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mercoledì 30 settembre 2015
Lo scandalo Volkswagen, origine e conseguenze
La casa automobilistica tedesca, nata dall'intuizione di un
meccanico Cecoslovacco: Ferdinand Porsche a cui negli anni trenta
Adolf Hitler commissionò l'auto del popolo: il celebre maggiolino, è
ora al centro di uno scandalo esploso sul mercato dell'automotive
Statunitense. Materia del contendere sono le emissioni di scarico dei
motori TDI (turbo diesel) con cui sarebbero equipaggiati i diversi
modelli di auto commercializzati con i vari marchi del gruppo (che è
il primo produttore mondiale di autoveicoli seguito da Toyota). In
particolare i 1.6 e 2.0 cc TDI di Golf, Passat, Tiguan, Skoda Yeti e
Octavia, Audi Q3 e Seat Leon, rispettosi della direttiva Euro5
(venduti anche in Italia), sarebbero invece dotati di un software
agente sulle centraline di comando dei propulsori in grado di falsare
i risultati delle loro emissioni inquinanti in sede di omologazione.
All'origine della scoperta c'è un'Organizzazione non Governativa
(OnG) la International Council on Clean Trasportation (ICCT) dedicata
a promuovere studi e ricerche sullo sviluppo di tecnologie pulite
applicabili ai mezzi di trasporto. Uno dei suoi ricercatori: Peter
Mock, convinto di mostrare come i modelli VolksWagen prodotti per il
mercato Americano fossero meno inquinanti di quelli diffusi sul
mercato Europeo ( i limiti di emissione degli ossidi di Azoto
tollerati negli States sono più rigidi di quelli fissati nella Ue),
ha testato due modelli VW: una passat e una jetta e una BMW X5
percorrendo la distanza che separa San Diego da Seattle (oltre 2000
Km) in diverse condizioni di guida e ha scoperto che le emissioni di
NOx (ossidi di azoto) superavano di 15-30 volte i limiti dichiarati
mentre la BMW restava nei parametri. I risultati della ricerca sono
stati poi trasmessi all'Us Enviromental Protection Agency (Epa) che
ha indagato sulla faccenda e costretto il colosso Tedesco a svelare
il trucco. È così iniziata una campagna di richiamo dei veicoli
incriminati da parte della casa automobilistica e una sospensione
delle vendite delle autovetture Euro5 dotate di motore diesel tipo EA
189 comunicata ai concessionari Italiani con una lettera pubblicata
anche dai maggiori organi di stampa. Vedremo nei fatti come sarà
risolta l'anomalia e già si annunciano più realistiche prove
tecniche di omologazione da adottare nel 2017.
mercoledì 23 settembre 2015
Banca Monte Paschi di Siena (BMPS), richiesta di risarcimento danni per gli azionisti
Il Monte dei Paschi di Siena è la più
antica banca del mondo, nata nel 1472 come Monte di Pietà attivo tra
la comunità Senese, si è sviluppata ed evoluta nei secoli fino ad
occupare oggi il terzo posto nella classifica dei più importanti
Istituti di credito operanti nel nostro Paese: preceduta da Unicredit
e Intesa Sanpaolo. Le vicende del Banco sono passate agli onori delle
cronache nei primi mesi del 2012, quando l'assemblea degli azionisti
certificava un bilancio 2011 in forte perdita: il documento
registrava un passivo di 8,4 miliardi di euro. Il valore dell'azione
della banca precipitava al prezzo di 5,378 € registrato il 17
gennaio 2012, da valori di più di un terzo superiori (si pensi che
a gennaio 2011, solo un anno prima, il suo valore era 18,72 €),
determinando tragiche svalutazioni nel patrimonio degli azionisti.
Spregiudicate operazioni finanziarie, oggetto d'indagini delle
Procure della Repubblica di Siena e Milano, considerate ad alto
rischio: dall'acquisizione Antonveneta ai derivati Santorini ed
Alexandria, ideate ed attuate dal Consiglio di amministrazione della
Banca e dal suo presidente Giuseppe Mussari, ora imputato in almeno
due processi penali rimasto in carica dal 2006 e sostituito da
Alessandro Profumo nel 2012, hanno determinato il crollo
dell'Istituto Toscano. La diminuzione del prezzo dell'azione bancaria
è proseguita inesorabile, salvo due picchi sporadici che l'hanno
portato a superare la soglia psicologica di 10 € in due sole
occasioni successive: marzo 2012 e giugno 2014 (dati Borsa Italiana),
ma nella chiusura di mercato della scorsa settimana: quella di
venerdì 18 settembre, il titolo ha raggiunto il valore minimo
assoluto di 1,673 €/azione.
