mercoledì 30 maggio 2018

Cosa sono i PIR (piani individuali di risparmio)?


I piani di risparmio a lungo termine, definiscono una particolare classe di strumenti finanziari che deve rispondere a specifiche caratteristiche definite dalla legge. La norma che ha introdotto questa singolare categoria d'investimento, già diffusa in Francia e nel Regno Unito, è la Legge di Bilancio (Finanziaria 2017) dell'11 dicembre 2016: la numero 232. L'articolo di riferimento è il primo e i commi da considerare vanno dal 100 al 114.
Nella sostanza, gli strumenti finanziari PIR compliance (conformi), possono essere anche quote di fondi, ovvero per dirla tecnicamente: quote di organismi di investimento collettivi del risparmio (OICR), residenti nel territorio dello Stato o in Stati dell'Unione Europea o ancora che aderiscano all'accordo sullo spazio economico Europeo. Questi organismi dovranno investire almeno il 70% del loro attivo in strumenti finanziari (azioni; obbligazioni ecc...) emessi da imprese residenti nel territorio dello Stato o di appartenenti alla Ue o aderenti allo Spazio Economico Ue. Sono valide anche soluzioni di investimento affidate a società di gestione del risparmio amministrato.
Il beneficio per l'investitore è essenzialmente fiscale; infatti se egli mantiene vincolato il patrimonio impiegato, che non potrà superare i 30.000 euro per anno solare (fino a un massimo di 150.000 per l'intera durata dell'investimento), per 5 anni, andrà esente dall'imposizione sui redditi da capitale (aliquota al 26%).
Originariamente la norma, poi modificata dalla legge di bilancio seguente (la Finanziaria 2018), prevedeva un'ulteriore limitazione alla libertà di scelta degli strumenti finanziari su cui investire; infatti di quel 70% investito in imprese nostrane, almeno il 30% doveva essere impiegato per acquisire azioni emesse da piccole e medie imprese: ovvero quelle quotate in segmenti di mercato finanziario diversi dal Ftse Mib, quali per esempio il Mid e lo Small Cap e l'Aim di Piazza Affari. Con l'intento politico di dare slancio ad un canale di finanziamento alternativo a quello bancario per le piccole e medie imprese e di rilanciare il ciclo economico.
I dati sullo stato di diffusione dei Pir, ci derivano da una ricerca svolta da Assogestioni (l'associazione che rappresenta le società di gestione del risparmio), relativa al primo anno di commercializzazione (2017) di questi strumenti finanziari e pubblicata in occasione dell'edizione di aprile del Salone del Risparmio. Da essa emerge che in un anno i Pir hanno raccolto 11 miliardi di euro, portando a quota 15,8 miliardi totali l'intero patrimonio a fine 2017 (nel conteggio sono compresi strumenti pre-esistenti al varo della norma). La quota investita in Pmi è pari al 43% (6,8 miliardi) mentre rimane ancora bassa la parte (2 miliardi) investita in obbligazioni di piccole imprese, prevale l'acquisto di emissioni di grandi società.
L'attenzione va tenuta alta sulle commissioni di gestione e sulla scarsa diversificazione, che possono rappresentare i due elementi sfavorevoli per l'investitore.

mercoledì 23 maggio 2018

Il prezzo dei carburanti


I mezzi di trasporto pubblici e privati che congestionano il traffico delle nostre città e contribuiscono all'inquinamento dell'aria respirabile con l'immissione in atmosfera del micidiale particolato e di tutti i gas serra che influenzano pericolosamente i cambiamenti climatici, si muovono grazie alla combustione dei prodotti petroliferi. Essi derivano, semplificando, dall'attività di raffinazione del petrolio e comprendono, per citare i più diffusi: la benzina senza piombo; il gasolio per auto; il GpL e il gasolio da riscaldamento. Conseguentemente il loro prezzo è strettamente correlato alle quotazioni internazionali della materia prima da cui derivano.
La struttura del prezzo alla pompa distributrice si compone di tre voci di costo: il prezzo del prodotto raffinato (benzina, gasolio ecc...); l'accisa e l'Iva. La tanto vituperata accisa (dal latino accidere: “cadere sopra”) è un'imposta applicata sulla produzione e vendita di alcuni prodotti di consumo e incide attualmente sul prezzo finale di un litro di benzina per più del 40%. L'ammontare di questa tassa indiretta (che paga il produttore scaricandola sul consumatore finale), è determinato da provvedimenti legislativi ed attuato dal Direttore dell'Agenzia delle dogane. L'ultimo aggiornamento risale al 9 agosto 2012 quando per dare attuazione alla legge di bilancio (finanziaria 2012: la prima targata Monti), il direttore dell'agenzia delle dogane, al fine di reperire un gettito di 65 milioni di euro, stabilito dalla legge, ha aumentato il valore dell'accisa per la benzina a 0,7284 €/litro e per il gasolio a 0,6174 €/litro. Il precedente valore di costo era rispettivamente 0,413 €/litro per la benzina senza piombo e 0.016 €/litro per il gasolio di autotrazione (D.L.vo 504/1995).
Sono previsti infine ulteriori imminenti ritocchi verso l'alto: è la finanziaria per il 2015 (la prima emanata dal governo Renzi) a prevederli: con decorrenza I gennaio 2018. La pubblicazione della determinazione del direttore dell'Agenzia delle Dogane e Monopoli (ancora attesa), fisserà il valore delle accise su benzine e gasoli usati come carburanti, in modo da ottenere maggiori entrate per almeno 350 milioni di euro e così anche per gli anni successivi; prepariamoci quindi ad un ulteriore aumento dei prezzi.
Il Ministero dello Sviluppo Economico, in forza dell'articolo 51 della legge 99 del 2009 e dei relativi provvedimenti attuativi (l'ultimo Decreto Ministeriale è del 17 gennaio 2013), che obbliga i gestori di tutti gli impianti di distribuzione di carburante dell'intera rete stradale nazionale a comunicare settimanalmente i prezzi dei prodotti petroliferi venduti; monitora il mercato dei carburanti e fornisce un utile strumento di osservazione e comparazione dei prezzi consultabile dall'apposita applicazione OsservaPrezzi. Inoltre pubblica, sul sito web istituzionale, ogni lunedì, il prezzo medio nazionale dei prodotti petroliferi rilevati la settimana precedente, suddividendolo per le tre componenti che lo formano: il prezzo industriale (variabile e direttamente collegato alle quotazioni dell'oro nero); l'accisa e l'iva. Da questi dati statistici si può rilevare, da una prima e superficiale lettura, un costante e progressivo aumento del prezzo dei carburanti almeno dalla fine di febbraio 2016 quando per un litro di benzina si pagava 1,361 euro/litro contro l'1,623 euro/litro di lunedì 21 maggio 2018 (ancora lontano per fortuna da 1,878 euro/litro registrato il 17 settembre 2012), in cui l'accisa pesa per 0,728 euro/litro.