mercoledì 9 dicembre 2015

Il “Salva Banche”: prove tecniche di Bail-in


visualizza il pdf

Nella riunione domenicale del Consiglio dei Ministri del 22 novembre 2015, il Governo ha proposto al Presidente della Repubblica l'emanazione del Decreto Legge n.183/2015 dal titolo: “Disposizioni urgenti per il settore creditizio” subito ribattezzato “Salva Banche” entrato in vigore il giorno seguente: lunedì 23 novembre 2015.
Il provvedimento legislativo detta le regole per risolvere il grave stato di insolvenza di 4 banche Italiane, che insieme rappresentano, per numero di clienti, di patrimonio dei depositi e di strumenti finanziari gestiti, l'1% dell'intero sistema creditizio Italiano: Banca Marche S.p.a, Banca Etruria e del Lazio Società Cooperativa, Cassa di Risparmio di Ferrara S.p.a e Cassa di risparmio della provincia di Chieti S.p.a. I 4 enti si trovavano già in uno stato di commissariamento determinato ed amministrato dalla Banca d'Italia (le cause scatenanti saranno oggetto dei prossimi post Ndr) ed il meccanismo di risoluzione qui proposto si muove all'interno della cornice disegnata dalla direttiva Europea 2014/59/UE (Bank Recovery and Resolution Directive BRRD). Attuata nel nostro ordinamento con il Decreto Legislativo 180/2015 del 16 novembre scorso, cosiddetta del Bail-in: perché dal I gennaio 2016 gli enti creditizi e le imprese di investimento che si trovassero in uno stato di crisi finanziaria, saranno garantiti e risanati con il patrimonio detenuto dagli azionisti, dagli obbligazionisti e dai correntisti con depositi liquidi superiori a 100 mila euro. Questa nuova modalità risolutiva si contrappone a quella finora adottata di Bail-out in cui era l'intervento Pubblico a sanare le insolvenze creditizie innescate dal dilagante crollo economico iniziato alla fine del 2007.
Il nuovo meccanismo di risoluzione istituisce 4 banche ponte (Bridge-Bank o anche Good Bank), aventi la forma societaria di S.p.a, a cui sono conferite tutte le attività “buone” degli enti in liquidazione (depositi, lavoratori, crediti ecc...), con capitale interamente detenuto dal Fondo Nazionale di Risoluzione (ex art.78 D.L.vo 180/2015): Nuova Banca Marche S.p.a (capitale da 1,041 mld € ripartito in 10 mln di azioni); Nuova Banca dell'Etruria e del Lazio S.p.a (442 mln € per 10 mln di azioni); Nuova Cassa di Risparmio di Ferrara S.p.a (191 mln € per 10 mln di azioni) e Nuova Cassa di Risparmio di Chieti S.p.a (141 mln € per 10 mln di azioni). La Banca d'Italia con proprio provvedimento adotterà lo Statuto di queste 4 nuove società e nominerà i componenti degli organi di amministrazione e controllo. La sede legale sarà per tutte in via Nazionale 91 ed avranno un unico presidente: Roberto Nicastro. L'attività bancaria dei 4 nuovi istituti sarà esercitata senza soluzione di continuità con quella operata dai vecchi enti posti ora in liquidazione coatta amministrativa ed avrà la finalità di costituire solide realtà bancarie pronte per l'acquisizione da parte di Istituti creditizi di più grandi dimensioni e con un maggiore volume d'affari. Tutte le perdite di esercizio accumulate nel corso delle pessime gestioni succedutesi nel corso di tutti questi anni e che hanno portato queste banche al fallimento, rappresentate principalmente da crediti sofferenti, inesigibili (No performing loans NPL), saranno invece tutti trasferiti in una sola Bad-Bank (ente privo di licenza bancaria), dopo essere stati svalutati a 1,5 mld € dagli originali 8,5 Mld, ed una volta che saranno assorbite le perdite di azioni ed obbligazioni subordinate ora azzerate, saranno ceduti ad imprese specializzate nella riscossione del credito, per retrocedere il ricavato al Fondo di Risoluzione Nazionale.
Il Decreto Legge rappresenta un primo assaggio di quello che sarà lo scenario del mercato finanziario dal prossimo I gennaio 2016 in cui gli investitori saranno chiamati a rispondere con il proprio patrimonio alla mala gestio nell'amministrazione di enti creditizi ed imprese di investimento. Per evitare di giungere al traguardo impreparati tutti i soggetti operanti nel mercato finanziario dovranno svolgere diligentemente il proprio ruolo, improntarlo ad una maggiore eticità nei comportamenti di promotori/venditori/intermediari e verso una più larga diffusione, soprattutto tra i piccoli risparmiatori, di una migliore e più profonda cultura finanziaria. In questo frangente sono 130 mila i risparmiatori coinvolti ed è allo studio la costituzione di un fondo governativo da 100 mln di euro che potrebbe ristorare i più danneggiati, ma la prossima volta questo sostegno mancherà.
La nostra associazione è attiva nel vasto settore del risparmio e possiamo verificare se l'acquisto dei titoli ora azzerati (azioni ed obbligazioni subordinate emesse dalle 4 banche in questione) sia avvenuto nel rispetto di tutte le norme previste dalla legge che obbligano gli intermediari ad un rigido dovere informativo verso il cliente. Contattaci per tutte le necessità del caso.

mercoledì 2 dicembre 2015

CBILL: il sistema di pagamento digitale delle bollette

CBILL è un servizio di consultazione e pagamento on-line di bollette, tasse, multe, bolli, ticket sanitari e altro ancora emesse dai cosiddetti fatturatori: le aziende di servizi e le Pubbliche Amministrazioni. Attraverso l'home banking e gli altri canali digitali operativi attivati sul nostro conto corrente (smartphone, tablet e ATM), resi disponibili dal proprio istituto finanziario, è possibile, una volta ricevuta la richiesta di pagamento, assolvere all'obbligo in modo rapido e sicuro. Il servizio è ideato e gestito dal Consorzio CBI (Customer to Business Interaction) che ne definisce in ambito cooperativo le regole, gli standard tecnici e normativi. I consorziati aderenti sono più di 600 istituti finanziari che servono 15 milioni di utenti attivi su Internet Banking e 5 milioni sul Mobile Banking, il sistema punta ad una completa dematerializzazione della fatturazione . Attualmente il pagamento on-line è possibile solo se il fatturatore ha un accordo specifico con la nostra banca mentre con CBILL è possibile consultare e pagare ogni bolletta su qualsiasi conto in pochi secondi e con il canale digitale che preferiamo: internet, smartphone, tablet e ATM. Inoltre chi riceve il pagamento ha la possibilità di gestire automaticamente i dati che gli servono per riconoscere la nostra operazione senza possibilità di errore. Se consideriamo che annualmente in Italia vengono stampati e recapitati 630 milioni bollettini, la loro digitalizzazione introdurrebbe un rilevante risparmio energetico, quantificato in una diminuzione delle emissioni di CO2 (anidride carbonica) pari a 21.420 tonnellate solo per la produzione della carta necessaria, a cui si aggiungerebbero quelle risparmiate nei processi di stampa e consegna. Perciò forza miei cari lettori fatevi sotto: un po' di coraggio e preparatevi a sperimentare nuove ed evolute modalità di pagamento, che in caso di problemi siamo preparati ad offrirvi tutta la tutela possibile.

