e perdita di valore dell'azione, calcolata intorno al 99%. Tradotto in altri termini: chi avesse investito in questi strumenti finanziari nel corso dell'ultimo decennio, dopo il I luglio 2016 avrebbe visto quasi azzerato il suo patrimonio.
Da qui, il nuovo Consiglio di Amministrazione della Banca, si è impegnato nel risanamento e rilancio dell'Istituto, avallando l'azione di responsabilità (deliberata dall'assemblea dei soci il 16 novembre 2016) contro i precedenti amministratori, e promuovendo tra gli azionisti (75 mila) un'offerta di transazione, ovvero di rimborso pari al 15 % della perdita teorica stimata.
Nel comunicato stampa del 28 marzo 2017, la Banca ha annunciato di aver registrato un'ampia adesione all'offerta proposta: 54.359 azionisti (pari al 73 % circa del totale) e si è detta pronta a rinunciare alla condizione sospensiva del raggiungimento dell'80%, per dare corso agli indennizzi promessi.
Intanto il bilancio 2016 registra un segno rosso per 1,5 miliardi di euro ed il vero risanamento (leggi ricapitalizzazione) procederà ricorrendo alle garanzie pubbliche possibili con il Decreto Salva Risparmio, sempre che gli organi di vigilanza (Banca d'Italia, BCE e Commissione Europea) rilascino il loro assenso. L'evoluzione della vicenda è tutta in divenire, si prospetta anche un'imminente fusione con la Popolare di Vicenza.
Gli azionisti rimasti fuori dalla transazione perché privi dei requisiti o perché contrari nei termini a questa magra consolazione, potranno adire le vie legali nel caso ricorrano inadempimenti regolamentari nella negoziazione dei titoli azionari. Ciascun caso potrà essere valutato dai nostri avvocati. Prenota l'appuntamento al nostro sportello.