Il Tribunale di Milano Sezione Giudice
per le indagini preliminari ha accolto la richiesta di rinvio a
Giudizio presentata il 24 aprile 2015 dai Pubblici Ministeri Giordano
Baggio e Stefano Civardi, al Giudice per l'udienza preliminare (Gup)
Livio Cristofano che ha fissato la prima udienza per il prossimo 12
ottobre alle ore 9,30 nell'aula del Palazzo di Giustizia Meneghino
[avviso di fissazione]. Gli imputati Giuseppe Mussari nel suo ruolo
di presidente della banca Monte dei Paschi di Siena, Antonio Vigni in
quello di direttore Generale e Baldassarri Gianluca come Responsabile
Area Finanza del Monte, oltre a Sayeed Sadeq Ceo di Nomura e Picci
Raffaele responsabile vendite per l'Europa sempre di Nomura (Banca
d'affari Giapponese), sono accusati di aver violato l'articolo 2622
del Codice Civile, ovvero di avere comunicato ai soci fatti non
rispondenti al vero sulla situazione economica, patrimoniale e
finanziaria della società, violazione punibile con la reclusione da
tre a otto anni, e di aver commesso il fatto in associazione e in un
contesto internazionale. In estrema sintesi i soggetti avrebbero
falsificato il bilancio societario 2009 occultando le perdite
derivate dalle cosiddette notes Alexandria, facendo apparire un
avanzo di gestione di circa 150 milioni di euro nella presentazione
del documento all'assemblea dei soci il 27 aprile 2010.
Il Giudice ha riconosciuto tra le
persone offese dal reato gli Azionisti della Banca oltre ad alcune
associazioni di consumatori e di piccoli azionisti come BuongovernoMps.
Il ruolo di questa figura assunta nel processo, consente ad essa di
costituirsi parte civile e di intraprendere una vera e propria azione
risarcitoria volta al riconoscimento ed al conseguente risarcimento
del danno che essa denuncerà di aver subito.
Tutto questo per informarvi, miei cari lettori azionisti del Monte Paschi di Siena, che la nostra associazione Nazionale e questa Federazione Provinciale hanno avviato una campagna di adesione alla costituzione di Parte civile nel processo di Milano, per informazioni su procedura e costi contattateci allo 039 8943448, al 333 9511555 o via e-mail ConfconsumatoriMonza entro il 2 ottobre.
mercoledì 16 settembre 2015
L'indicatore dei consumi di Confcommercio
Il 9 settembre ultimo scorso l'Ufficio studi di Confcommercio,
l'associazione che rappresenta più di 700 mila imprese Italiane, ha
diffuso la periodica pubblicazione “Consumi & Prezzi”. I dati
in essa contenuti hanno avuto molta risonanza sulla stampa Nazionale,
perché certificano il consolidarsi della ripresa economica, che
appare sì debole ma meno fragile del quadro congiunturale
delineatosi nell'ultimo periodo. In particolare l'indice di
riferimento è l'ICC (indicatore dei consumi di Confcommercio), un
parametro originale elaborato direttamente dall'Ufficio Studi
dell'associazione, che ha registrato un incremento dello 0,4% sul
mese precedente (giugno 2015) e il 2,1% sulla proiezione annua. Detti
così questi dati potrebbero essere difficilmente decifrabili e
traducibili in termini reali e concreti per la maggior parte di noi,
forse il solo fatto di essere positivi potrebbero indurci ad un
generale ed immotivato sentimento di fiducia. Per questa ragione ho
cercato di capire quale sia il significato dello sbandierato indice e
quali elementi esso consideri. Le risposte a tal proposito le ho
trovate nella Nota metodologica del 25 marzo 2011 e da lì ho
scoperto che l'ICC registra i consumi di 8 categorie di Beni e
Servizi, ciascuna delle quali assume un certo peso nel calcolo
dell'indicatore. Per esempio i beni e servizi ricreativi (cinema
sport, libri, riviste spettacoli ecc..) hanno un peso dell'11,6%,
all'interno dell'indice, mentre i beni e servizi per la casa, gli
alimentari e i tabacchi pesano il 18,3 e il 18,8% rispettivamente;