mercoledì 25 novembre 2015

La guerra del latte

Questo è l'allarmante titolo usato da Coldiretti per pubblicizzare tra l'opinione pubblica ed i consumatori Italiani, la battaglia commerciale che sta conducendo contro le principali aziende di trasformazione lattiero-caseario (vedi alla voce Lactalis) per il basso prezzo d'acquisto fissato alla stalla del litro di latte, sceso nel mese di ottobre a 34 centesimi/€ al litro, insufficiente persino per coprire le spese di produzione: comprese tra i 38 e 41 cent/€ litro nelle stalle della Lombardia. La contestazione degli allevatori ha raggiunto anche gli uffici dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), dove il 13 novembre scorso è stato “protocollato” un dossier pubblicato dalla stessa Coldiretti, che fotografa lo stato dell'intera filiera. Sulla scorta delle decisioni assunte dalle omologhe Autorità Francese e Spagnola (che hanno multato le aziende nazionali per pratiche anticoncorrenziali), gli allevatori nostrani auspicano che anche nel nostro Paese sia fatta piena luce sulla liceità e legittimità delle pratiche commerciali adottate dalle grandi multinazionali del latte. Roberto Moncalvo (presidente di Coldiretti) sostiene che durante il passaggio dalla stalla allo scaffale il prezzo per un litro di latte aumenti di 4 volte, determinando enormi profitti per le aziende di trasformazione e distribuzione, a scapito dei produttori, mentre una maggiore equità nella suddivisione dei margini di guadagno tra tutti gli attori del comparto, favorirebbe l'intera economia di settore senza gravare sul portafoglio del consumatore finale.

mercoledì 18 novembre 2015

Olio di oliva: classificazione e frodi

La redazione di questo post trae origine dalla notizia diffusa alla stampa, lo scorso 13 novembre 2015 dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust – AGCM), sull'avvio di sette istruttorie volte all'accertamento dell'eventuale adozione di pratiche commerciali scorrette da parte di alcune aziende commercianti in Olio di oliva, che avrebbero venduto prodotto etichettato come Olio Extra-vergine di Oliva ma risultante, da analisi di laboratorio condotte dall'Agenzia delle Dogane e Monopoli, di qualità inferiore. I prodotti oggetto d'indagine sono: “Carapelli il frantoio”; “Bertolli Gentile”; “Sasso Classico”; “Carrefour Classico”; “Cirio 100% Italiano”; “De Cecco Classico”; “Prima Donna Lidl”; “Pietro Corricelli Selezione” e “Santa Sabina”.
La notizia ci da lo spunto per approfondire i criteri e le normative in vigore usate per la classificazione degli oli di oliva. Iniziamo proprio con la definizione del prodotto: la legge riconosce come oli di oliva vergini solo quelli ottenuti dal frutto dell'olivo, sottoposto a processi di spremitura che non causino alterazioni dell'olio e che non comprendano altri trattamenti diversi dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione. Gli elementi considerati per una loro classificazione sono: il punteggio organolettico (assegnato dalla commissione ufficiale di degustazione) e da un esame chimico-fisico del prodotto il cui risultato è espresso come contenuto di acido oleico. Per esempio l'extra-vergine di oliva (il più pregiato) si caratterizza per un punteggio organolettico che supera 6,5 ed un contenuto di acidità di 0,80 gr. di acido oleico per 100 gr. di olio. La qualità vergine invece raggiunge un punteggio massimo di 5,5 con una maggiore acidità: 2 gr di acido oleico per 100 gr. di prodotto.
La vendita degli olii d'oliva vergine deve avvenire mediante recipienti dalla capacità massima di 5 litri dotati di un sistema di chiusura che perda la sua integrità dopo il primo utilizzo, inoltre in etichetta devono essere indicati: la denominazione di vendita (extra, vergine ecc...); il nome del produttore e la sede di produzione o confezionamento; la quantità nominale; il lotto; il termine minimo di conservazione; l'origine delle olive e dell'olio indicando il Paese di provenienza se Europeo o extra.
La frode più usuale nel settore oleario è quella di miscelare olio di semi con quello di oliva e di farlo passare come extra-vergine con l'aggiunta di additivi quali clorofilla e batacarotene. L'adozione di alcune precauzioni durante l'acquisto di olio di oliva possono diminuire il rischio per il consumatore d'incappare in frodi e queste sono: leggere con attenzione l'etichetta e diffidare dalle confezioni che ne sono prive, valutare il rapporto qualità/prezzo, evitare la vendita porta-a-porta: spesso son persone che smerciano miscele di olii, cercare aziende che per serietà e notorietà possano ispirare fiducia sulla qualità dell'olio venduto.

mercoledì 11 novembre 2015

L'Arbitro Bancario Finanziario (ABF)

