Il commercio elettronico, ovvero
l'acquisto di beni e/o servizi via internet, nel nostro Paese vale
circa 15 miliardi di euro, divisi esattamente a metà, come affermano
i dati stimati dall'Osservatorio B2C Netcomm del Politecnico di
Milano, tra l'acquisto di beni e servizi: quest'anno per la prima
volta sarà raggiunta la parità tra i due segmenti di mercato. Dal
2007 l'incremento complessivo del comparto commerciale digitale, è
stato di tre volte superiore a quello iniziale per quell'anno, si è
passati dai 5,032 mld di Euro del 2007 ai 15,038 mld stimati per
quest'anno. L'intero periodo ha inoltre registrato un progressivo
assottigliamento della percentuale di acquisto dei servizi
(prevalente per i 2/3 del totale), iniziato nel 2012, percentuale
diminuita fino a raggiungere come detto la prevista parità per
quest'anno. Il vero exploit si è registrato nel settore
dell'abbigliamento, il cui contributo all'intero volume di acquisti
digitali equivale a 2,2 mld €: il 15% del totale, tiene
l'elettronica di consumo ed i grandi elettrodomestici, mentre sul
fronte servizi è in flessione il turismo (pacchetti viaggi,
biglietti e prenotazioni on-line) ma resistono invece le
assicurazioni. Infine la maggior parte delle transazioni avviene sui
cosiddetti marketplace alla Amazon, e-Bay, Booking ecc... che
rappresentano il 56% del totale dei luoghi d'acquisto virtuali
visitati dai consumatori Italiani. Nuove realtà e-com (imprese
produttrici e rivenditori specializzati) sono in crescita.
Fino qui la fotografia di questa specifica porzione di mercato in
forte espansione, che rappresenta sicuramente un'importante
opportunità per il consumatore: sia dal lato della maggiore e/o
migliore offerta (si aprono vetrine virtuali su ampie aree
geografiche mondiali) che sul fronte economico: si pensi al prezzo ed
alla concorrenza implicita nello strumento digitale comparativo; a
cui si accompagnano però anche i tipici rischi insiti in ogni
trattativa commerciale fisica: la difettosità del prodotto; la
difformità da quanto pubblicizzato ecc... Per proteggere i
consumatori e riequilibrare parzialmente il potere negoziale tra le
due parti contraenti, “mamma” Europa ha pensato bene di
armonizzare in tutti e 28 Paesi dell'Unione i diritti consumeristici,
in particolare agendo sulla legislazione disciplinante la materia dei
contratti a distanza, per esempio innalzando a 14 giorni lavorativi
il termine utile per esercitare il diritto di recesso nell'acquisto
di un bene o servizio elevabile ad un anno in caso di reticenza
informativa del venditore. Per problemi sorti negli acquisti
transfrontalieri è possibile contattare il Centro Europeo dei Consumatori. É in distribuzione presso la nostra sede l'utile guida:
I diritti dei consumatori on-line pubblicata nell'ambito del progetto
Consumatori 2.0 e per tutto il resto siamo a vostra completa
disposizione.Prossimo sportello: venerdì 12 novembre 2021, dalle ore 15 alle 18. Prenotati allo 039 8943448
mercoledì 27 maggio 2015
mercoledì 20 maggio 2015
L'inflazione e la fiducia dei consumatori
Il quadro economico nazionale dipinto dai dati diffusi
periodicamente dall'Istat, disegna un Paese in affanno, fermo,
scoraggiato: in declino. L'inflazione langue intorno allo 0,2%. Nel
mese di aprile 2015, come rilevato dall'Istituto di statistica con il
valore pubblicato lo scorso 13 maggio, l'indice dei prezzi al consumo
registra un aumento di quest'entità, mentre la sua proiezione
annuale si attesta su una diminuzione dello 0,1% come nei due mesi
precedenti: è il quarto mese consecutivo che l'indice generale
registra una flessione su base annua. Le cose come detto, non vanno
affatto bene, si consideri che tra gli obiettivi della Banca Centrale
Europea c'è quello di stabilizzare il parametro inflattivo al 2%,
questo valore dell'indice dei prezzi è considerato indicativo di una
buona situazione economica e quello registrato nel nostro Paese è di
dieci volte inferiore. Secondo l'Istat questa persistente diminuzione
sarebbe dovuta al calo dei prezzi di beni energetici, di trasporti e
delle comunicazioni. L'elaborazione degli indici dei prezzi al
consumo: il Nic (relativo all'intera collettività) il Foi (per i
consumi registrati dalle famiglie di operai ed impiegati) e l'Ipca
(armonizzato per i Paesi Europei), avviene su rilevazioni
territoriali di prezzo dei beni e dei servizi riuniti in uno
specifico paniere. Sono 80 i comuni che concorrono alla rilevazione
territoriale dell'indice: 19 capoluoghi di regione e 61 capoluoghi di
provincia.