alberghi, pasti e consumazioni fuori casa incidono per il 17%, i beni
e servizi per la mobilità (automobili, motocicli, carburanti,
pedaggi e trasporti aerei) pesano il 12,4% ed il restante 21% è
equamente suddiviso tra comunicazione, abbigliamento e calzature, e
beni e servizi per la cura della persona. I consumi di beni e servizi
classificati in queste 8 categorie, sono reperiti mensilmente dalle
varie fonti che li monitorano: per esempio l'Anmca fornisce i dati
mensili delle immatricolazioni di motocicli e ciclomotori;
dall'Aiscat sono tratti i dati sui pedaggi e dal Ministero dello
sviluppo Economico quello sui carburati e così via per le altre
classi. Schematicamente il calcolo dell'ICC inizia dai dati grezzi
delle varie fonti, elaborati per omogeneizzare il valore e depurati
da deflatori, infine destagionalizzati. Naturalmente quella appena
descritta è solo un'introduzione all'argomento e vuole essere uno
stimolo all'approfondimento.
mercoledì 9 settembre 2015
Mutui, evoluzione normativa della surrogazione
L'introduzione nel nostro ordinamento
dello strumento della portabilità del mutuo o surrogazione, si deve
al celeberrimo decreto legge: il numero 7, emanato dal II governo
Prodi il 31 gennaio 2007, quando il posto di Ministro dello Sviluppo
Economico era occupato dal tanto bistrattato Pier Luigi Bersani. Il
provvedimento governativo venne convertito dal Parlamento nella legge
40 (c.d Legge Bersani) ed emanata il 2 aprile 2007. Essa contiene i
semi delle liberalizzazioni (le lenzuolate) che sarebbero forse
germogliati se il percorso di quel governo non fosse deragliato già
all'inizio del 2008. Semi piantati in terreni di mercato cruciali
allo sviluppo economico e alla tutela dei consumatori: dalle
telecomunicazioni alle assicurazioni passando per le tariffe aeree
arrivando alla pubblicità dei prezzi dei carburanti; all'estinzione
dei mutui senza penali e alla portabilità degli stessi.
La portabilità del mutuo: la
surrogazione, era disciplinata dall'articolo 8, che nel decreto
originale (in vigore dal 2 febbraio al 2 aprile 2007) si componeva di
soli 4 commi. Nel primo si concedeva la facoltà al debitore di
ricorrere alla surrogazione (prevista dall'articolo 1202 del Codice
Civile - ovvero la possibilità per un debitore di subentrare ad un
mutuante nei diritti del creditore anche senza il consenso di
quest'ultimo) nel caso di credito non esigibile o con la pattuizione di
un termine a favore del creditore. Nel secondo comma l'annotamento
della surrogazione poteva essere chiesto al conservatore senza
formalità, allegando copia autentica dell'atto di surrogazione
stipulato per atto pubblico o scrittura privata. Il terzo prevedeva
la nullità di ogni clausola e/o patto che impedisse l'esercizio
della facoltà di surrogazione del debitore ed infine nel quarto si
mantenevano i benefici fiscali previsti per l'acquisto della prima
casa.
Il primo aggiornamento/modifica
all'articolo si ebbe già con la conversione in legge, a cui vennero aggiunti i commi 4 bis, ter e quater che
escludono (tuttora in vigore) l'applicazione dell'imposta sostitutiva e dispongono il
finanziamento per tale esclusione.
In seguito la legge finanziaria 2008
(la legge 244/2007) ha modificato il comma 3 introducendo la
possibilità del debitore e del creditore di pattuire la variazione
senza spese, delle condizioni del contratto di mutuo in essere, mediante scrittura privata anche non autenticata; ed ha aggiunto il
comma 3 bis in cui si prevede che il contratto di mutuo in
essere venga trasferito alla banca surrogante (subentrante) alle
nuove condizioni pattuite, con l'esclusione di penali o altri oneri,
inoltre non possono essere imposte al cliente spese o commissioni per
la concessione del nuovo mutuo relative all'istruttoria e agli
accertamenti catastali, che si svolgono con procedure di
collaborazione interbancaria.