L'Arbitro Bancario Finanziario (ABF) è un organismo indipendente ed imparziale nelle sue decisioni, sostenuto nel suo funzionamento dalla Banca d'Italia. Istituito nel 2009 in attuazione dell'articolo 128 bis del Testo Unico Bancario (TUB), introdotto dalla legge sul risparmio n.262/2005, svolge la primaria attività di risoluzione stragiudiziale delle controversie, che possono sorgere tra i clienti di banche e di intermediari dei servizi bancari e finanziari. Il sistema è organizzato in tre collegi territoriali: Milano; Roma e Napoli ciascuno dei quali formato da cinque membri: il presidente e quattro consiglieri. Il Presidente e due consiglieri sono designati dalla Banca d'Italia, uno dalle associazioni degli intermediari e l'ultimo dalle associazioni che rappresentano i clienti (imprese e consumatori). Il Collegio di coordinamento decide su ricorsi di particolare rilevanza o che abbiano generato nei tre collegi territoriali orientamenti diversi, in modo da uniformarne le decisioni. Esso si compone dei tre Presidenti territoriali, un membro indicato dal Conciliatore Bancario Finanziario (associazione degli intermediari) appartenente ad un collegio territoriale e da un rappresentante dell'associazione dei clienti. Tutti gli organi decisori sono supportati nella loro attività dalle segreterie tecniche, che vagliano la regolarità e l'ammissibilità dei ricorsi.
Il primo passo da compiere in caso di controversia con la propria banca o intermediario di servizi bancari finanziari, è quello di spedirgli un reclamo. La banca dovrà rispondere entro 30 giorni, nel caso il temine fosse però disatteso o la risposta risultasse insoddisfacente, si potrà attivare (entro 12 mesi dalla data di spedizione dell'esposto) la procedura presso l'Arbitro. Le materie oggetto di ricorso saranno tutte quelle riguardanti operazioni e servizi bancari come mutui, conti corrente prestiti personali ecc..., saranno invece escluse quelle riferite ad attività d'investimento come l'acquisto e la vendita di azioni o di altri strumenti finanziari. Le decisioni dell'ABF non sono però vincolanti come quelle del giudice: se non trovano applicazione l'unica sanzione prevista per l'intermediario inadempiente è il pubblico dileggio; infatti egli dovrà, a sue spese, pubblicare su almeno due quotidiani nazionali di larga diffusione, l'inadempienza alla decisione arbitrale ed il suo nome comparirà anche nell'elenco degli inadempienti consultabile nella sezione del sito web dedicata. Per tutti gli approfondimenti del caso vi rimando alla consultazione dell'utile sito ABF in cui è possibile consultare le decisioni dei collegi raggruppati per temi d'interesse e seguire il percorso guidato alla presentazione del reclamo. Possiamo prestarvi assistenza nella compilazione delle richieste, supportate dalle relative motivazioni, da presentare all'Arbitro nel modulo di ricorso predisposto.

mercoledì 4 novembre 2015

Il canone Rai in bolletta

Nella prossima legge di stabilità (la norma che detta le disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), il canone della Rai sarà ridotto a 100 euro dagli attuali 113,50 e sarà addebitato direttamente nella bolletta elettrica. Per la verità attualmente di sicuro c'è solo l'annuncio diffuso pubblicamente dal premier Matteo Renzi nella sua intervista rilasciata al programma In Mezz'ora di Lucia Annunziata dello scorso 4 ottobre, perché il provvedimento normativo, che si trova ora nella sua forma di Disegno di Legge, dovrà essere esaminato ed approvato dal Parlamento e solo dopo questo vaglio diventerà legge.
Il canone Rai è un'imposta sulla detenzione di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione dei programmi televisivi, istituita con il Regio Decreto Legge n.246 del 21 febbraio 1938. La richiesta del suo pagamento è basata sulla presunzione che in ogni abitazione sia presente almeno un televisore. L'ammontare dell'evasione di questa tassa, è stimato intorno ai 600 milioni di euro.
L'idea dell'addebito in bolletta ha già trovato fermi oppositori tra i produttori e fornitori di energia elettrica riuniti nell'associazione di categoria Assoelettrica, che tramite il proprio presidente Chicco Testa, ha espresso tutte le avversità alla proposta, che delineerebbe un ruolo di riscossore d'imposte incompatibile per le aziende elettriche, dedite ad un'attività di tutt'altra natura. Anche le associazioni dei consumatori esprimono la loro contrarietà alla nuova modalità di riscossione del canone, che si complicherebbe ulteriormente nel caso di stati di morosità e d'insolvenza dei consumi elettrici, inoltre non è sempre vero che ad ogni utenza elettrica corrisponda il possesso di una televisione e ancora: come si potrà scorporare la quota di canone da quella dell'elettricità nel caso di mancato possesso dell'apparecchio o di disdetta?
La mia opinione in merito è che la tassa sia ingiusta e che finanzi esclusivamente un servizio pubblico dai connotati sempre più simili a quello privato. La legge di riforma della Rai dovrebbe essere l'oggetto vero del dibattito e solo dopo si potrebbero valutare le forme del suo finanziamento.

mercoledì 28 ottobre 2015

I servizi telefonici premium e le pratiche commerciali scorrette

I servizi telefonici premium sono rappresentati dalla mera fornitura di contenuti sul proprio smartphone (quali immagini, video, servizi Sms, Chat ecc...), che vengono addebitati direttamente sul conto telefonico della sim prepagata o in bolletta nel caso di abbonamento. La loro attivazione avviene comunemente navigando su internet in mobilità e spesso in modo inconsapevole, come appurato dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nell'istruttoria avviata a giugno 2014 nei confronti dei principali operatori di telefonia mobile attivi nel nostro Paese: Tim; Vodafone; Wind e H3G. Indagine partita dalle segnalazioni di alcune associazioni di consumatori e degli stessi utenti/clienti delle società telefoniche vittime di addebiti ingiustificati. La pratica commerciale che si configura prevede la partecipazione di tre soggetti: l'operatore telefonico; il produttore di contenuti e l'ignaro consumatore. Sono le azioni e le preferenze di navigazione di quest'ultimo che innescano l'operazione: egli infatti può essere “guidato” verso siti internet su cui sono pubblicizzati, sotto forma di banner, contenuti accattivanti spesso caratterizzati dall'allettante sfondo erotico e l'utente più o meno consapevolmente (è sufficiente un semplice click: basterà sfiorare l'annuncio) potrà trovarsi abbonato a quel tal servizio. A quel punto l'azienda telefonica, su richiesta del fornitore di contenuti, addebiterà i costi del servizio direttamente sul conto telefonico del malcapitato, che solo allora si accorgerà del suo nuovo status di abbonato. Tale attività è stata ritenuta scorretta dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che l'ha sanzionata mediante la sua delibera n.25265 del 13 gennaio 2015, imponendo agli operatori telefonici di sanare la scorrettezza di questa pratica commerciale predisponendo una propria landing page (una cosiddetta pagina di atterraggio) visualizzabile dal consumatore ogni qualvolta egli stia per sottoscrivere un servizio premium, su cui si rendano trasparenti tutte le operazioni che stanno per compiersi ed i relativi costi connessi, in modo da tutelare l'utente. Tale provvedimento è stato però disatteso da tre dei quattro colossi telefonici coinvolti nell'istruttoria (solo H3G secondo l'Agcm avrebbe ottemperato al provvedimento dal I ottobre 2015) e sono stati tutti sanzionati il 14 ottobre scorso al pagamento di una somma complessiva di 733 mila euro così suddivisa: 538 mila a Tim; 350 mila a Wind; 400 mila a Vodafone e 400 mila a H3G. Perciò mio caro lettore consumatore se anche tu sei rimasto vittima di questa pratica commerciale scorretta non esitare: contattaci e ti forniremo tutta l'assistenza necessaria per recuperare il maltolto.

