Il tema del rimborso sull'ammontare
dell'assegno pensionistico, è tornato all'onore delle cronache
grazie ad un misero e grottesco servizio televisivo trasmesso da
canale 5 nel programma Striscia la Notizia il 10 ottobre 2016.
La vicenda si riferisce alla
possibilità di avviare presso l'INPS e di proseguire eventualmente
nelle aule giudiziarie, la richiesta di rimborso per il mancato
adeguamento all'inflazione (perequazione) del proprio assegno
pensionistico.
Il decreto legge emanato dal Governo
Monti il 6 dicembre 2011 (il n.201), contenente alcune disposizioni
urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti
pubblici (convertito nella legge n.214 il 22 dicembre 2011), ha
previsto, con il lunghissimo articolo 24, che fa capo alle misure di
riduzione per la spesa pensionistica, al comma 25, la modifica del
meccanismo di rivalutazione automatica del trattamento pensionistico,
fino ad allora regolato dalla legge 388 del 2000. In sintesi, la
norma, ha riconosciuto per gli anni 2012 e 2013, la piena
perequazione pensionistica, applicata nella misura del 100%, ai
soli trattamenti d'importo complessivo fino a tre volte il
trattamento pensionistico minimo INPS e l'ha invece bloccata per
tutti gli altri assegni d'importo superiore.
La Corte Costituzionale, con la sentenza numero 70 del 30 aprile
2015, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di questa
disposizione legislativa, ed il Governo Renzi, con il decreto legge 65/2015, ha corretto il tiro, tentando con l'articolo 1, di dare
attuazione ai principi enunciati dalla Consulta. Il nuovo comma 25 ha
sbloccato l'adeguamento pensionistico secondo specifici coefficienti
percentuali, nel dettaglio: ha fissato nella misura del 40%
l'adeguamento per gli assegni superiori a tre volte il minimo; al 20%
per quelli superiori a quattro volte il minimo e pari o inferiori a
cinque; al 10% quelli superiori a cinque volte il minimo ma pari o
inferiori a sei ed infine ha lasciato completamente bloccato
l'adeguamento al potere d'acquisto certificato dall'Istat, le
pensioni d'importo superiore a sei volte il trattamento minimo INPS.
Questa correzione ha originato i famosi rimborsi una tantum comparsi
nei “cedolini” pensionistici di agosto 2015, ma che alcuni esimi
giuristi hanno considerato inadeguati e non pienamente attuativi
delle disposizioni sancite nella sentenza della Corte Costituzionale
ed hanno perciò proposto ricorso in alcuni Tribunali.