La fiducia dei consumatori assume come base di partenza il valore 100 del 2010 e l'ultimo dato disponibile di aprile 2015 diminuisce a 108,2 dal mese precedente in cui era 110,7. Il generale clima di fiducia dei consumatori espresso anche dai sotto indici che lo compongono: quello economico, personale, corrente e futuro registrano una generale diminuzione: i consumatori Italiani sono sfiduciati: ritengono che l'attuale stato di salute economico sia precario. L'indice viene determinato sottoponendo a 2000 abbonati sorteggiati dall'elenco telefonico e selezionati uniformemente su base territoriale, una serie di domande attraverso le quali possano esprimere il loro giudizio sulla situazione economica della famiglia, le opportunità di risparmio attuali e future, la propensione all'acquisto di beni durevoli e giudizi sul bilancio familiare. Si respira il clima di una crisi che dura ormai dal 2007 e da cui il nostro Paese stenta ad uscirne. Per maggiori approfondimenti sul tema vi rimando al sito Istat dove gli appassionati di statistica potranno soddisfare tutte le loro curiosità.
La fiducia dei consumatori assume come base di partenza il valore 100 del 2010 e l'ultimo dato disponibile di aprile 2015 diminuisce a 108,2 dal mese precedente in cui era 110,7. Il generale clima di fiducia dei consumatori espresso anche dai sotto indici che lo compongono: quello economico, personale, corrente e futuro registrano una generale diminuzione: i consumatori Italiani sono sfiduciati: ritengono che l'attuale stato di salute economico sia precario. L'indice viene determinato sottoponendo a 2000 abbonati sorteggiati dall'elenco telefonico e selezionati uniformemente su base territoriale, una serie di domande attraverso le quali possano esprimere il loro giudizio sulla situazione economica della famiglia, le opportunità di risparmio attuali e future, la propensione all'acquisto di beni durevoli e giudizi sul bilancio familiare. Si respira il clima di una crisi che dura ormai dal 2007 e da cui il nostro Paese stenta ad uscirne. Per maggiori approfondimenti sul tema vi rimando al sito Istat dove gli appassionati di statistica potranno soddisfare tutte le loro curiosità.
mercoledì 13 maggio 2015
Privacy e telefonate indesiderate
Le moderne strategie di Marketing, attuate dalle aziende, si
basano oggi sulla raccolta e l'analisi dei dati: dei cosiddetti Big
Data, ovvero di quella mole
d'informazioni che parte dai nostri dati anagrafici e raggiunge
elementi di profilazione e catalogazione basati sui nostri gusti
alimentari, musicali, cinematografici ecc... Di per sé la raccolta e
la collezione di queste informazioni non è dannosa, ma è l'uso che
l'azienda ne farà che potrà risultare fastidiosa per il cliente e
ripercuotersi negativamente sulla sua attività promozionale. Noi
tutti almeno una volta abbiamo sperimentato sulla nostra pelle
l'invadenza e l'inopportunità di certe telefonate commerciali che
dalla proposta di adesione ad un nuovo contratto di fornitura
energetica, arrivano alla vendita di vini e surgelati. Spesso questi
astuti call-center raccolgono
i numeri telefonici dei malcapitati dagli elenchi pubblici e a meno
che l'utente pubblicato non si sia iscritto nel Registro Pubblico delle Opposizioni, subirà le fastidiose vessazioni dalle più
disparate offerte commerciali. Qualche altra volta è il consumatore
che più o meno consapevolmente conferisce all'impresa
volontariamente il suo numero di telefono, magari quello mobile, ed
in questo caso per ottenere la cancellazione è necessario
richiederlo formalmente al titolare del trattamento: la figura
giuridica prevista dalla legge deputata proprio a questo compito,
chiedendo esplicitamente all'operatore commerciale, attivo dall'altra
parte del filo, chi detenga il nostro dato. Segnalazioni e reclami
possono essere inoltrati direttamente al Garante per la protezione dei dati personali sul cui sito è possibile consultare l'utile guida
da cui ho preso spunto per questo post.