mercoledì 21 ottobre 2015

I fondi pensione e la Covip

Le riforme del sistema pensionistico pubblico, succedutesi nel corso di tutti questi anni: dalla famosa riforma Dini (degli anni '90) alla più attuale legge Fornero, hanno sostanzialmente determinato un aumento dell'età pensionabile ed una diminuzione dell'assegno percepito dai neo pensionati. Il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo ha spinto molti lavoratori a pianificare una rendita aggiuntiva per il futuro, da riscuotere raggiunta l'età di ritiro dal mercato del lavoro: il cosiddetto secondo pilastro: la previdenza complementare. Il quadro normativo di riferimento è delineato dal D.L.vo 252/2005 e prevede diverse tipologie di forme pensionistiche complementari. In linea generale il meccanismo di funzionamento dei fondi è il seguente: il contributo del lavoratore, sommato a quello del datore di lavoro (in caso di lavoratore dipendente) e al rendimento dell'investimento sui mercati finanziari (al netto dei costi di gestione), formeranno la posizione individuale, che trasformata in rendita al momento del pensionamento costituirà la pensione complementare. Esistono i Fondi Pensione Negoziali che sono istituiti dai sindacati dei lavoratori e dalle associazioni dei datori di lavoro nell'ambito della contrattazione nazionale (ad esempio il fondo Cometa dei metalmeccanici appartiene a questa categoria); i Fondi Pensione Aperti che sono invece istituiti da Banche, assicurazioni, Società di Gestione del Risparmio (SGR) ed intermediazione mobiliare (SIM) e poi ci sono i cosiddetti PIP: i piani individuali pensionistici di tipo assicurativo gestiti dalle imprese assicurative. La scelta tra le diverse categorie di fondi pensione sarà guidata dalla posizione lavorativa dell'aderente (lavoratore dipendente, autonomo o con contratti atipici) ed all'interno di ciascuna di esse la scelta dello strumento potrebbe essere condotta anche dal valore dell'indice dei costi di ciascun Fondo, sintetizzato nell'ISC (l'indice sintetico dei costi). A vigilare su tutto il sistema pensionistico complementare, fondato su un insieme di regole volte alla tutela del risparmio pensionistico, c'è la Covip (la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione) che è una vera e propria Autorità di settore. Per approfondire l'argomento vi rimando all'utile guida introduttiva da cui ho preso spunto per questo post e a tutta l'area divulgativa del sito Covip.

mercoledì 7 ottobre 2015

Alzheimer e ricoveri in RSA

Il 21 settembre è la giornata mondiale per la lotta all'Alzheimer, una malattia degenerativa che colpisce le cellule cerebrali inducendo nel malato uno stato di demenza. Non esistono ancora farmaci in grado di debellare la malattia, che può essere al momento solo rallentata. In Italia sono più di un milione e duecentomila le persone con demenze e nella nostra provincia (quella di Monza e Brianza) se ne contano 7.298 over 65enni, di cui circa 5.000 affetti da Alzheimer. Nella maggioranza dei casi i malati sono difficilmente accudibili a domicilio dal proprio nucleo familiare perché richiedono una costante e permanente assistenza e cura, così, spesso, si decide per il ricovero in apposite strutture attrezzate: le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA).
Le strutture socio-sanitarie, nel nostro Paese, sono 6.526 di cui il 77% risultano private accreditate ed il restante 23% pubbliche. Tra esse si annoverano sia quelle sanitarie-assistenziali, in cui si erogano anche prestazioni sanitarie, che quelle puramente assistenziali in cui trovano invece ricovero anziani autosufficienti bisognosi solo di socialità. Nelle prime (quelle socio-sanitarie) le prestazioni mediche sono a carico del Sistema Sanitario Nazionale, mentre il malato paga solo il costo della quota di soggiorno per vitto e alloggio: la cosiddetta quota alberghiera. Tale quota parte potrà essere corrisposta, dipende dai casi, dal Comune di residenza sottoforma di contributo, proporzionato all'Isee del ricoverato, il cui metodo di calcolo è stato recentemente modificato.
Il costo della retta giornaliera del ricovero in RSA deve essere a carico esclusivamente del ricoverato, sostiene l'avvocato Giovanni Franchi di Confconsumatori Parma, le strutture non possono rivalersi sugli obbligati per legge (ovvero i parenti fino al quarto grado) nel caso d'indigenza del malato stesso, ma nella maggior parte dei casi ai familiari viene fatta sottoscrivere una “promessa di pagamento” che avrà efficacia in caso le sostanze dell'assistito diventassero insufficienti. Questo in linea generale per tutti i ricoveri, ma c'è di più: secondo l'avvocato Franchi; infatti i malati di Alzheimer ed i loro parenti non dovrebbero versare alcuna retta alle RSA, lo stabilisce una sentenza della Corte di Cassazione (la n. 4.558 del 2012), che ha ribadito come nel caso dell'Alzheimer le prestazioni socio-assistenziali siano inscindibili da quelle sanitarie e perciò tutto il costo del ricovero dovrebbe essere erogato dal Sistema Sanitario Nazionale.
Per affermare questo principio tuttavia è necessario agire giudizialmente contro la RSA e la nostra associazione può assistervi nell'impresa, chissà che l'eco di questa battaglia possa arrivare nei palazzi degli organi legislativi ed indurli così a modificare le norme sulla materia.