Il recepimento della direttiva Europea
2008/48 relativa ai contratti di credito ai consumatori, ha
introdotto e traslato nel decreto Legislativo 385/1993 (il Testo
Unico Bancario: TUB) i dettami della Legge 40; infatti adesso quelle
disposizioni si trovano nel Titolo VI del Tub all'articolo 120 quater, che in più al comma 7 prevede il termine di trenta giorni entro
cui si deve perfezionare la surrogazione dalla data della richiesta,
pena un indennizzo del'1% dell'importo finanziabile per mese o
frazione di mese di ritardo a favore del debitore-richiedente.
Grandi cambiamenti (peggiorativi
secondo molti analisti) si affacciano all'orizzonte dei primi mesi
del 2016, quando l'applicazione della direttiva 2014/17 Mortgage
Credit Directive potrebbe minacciare la re-introduzione di un
indennizzo (penale) a favore delle banche per l'estinzione anticipata
del mutuo.
Questa è solo un'introduzione all'argomento che sarà
approfondito nelle prossime “puntate” considerato l'alto tasso
(il 64,4% del totale -manca però il dato assoluto- nel I semestre
2015 dati MutuiOnline) di richieste di mutuo finalizzate alla
sostituzione e surroga del contratto in essere, complice il
persistente calo dei tassi d'interesse.
mercoledì 2 settembre 2015
L'imposta di soggiorno: suo gettito
Miei cari affezionati lettori, l'inizio
del mese di settembre sancisce la fine ufficiale delle vacanze
estive, la riapertura delle scuole ed il ritorno dell'articolo del
mercoledì, pubblicato su questo pioneristico blog. L'ambizioso
argomento che qui vorrei trattare (facilmente intuibile dal titolo)
riguarda l'imposta o tassa di soggiorno che abbiamo pagato durante la
nostra permanenza nell'amena località turistica nazionale scelta per
trascorrere le ferie. La necessaria premessa nozionistica prevede una
breve cronistoria sulla nascita ed applicazione del balzello.
Dobbiamo riportarci con la mente al lontano (?) 2009 quando il
Parlamento di allora (era l'inizio del mese di maggio), approvava la
legge numero 42 di Delega al Governo in materia di Federalismo
Fiscale in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. In
estrema sintesi la finalità del provvedimento, da attuare con uno o
più decreti Legislativi di origine Governativa, era ed è quella di
assicurare l'autonomia finanziaria di Comuni, province, città
metropolitane e Regioni, attraverso la definizione di principi
fondamentali di coordinamento con la finanza pubblica. L'imposta di
soggiorno è istituita con l'articolo 4 del Decreto Legislativo
numero 23 del 14 marzo 2011, e prevede la possibilità per i comuni
capoluogo di provincia, l'unione di comuni ed i comuni inclusi negli
elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte; di
istituire, con deliberazione del consiglio, un'imposta di soggiorno
per coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul
proprio territorio, da applicare secondo criteri di gradualità ed in
proporzione al prezzo fino ad un massimo di 5 euro per notte di
soggiorno. Il gettito ricavato sarà destinato a finanziare
interventi in materia di turismo. Un utile approfondimento
sull'argomento è rappresentato dal Rapporto di ricerca annuale
dell'Osservatorio sulla fiscalità locale promosso da Federalberghi
(al quale vi rimando per tutti i dettagli del caso), che si dichiara
fermamente contraria all'imposizione della tassa. Dalla pubblicazione
emerge che sono 735 i comuni che applicano l'imposta di soggiorno o
sbarco (per le Isole) il 9,1% del totale, mentre potenzialmente
potrebbero introdurla il 17,7%, si evidenzia inoltre che la maggior
parte di essi si trova nel nord-est del Paese. Il gettito complessivo
derivato dalla riscossione della tassa è stato di 337,3 milioni di
euro nel 2014 e secondo i bilanci di previsione approvati dagli enti
locali per il 2015 si dovrebbero raccogliere 428 milioni di euro.
Infine la destinazione degli introiti riscossi: finanzia genericamente
attività culturali ambientali che possono tuttavia indirettamente implementare la promozione turistica del territorio.
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