mercoledì 6 maggio 2015
La mediazione e le conciliazioni paritetiche
Il Decreto Legislativo 28 del 4 marzo
2010 dà attuazione all'articolo 60 della Legge numero 69 del 18
giugno 2009, in cui il Parlamento (di allora) delegava il Governo
all'emanazione di uno o più decreti attuativi in materia di
mediazione e di conciliazione delle controversie civili e
commerciali. Lo strumento giuridico prodotto si muove all'interno del
quadro tracciato dalla direttiva Europea 52/2008, elaborata dalla
Commissione ed adottata dal Parlamento e dal Consiglio dell'Unione
Europea con l'intento di risolvere le controversie transfrontaliere
in materia civile e commerciale. La mediazione, nelle intenzioni
dell'Unione, dovrebbe rappresentare un'efficace e rapida risoluzione
delle controversie, alternativa all'ordinario canale giurisdizionale,
a cui si potrebbe sempre ricorrere in caso di fallimento della
procedura. Due o più parti coinvolte in una controversia
deciderebbero volontariamente (vedremo tra breve che in realtà per
alcuni ambiti il ricorso alla mediazione è obbligatorio), di
risolvere il contenzioso con l'aiuto di un mediatore: la persona che
svolge la mediazione in modo efficace, imparziale e competente.
Secondo definizione la mediazione è l'attività svolta da un terzo
imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella
ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una
controversia, anche con formulazione di una proposta per la
risoluzione della stessa. Il percorso che conduce al raggiungimento
dell'accordo tra le parti, si snoda privilegiando tutti i loro
interessi e tralascia in secondo piano le formalità più
strettamente giuridiche: qui l'evidente diversità con il giudizio
processuale condotto in punta di diritto. Fin qui gli aspetti teorici
che hanno guidato i Legislatori nella formulazione delle norme, ora
entriamo più nel dettaglio degli elementi pratici ed attuativi. La
condizione di partenza è naturalmente l'esistenza di un conflitto
tra le parti (per quanto ci attiene il caso tipico è rappresentato
dal consumatore insoddisfatto o leso nei suoi diritti da un'impresa
e/o società commerciale). La strada maestra che ciascuno di noi
potrebbe legittimamente e costituzionalmente imboccare per vedere
rispettati i propri diritti, sarebbe proprio quella della Giustizia.
L'opinione diffusa però, suffragata per altro dalle statistiche che
certo incidono negativamente anche sul rischio d'impresa e
d'investimento, penalizzando così il nostro Paese rispetto ad altre
aree economiche, è l'eccessiva durata dei processi civili (la media
è decennale per i tre gradi di giudizio ammissibili), per non
parlare poi dei costi e dell'aleatorietà intrinseca del giudizio
medesimo. Ecco che allora il ricorso alla mediazione potrebbe trovare
una più rapida soluzione alla controversia (la durata massima
prevista è di 4 mesi), con una potenziale soddisfazione per entrambi
i soggetti ricorrenti, e naturalmente con un vantaggioso contenimento
dei costi. È il decreto ministeriale 180/2010 che disciplina
l'organizzazione e la statuizione degli organismi di mediazione,
inserendoli in un apposito elenco gestito dal Ministero della
Giustizia, la cui iscrizione degli enti preposti (siano essi pubblici
o privati) è vincolata al possesso di specifici requisiti economici
ed etici. Rientrano nella condizione di procedibilità, per cui la
mediazione è obbligatoria, tra le altre, le controversie in tema
condominiale, di locazione, di risarcimento del danno cagionato dalla
circolazione di veicoli, i temi bancario assicurativo e finanziario.
Le conciliazioni paritetiche sono
invece degli accordi (disciplinati da veri e propri protocolli
d'intesa) stipulati tra aziende o loro associazioni rappresentative
ed associazioni di consumatori, che si differenziano dalla mediazione
perché in queste procedure il terzo imparziale è assente, ma la
soluzione viene mediata tra un rappresentante del consumatore (il
conciliatore dell'associazione) e quello dell'impresa che hanno
spesso seguito un comune iter formativo e che possono così
confrontarsi su elementi condivisi. Le più comuni sono quelle in
vigore con le aziende telefoniche ed energetiche (guarda l'elenco completo).
Tutto chiaro? Non esitare a contattarci per ogni evenienza.
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