mercoledì 30 settembre 2015

Lo scandalo Volkswagen, origine e conseguenze

La casa automobilistica tedesca, nata dall'intuizione di un meccanico Cecoslovacco: Ferdinand Porsche a cui negli anni trenta Adolf Hitler commissionò l'auto del popolo: il celebre maggiolino, è ora al centro di uno scandalo esploso sul mercato dell'automotive Statunitense. Materia del contendere sono le emissioni di scarico dei motori TDI (turbo diesel) con cui sarebbero equipaggiati i diversi modelli di auto commercializzati con i vari marchi del gruppo (che è il primo produttore mondiale di autoveicoli seguito da Toyota). In particolare i 1.6 e 2.0 cc TDI di Golf, Passat, Tiguan, Skoda Yeti e Octavia, Audi Q3 e Seat Leon, rispettosi della direttiva Euro5 (venduti anche in Italia), sarebbero invece dotati di un software agente sulle centraline di comando dei propulsori in grado di falsare i risultati delle loro emissioni inquinanti in sede di omologazione. All'origine della scoperta c'è un'Organizzazione non Governativa (OnG) la International Council on Clean Trasportation (ICCT) dedicata a promuovere studi e ricerche sullo sviluppo di tecnologie pulite applicabili ai mezzi di trasporto. Uno dei suoi ricercatori: Peter Mock, convinto di mostrare come i modelli VolksWagen prodotti per il mercato Americano fossero meno inquinanti di quelli diffusi sul mercato Europeo ( i limiti di emissione degli ossidi di Azoto tollerati negli States sono più rigidi di quelli fissati nella Ue), ha testato due modelli VW: una passat e una jetta e una BMW X5 percorrendo la distanza che separa San Diego da Seattle (oltre 2000 Km) in diverse condizioni di guida e ha scoperto che le emissioni di NOx (ossidi di azoto) superavano di 15-30 volte i limiti dichiarati mentre la BMW restava nei parametri. I risultati della ricerca sono stati poi trasmessi all'Us Enviromental Protection Agency (Epa) che ha indagato sulla faccenda e costretto il colosso Tedesco a svelare il trucco. È così iniziata una campagna di richiamo dei veicoli incriminati da parte della casa automobilistica e una sospensione delle vendite delle autovetture Euro5 dotate di motore diesel tipo EA 189 comunicata ai concessionari Italiani con una lettera pubblicata anche dai maggiori organi di stampa. Vedremo nei fatti come sarà risolta l'anomalia e già si annunciano più realistiche prove tecniche di omologazione da adottare nel 2017.

mercoledì 23 settembre 2015

Banca Monte Paschi di Siena (BMPS), richiesta di risarcimento danni per gli azionisti

Il Monte dei Paschi di Siena è la più antica banca del mondo, nata nel 1472 come Monte di Pietà attivo tra la comunità Senese, si è sviluppata ed evoluta nei secoli fino ad occupare oggi il terzo posto nella classifica dei più importanti Istituti di credito operanti nel nostro Paese: preceduta da Unicredit e Intesa Sanpaolo. Le vicende del Banco sono passate agli onori delle cronache nei primi mesi del 2012, quando l'assemblea degli azionisti certificava un bilancio 2011 in forte perdita: il documento registrava un passivo di 8,4 miliardi di euro. Il valore dell'azione della banca precipitava al prezzo di 5,378 € registrato il 17 gennaio 2012, da valori di più di un terzo superiori (si pensi che a gennaio 2011, solo un anno prima, il suo valore era 18,72 €), determinando tragiche svalutazioni nel patrimonio degli azionisti. Spregiudicate operazioni finanziarie, oggetto d'indagini delle Procure della Repubblica di Siena e Milano, considerate ad alto rischio: dall'acquisizione Antonveneta ai derivati Santorini ed Alexandria, ideate ed attuate dal Consiglio di amministrazione della Banca e dal suo presidente Giuseppe Mussari, ora imputato in almeno due processi penali rimasto in carica dal 2006 e sostituito da Alessandro Profumo nel 2012, hanno determinato il crollo dell'Istituto Toscano. La diminuzione del prezzo dell'azione bancaria è proseguita inesorabile, salvo due picchi sporadici che l'hanno portato a superare la soglia psicologica di 10 € in due sole occasioni successive: marzo 2012 e giugno 2014 (dati Borsa Italiana), ma nella chiusura di mercato della scorsa settimana: quella di venerdì 18 settembre, il titolo ha raggiunto il valore minimo assoluto di 1,673 €/azione.
Il Tribunale di Milano Sezione Giudice per le indagini preliminari ha accolto la richiesta di rinvio a Giudizio presentata il 24 aprile 2015 dai Pubblici Ministeri Giordano Baggio e Stefano Civardi, al Giudice per l'udienza preliminare (Gup) Livio Cristofano che ha fissato la prima udienza per il prossimo 12 ottobre alle ore 9,30 nell'aula del Palazzo di Giustizia Meneghino [avviso di fissazione]. Gli imputati Giuseppe Mussari nel suo ruolo di presidente della banca Monte dei Paschi di Siena, Antonio Vigni in quello di direttore Generale e Baldassarri Gianluca come Responsabile Area Finanza del Monte, oltre a Sayeed Sadeq Ceo di Nomura e Picci Raffaele responsabile vendite per l'Europa sempre di Nomura (Banca d'affari Giapponese), sono accusati di aver violato l'articolo 2622 del Codice Civile, ovvero di avere comunicato ai soci fatti non rispondenti al vero sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società, violazione punibile con la reclusione da tre a otto anni, e di aver commesso il fatto in associazione e in un contesto internazionale. In estrema sintesi i soggetti avrebbero falsificato il bilancio societario 2009 occultando le perdite derivate dalle cosiddette notes Alexandria, facendo apparire un avanzo di gestione di circa 150 milioni di euro nella presentazione del documento all'assemblea dei soci il 27 aprile 2010.
Il Giudice ha riconosciuto tra le persone offese dal reato gli Azionisti della Banca oltre ad alcune associazioni di consumatori e di piccoli azionisti come BuongovernoMps. Il ruolo di questa figura assunta nel processo, consente ad essa di costituirsi parte civile e di intraprendere una vera e propria azione risarcitoria volta al riconoscimento ed al conseguente risarcimento del danno che essa denuncerà di aver subito.

Tutto questo per informarvi, miei cari lettori azionisti del Monte Paschi di Siena, che la nostra associazione Nazionale e questa Federazione Provinciale hanno avviato una campagna di adesione alla costituzione di Parte civile nel processo di Milano, per informazioni su procedura e costi contattateci allo 039 8943448, al 333 9511555 o via e-mail ConfconsumatoriMonza entro il 2 ottobre.

