mercoledì 15 novembre 2017

Il caso della TARI gonfiata: come ottenere i rimborsi

La TARI è la tassa sui rifiuti, istituita con la legge 147 del 2013 (Legge di Stabilità 2014), che ha sostituito la TARES in vigore solo per l'anno 2013 a sua volta erede delle più antiche TARSU, TIA1 e TIA2. Il presupposto per la sua applicazione, è il possesso o la detenzione, a qualsiasi titolo, di locali o aree scoperte operative, suscettibili di produrre rifiuti urbani ed è calcolata e corrisposta in base ad una tariffa riferita all'anno solare, determinata con il cosiddetto criterio normalizzato, previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 158/1999. L'importo di questo tributo è definito con delibera regolamentare del Consiglio Comunale e rinnovato annualmente con un'analoga decisione dell'assemblea cittadina. In particolare la metodologia tariffaria si articola in quattro fasi: nella prima si individuano e classificano i costi del servizio (la tassa dovrà sostenerli interamente); nella seconda fase avviene la suddivisione tra costi fissi e variabili; nella terza la ripartizione dei costi è basata sulla tipologia di utenza (domestica e non domestica) e nell'ultima (quella su cui focalizzeremo l'attenzione) avviene il calcolo delle voci tariffarie fisse e variabili, da attribuire alle singole tipologie di utenza, secondo formule e coefficienti definite dal metodo illustrato nell'allegato 1 del DPR 158/1999.
L'interrogazione parlamentare. Il caso dei costi gonfiati è tornato all'ordine del giorno lo scorso 18 ottobre 2017, quando il Sottosegretario di Stato all'Economia e alle Finanze Pier Paolo Baretta ha risposto ad un'interrogazione formulata dal deputato pentastellato Giuseppe L'Abate. L'esponente grillino, richiamando un articolo apparso su Il Sole 24 ore del 4 dicembre 2014, in cui si evidenziavano errori nel calcolo della quota variabile della Tari applicata alle utenze domestiche, commessi da vari Comuni; ha chiesto ai Ministri dell'Economia e dell'Ambiente, se: “la quota variabile della Tassa sui Rifiuti (TARI) vada calcolata una sola volta per tipologia di occupazione (per esempio per un'utenza domestica), pur se questa risulti costituita da più superfici”. La risposta del Sottosegretario è stata affermativa: si, la componente variabile della tariffa, che tiene conto del numero di occupanti gli immobili, a differenza della quota fissa che viene invece calcolata sull'estensione superficiale; deve essere applicata una sola volta sull'intera superficie immobiliare, comprendente quella propria dell'abitazione e la somma di quelle rappresentate dalle singole pertinenze: cantine; solai e box. Tutti quei Comuni che nei loro regolamenti abbiano adottato una metodologia di calcolo diversa (per esempio quello di Milano valuta la quota variabile anche sulla superficie dei box considerando il numero di occupanti proporzionato all'estensione dell'autorimessa), hanno determinato dei sovracosti ingiustificati che dovranno essere rimborsati ai loro contribuenti e naturalmente, questi Enti Locali, dovranno correggere i loro regolamenti con la probabile conseguenza però di aumenti generalizzati sulla quota fissa unitaria (euro/metro quadro) per il prossimo futuro.
Il rimborso. Il punto di partenza per verificare l'esistenza del presupposto su cui basare la richiesta di rimborso (che può spingersi fino al tributo esposto nel 2012: prescrizione del diritto quinquennale), è l'analisi del regolamento Comunale disciplinante la determinazione della TARI. In particolare si dovrà valutare se nel calcolo della tariffa per le utenze domestiche, la quota variabile (che tiene conto del numero di occupanti), sia applicata alla sola superficie dell'abitazione (come avviene per esempio nei Comuni di Monza, Seregno e altri dove per le pertinenze è considerata la sola quota fissa), e per estensione dell'autentica interpretazione Ministeriale a tutta la superficie lorda dell'immobile (abitazione+pertinenze): conteggiata una sola volta; o se invece illegittimamente tale quota variabile venga calcolata più volte per più superfici pertinenziali. Una volta individuato il presupposto si potrà procedere con la richiesta di rimborso formale rivolta al Comune di competenza, se si dovessero incontrare resistenze opposte dall'Ente, si potrà adire la Commissione Tributaria Provinciale. Sono aperte le trattative per l'istituzione di un tavolo di conciliazione Anci – Associazioni dei Consumatori per cercare una composizione bonaria del contenzioso ricorrendo ai noti organismi di mediazione.
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