mercoledì 16 settembre 2015

L'indicatore dei consumi di Confcommercio

Il 9 settembre ultimo scorso l'Ufficio studi di Confcommercio, l'associazione che rappresenta più di 700 mila imprese Italiane, ha diffuso la periodica pubblicazione “Consumi & Prezzi”. I dati in essa contenuti hanno avuto molta risonanza sulla stampa Nazionale, perché certificano il consolidarsi della ripresa economica, che appare sì debole ma meno fragile del quadro congiunturale delineatosi nell'ultimo periodo. In particolare l'indice di riferimento è l'ICC (indicatore dei consumi di Confcommercio), un parametro originale elaborato direttamente dall'Ufficio Studi dell'associazione, che ha registrato un incremento dello 0,4% sul mese precedente (giugno 2015) e il 2,1% sulla proiezione annua. Detti così questi dati potrebbero essere difficilmente decifrabili e traducibili in termini reali e concreti per la maggior parte di noi, forse il solo fatto di essere positivi potrebbero indurci ad un generale ed immotivato sentimento di fiducia. Per questa ragione ho cercato di capire quale sia il significato dello sbandierato indice e quali elementi esso consideri. Le risposte a tal proposito le ho trovate nella Nota metodologica del 25 marzo 2011 e da lì ho scoperto che l'ICC registra i consumi di 8 categorie di Beni e Servizi, ciascuna delle quali assume un certo peso nel calcolo dell'indicatore. Per esempio i beni e servizi ricreativi (cinema sport, libri, riviste spettacoli ecc..) hanno un peso dell'11,6%, all'interno dell'indice, mentre i beni e servizi per la casa, gli alimentari e i tabacchi pesano il 18,3 e il 18,8% rispettivamente; alberghi, pasti e consumazioni fuori casa incidono per il 17%, i beni e servizi per la mobilità (automobili, motocicli, carburanti, pedaggi e trasporti aerei) pesano il 12,4% ed il restante 21% è equamente suddiviso tra comunicazione, abbigliamento e calzature, e beni e servizi per la cura della persona. I consumi di beni e servizi classificati in queste 8 categorie, sono reperiti mensilmente dalle varie fonti che li monitorano: per esempio l'Anmca fornisce i dati mensili delle immatricolazioni di motocicli e ciclomotori; dall'Aiscat sono tratti i dati sui pedaggi e dal Ministero dello sviluppo Economico quello sui carburati e così via per le altre classi. Schematicamente il calcolo dell'ICC inizia dai dati grezzi delle varie fonti, elaborati per omogeneizzare il valore e depurati da deflatori, infine destagionalizzati. Naturalmente quella appena descritta è solo un'introduzione all'argomento e vuole essere uno stimolo all'approfondimento.

mercoledì 9 settembre 2015

Mutui, evoluzione normativa della surrogazione

L'introduzione nel nostro ordinamento dello strumento della portabilità del mutuo o surrogazione, si deve al celeberrimo decreto legge: il numero 7, emanato dal II governo Prodi il 31 gennaio 2007, quando il posto di Ministro dello Sviluppo Economico era occupato dal tanto bistrattato Pier Luigi Bersani. Il provvedimento governativo venne convertito dal Parlamento nella legge 40 (c.d Legge Bersani) ed emanata il 2 aprile 2007. Essa contiene i semi delle liberalizzazioni (le lenzuolate) che sarebbero forse germogliati se il percorso di quel governo non fosse deragliato già all'inizio del 2008. Semi piantati in terreni di mercato cruciali allo sviluppo economico e alla tutela dei consumatori: dalle telecomunicazioni alle assicurazioni passando per le tariffe aeree arrivando alla pubblicità dei prezzi dei carburanti; all'estinzione dei mutui senza penali e alla portabilità degli stessi.
La portabilità del mutuo: la surrogazione, era disciplinata dall'articolo 8, che nel decreto originale (in vigore dal 2 febbraio al 2 aprile 2007) si componeva di soli 4 commi. Nel primo si concedeva la facoltà al debitore di ricorrere alla surrogazione (prevista dall'articolo 1202 del Codice Civile - ovvero la possibilità per un debitore di subentrare ad un mutuante nei diritti del creditore anche senza il consenso di quest'ultimo) nel caso di credito non esigibile o con la pattuizione di un termine a favore del creditore. Nel secondo comma l'annotamento della surrogazione poteva essere chiesto al conservatore senza formalità, allegando copia autentica dell'atto di surrogazione stipulato per atto pubblico o scrittura privata. Il terzo prevedeva la nullità di ogni clausola e/o patto che impedisse l'esercizio della facoltà di surrogazione del debitore ed infine nel quarto si mantenevano i benefici fiscali previsti per l'acquisto della prima casa.
Il primo aggiornamento/modifica all'articolo si ebbe già con la conversione in legge, a cui vennero aggiunti i commi 4 bis, ter e quater che escludono (tuttora in vigore) l'applicazione dell'imposta sostitutiva e dispongono il finanziamento per tale esclusione.
In seguito la legge finanziaria 2008 (la legge 244/2007) ha modificato il comma 3 introducendo la possibilità del debitore e del creditore di pattuire la variazione senza spese, delle condizioni del contratto di mutuo in essere, mediante scrittura privata anche non autenticata; ed ha aggiunto il comma 3 bis in cui si prevede che il contratto di mutuo in essere venga trasferito alla banca surrogante (subentrante) alle nuove condizioni pattuite, con l'esclusione di penali o altri oneri, inoltre non possono essere imposte al cliente spese o commissioni per la concessione del nuovo mutuo relative all'istruttoria e agli accertamenti catastali, che si svolgono con procedure di collaborazione interbancaria.
Il recepimento della direttiva Europea 2008/48 relativa ai contratti di credito ai consumatori, ha introdotto e traslato nel decreto Legislativo 385/1993 (il Testo Unico Bancario: TUB) i dettami della Legge 40; infatti adesso quelle disposizioni si trovano nel Titolo VI del Tub all'articolo 120 quater, che in più al comma 7 prevede il termine di trenta giorni entro cui si deve perfezionare la surrogazione dalla data della richiesta, pena un indennizzo del'1% dell'importo finanziabile per mese o frazione di mese di ritardo a favore del debitore-richiedente.
Grandi cambiamenti (peggiorativi secondo molti analisti) si affacciano all'orizzonte dei primi mesi del 2016, quando l'applicazione della direttiva 2014/17 Mortgage Credit Directive potrebbe minacciare la re-introduzione di un indennizzo (penale) a favore delle banche per l'estinzione anticipata del mutuo.
Questa è solo un'introduzione all'argomento che sarà approfondito nelle prossime “puntate” considerato l'alto tasso (il 64,4% del totale -manca però il dato assoluto- nel I semestre 2015 dati MutuiOnline) di richieste di mutuo finalizzate alla sostituzione e surroga del contratto in essere, complice il persistente calo dei tassi d'interesse.

mercoledì 2 settembre 2015

L'imposta di soggiorno: suo gettito

Miei cari affezionati lettori, l'inizio del mese di settembre sancisce la fine ufficiale delle vacanze estive, la riapertura delle scuole ed il ritorno dell'articolo del mercoledì, pubblicato su questo pioneristico blog. L'ambizioso argomento che qui vorrei trattare (facilmente intuibile dal titolo) riguarda l'imposta o tassa di soggiorno che abbiamo pagato durante la nostra permanenza nell'amena località turistica nazionale scelta per trascorrere le ferie. La necessaria premessa nozionistica prevede una breve cronistoria sulla nascita ed applicazione del balzello. Dobbiamo riportarci con la mente al lontano (?) 2009 quando il Parlamento di allora (era l'inizio del mese di maggio), approvava la legge numero 42 di Delega al Governo in materia di Federalismo Fiscale in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. In estrema sintesi la finalità del provvedimento, da attuare con uno o più decreti Legislativi di origine Governativa, era ed è quella di assicurare l'autonomia finanziaria di Comuni, province, città metropolitane e Regioni, attraverso la definizione di principi fondamentali di coordinamento con la finanza pubblica. L'imposta di soggiorno è istituita con l'articolo 4 del Decreto Legislativo numero 23 del 14 marzo 2011, e prevede la possibilità per i comuni capoluogo di provincia, l'unione di comuni ed i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte; di istituire, con deliberazione del consiglio, un'imposta di soggiorno per coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare secondo criteri di gradualità ed in proporzione al prezzo fino ad un massimo di 5 euro per notte di soggiorno. Il gettito ricavato sarà destinato a finanziare interventi in materia di turismo. Un utile approfondimento sull'argomento è rappresentato dal Rapporto di ricerca annuale dell'Osservatorio sulla fiscalità locale promosso da Federalberghi (al quale vi rimando per tutti i dettagli del caso), che si dichiara fermamente contraria all'imposizione della tassa. Dalla pubblicazione emerge che sono 735 i comuni che applicano l'imposta di soggiorno o sbarco (per le Isole) il 9,1% del totale, mentre potenzialmente potrebbero introdurla il 17,7%, si evidenzia inoltre che la maggior parte di essi si trova nel nord-est del Paese. Il gettito complessivo derivato dalla riscossione della tassa è stato di 337,3 milioni di euro nel 2014 e secondo i bilanci di previsione approvati dagli enti locali per il 2015 si dovrebbero raccogliere 428 milioni di euro. Infine la destinazione degli introiti riscossi: finanzia genericamente attività culturali ambientali che possono tuttavia indirettamente implementare la promozione turistica del territorio.

mercoledì 29 luglio 2015

I pacchetti turistici e il danno da vacanza rovinata

Il mese di agosto è alle porte, il caldo estivo ha fatto la sua prorompente comparsa accompagnato dalle più alte temperature del secolo e noi tutti ci stiamo preparando all'imminente ed agognato e perché no meritato periodo di ferie. Quale occasione migliore per ripassare insieme le regole che disciplinano i contratti di acquisto dei pacchetti turistici: quella combinazione (da chiunque ed in qualunque modo realizzata) di almeno due dei  seguenti elementi: il trasporto; l'alloggio ed i servizi turistici accessori, contenute nel D.L.vo 79/2011 (il cosiddetto Codice del Turismo). Iniziamo dal contratto di vendita che deve essere redatto in forma scritta con termini chiari e precisi e copia di esso, sottoscritta anche dal venditore, deve essere rilasciata al turista. L'atto deve contenere tutta una serie di elementi doviziosamente elencati nell'art.36 dell'allegato 1 al testo normativo. Semplificando, il contratto d'acquisto del pacchetto turistico deve contenere: destinazione; durata; data di inizio e conclusione del soggiorno; prezzo del pacchetto turistico; itinerario, visite ed escursioni, categoria turistica ubicazione e livello dell'albergo, il nome del vettore che effettuerà il trasporto aereo ed il termine entro il quale il turista deve presentare reclamo per inesatta esecuzione del contratto o suo inadempimento. Un ruolo importante è dedicato all'informazione del turista, comunicata direttamente dall'intermediario od organizzatore del viaggio e riferita per esempio al recapito telefonico di eventuali rappresentanti locali dell'organizzatore contattabili in situazioni di difficoltà. In caso di mancato o inesatto adempimento alle obbligazioni assunte dall'organizzatore e venditore del pacchetto turistico, essi saranno tenuti al risarcimento del danno cagionato al consumatore/turista. La contestazione per ogni mancata esecuzione degli impegni contrattuali assunti, potrà essere immediatamente rivolta all'eventuale rappresentante locale che dovrà così porvi subito rimedio, oppure presentata direttamente all'organizzatore od intermediario venditore del pacchetto entro 10 giorni lavorativi dalla data di ritorno nel luogo di partenza. Dall'inadempimento o dalla mancata esecuzione delle prestazioni pattuite contrattualmente, potranno scaturire danni alla persona o diversi da quelli diretti alla persona che dovranno essere risarciti dal prestatore di servizi secondo le convenzioni internazionali. Il danno da vacanza rovinata (una specifica fattispecie) sarà correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all'irripetibilità dell'occasione perduta che si fossero determinati nel caso dell'inesatto adempimento alle clausole ed alle condizioni contrattuali.
C­on l'occasione infine, miei cari lettori, vi auguro buone vacanze.
Le pubblicazioni riprenderanno a settembre.

mercoledì 22 luglio 2015

L'export agroalimentare e l'Italian Sounding

L'agroalimentare è il primo comparto del settore manifatturiero, con 58 mila imprese, 385 mila addetti diretti ed un fatturato di 132 miliardi di euro registrato nel 2014. Le nostre eccellenze alimentari: dai formaggi al vino; dalla pasta all'olio passando per la produzione ortofrutticola ed i suoi prodotti trasformati, sono tutelate dai marchi DOP, IGP, STG, DOC e DOCG, disciplinati da un apposito regolamento Europeo, che le protegge dalla devastante piaga della falsificazione e contraffazione. L'italia è il primo paese al mondo con il più alto numero di denominazioni riconosciute sia nel cibo che nel vino e questo è indice dell'alto livello che raggiunge la nostra produzione alimentare. La quota di export nazionale del settore a livello mondiale è pari al 3,1%, dietro a giganti di ben altro calibro quali la Cina con 4,6 % e gli Stati Uniti che da soli coprono il 10,3% dell'export globale. I paesi in cui esportiamo maggiormente sono la Germania (alimenti per 3,2 mld di €), Regno Unito e Stati Uniti (2,1 mld € per entrambi), Francia (2 mld €), Canada (475,9 mln€), Russia (419,6 mln €) e Cina (225,5 mln €) [fonte SACE].
La nostra favolosa cultura del buon cibo ha risonanza in tutte le parti del globo, tanto che i nostri prodotti sono tra i più imitati al mondo e destinati alla fascia di estimatori più raffinati. In occasione dell'assemblea nazionale di Coldiretti (la prima associazione Nazionale di imprenditori agricoli) ad Expo, è stato pubblicato uno studio elaborato dall'ente, in cui si evidenzia che un quarto dei Paesi rappresentati all'esposizione Universale di Milano, commercializza prodotti che richiamano nei marchi (e solo in quelli perché la qualità è totalmente inconfrontabile con quella degli originali), le nostre produzioni più famose, confondendo i meno avvezzi tra i consumatori stranieri. Dal Parmesan Russo al Caffè Mafiozzo Bulgaro, passando per i Tortelloni con polenta Austriaci e gli Chapagetti Coreani, senza dimenticare il Barbera ed il Chianti Bianco venduti in Romania e Svezia rispettivamente e la squisita Zottarella Tedesca, sfregiano il vero Made in Italy che Roberto Moncalvo (presidente dell'associazione) quantifica in 60 mld € il fatturato derivante da falsificazione e contraffazione dei veri prodotti Made in Italy. Secondo Paolo De Castro (Commissione Agricoltura e sviluppo rurale Parlamento Europeo) l'unica strada da percorrere per ottenere garanzie sul rispetto dei veri marchi e prodotti Italiani al di fuori dell'Unione è quella dei negoziati commerciali con i singoli Paesi.
Nel frattempo, miei cari lettori, non fatevi tentare: il Gorgonzillo non è un'esotica varietà di Gorgonzola.

mercoledì 15 luglio 2015

Mutui: tassi Euribor; Irs e BCE

Il mutuo, come tutti noi sappiamo, è il prestito della vita. È il finanziamento cardine per ogni nucleo familiare che viene generalmente avviato per l'acquisto della prima casa e che rappresenta il punto di partenza per la costruzione di una nuova cellula sociale. Ha una durata variabile tra un minimo di 5 anni ed un massimo che in alcuni casi può raggiungere anche i 40, i valori medi tuttavia si aggirano intorno ai vent'anni. Il piano di ammortamento, ovvero la modalità con cui verranno rimborsate e calcolate le rate a restituzione del prestito, si suddivide in due principali categorie: a tasso fisso e variabile. Il primo utilizza nel calcolo l'Eurirs detto anche Irs (è un tasso interbancario calcolato e pubblicato dalla Federazione Bancaria Europea), il cui valore di confronto è frequentemente l'Irs 20 (ovvero il tasso impiegato nei mutui con durata ventennale), che ha raggiunto il valore minimo storico il 27 aprile 2015 registrando il tasso di 0,78% e che ora è in rapida ascesa essendosi già attestato a 1,76% nella rilevazione di lunedì 13 luglio 2015. Si ricordi, per un rapido raffronto, che tra la fine del 2007 e l'intero 2008, in piena crisi dei tassi d'interesse scoppiata con il fallimento della banca Lehman Brothers e culminata con la totale sfiducia interbancaria, i valori di questo parametro restarono intorno al 5%, con il conseguente e facilmente intuibile aggravio dei costi per le famiglie che decidevano allora di affacciarsi sul mercato del credito. Il tasso variabile è invece rappresentato dall'Euribor (determinato e pubblicato giornalmente dalla solita FBE) che viene calcolato su base mensile, trimestrale o semestrale. È questo (quello ad un mese) che registra attualmente le migliori sorprese per i consumatori: è dalla fine di agosto 2012 che si mantiene su valori prossimi allo zero ed è sceso in territorio negativo alla metà di aprile 2015, accompagnato dai positivi risvolti incassati dai consumatori attivi in questo segmento del mercato creditizio. Il tasso BCE è quello fissato dalla Banca Centrale Europea negli incontri periodici del board guidato da Mario Draghi ed è una forma di mutuo a tasso variabile con un maggiore grado di stabilità periodica dell'indice di riferimento, attualmente il suo valore ricalca molto fedelmente quello dell'Euribor: si trova anch'esso su valori nulli. Alcuni osservatori prevedono che un tale andamento dei tassi d'interesse sarà mantenuto fino al 2020. La surroga, la possibilità di cambiare tipologia di mutuo (da fisso a variabile e viceversa), insieme alla rinegoziazione saranno oggetto di un prossimo post. Per tutte le informazioni specifiche su ogni singolo caso e per ottenere una consulenza personalizzata, è necessario fissare l'appuntamento durante lo sportello settimanale, prenotati allo 039 8943448.

mercoledì 8 luglio 2015

Saldi estivi: i soliti accorgimenti per i consumatori

Sabato 4 luglio sono iniziati i saldi estivi: il periodo di 60 giorni utile per fare acquisti scontati. Quest'anno, secondo il settore studi di Confccommercio, le famiglie italiane spenderanno in media 230 € per comprare abbigliamento e calzature, una stima di 100 € pro-capite, pari ad un ammontare complessivo di 3,6 mld €. Ridimensionate invece le stime di spesa dei consumatori per il Codacons che le calcola intorno ai 67 € pro-capite, 108 € secondo uno studio di Federconsumatori. Tutti gli operatori del settore (e noi con loro) si augurano una forte ripresa dei consumi calati negli ultimi due anni.
La merce offerta in prezzo di saldo deve essere facilmente riconoscibile dal consumatore e fisicamente separata da quella in vendita a prezzo pieno, per scongiurare ogni minimo tranello. Il cartellino del prezzo dovrà riportare il costo originario del bene e la percentuale di sconto applicata, resta facoltà del venditore riportare anche il prezzo ribassato. Venditore che dovrà altresì garantire la conformità della merce acquistata: ovvero che sia (per semplificare) priva di vizi e difetti. Questo è l'unico caso in cui il consumatore avrà diritto alla riparazione o sostituzione del bene difettoso, cambi per sbagli di misure, colore, fantasia ecc... non obbligano in alcun modo il commerciante, che solo per puro spirito commerciale (vedi alla voce fidelizzazione del cliente) potrà essere disposto a cambiare la taglia, colore della gonna acquistata od il numero dei sandali tanto desiderati.
Segnalazioni di scorrette pratiche commerciali potranno essere rivolte al settore annonaria della Polizia Locale del Comune in cui si è svolto l'acquisto.
Siamo sempre a disposizione per ogni eventualità e buoni affari.

mercoledì 1 luglio 2015

Tariffe energetiche e falsi contratti

L'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico nella delibera dello scorso 25 giugno ha fissato le tariffe di elettricità e gas per il terzo trimestre dell'anno, in vigore da oggi I luglio 2015. Questi costi energetici saranno applicati alle utenze servite nel segmento di mercato tutelato. Complessivamente la famiglia tipo (quella che registra in media consumi di elettricità pari a 2.700 Kwh/anno e 1.400 mc di gas naturale consumati in un anno e che spenderebbe 506 € e 1.135 € per i rispettivi consumi), registrerà un risparmio annuale, rispetto all'anno precedente (il riferimento è però all'anno scorrevole che decorre dal I ottobre 2014 al 30 setttembre 2015) di 65 € (8 per l'elettricità e 57 per il gas). È il terzo trimestre consecutivo di costante diminuzione delle tariffe energetiche, complice il basso prezzo del petrolio a cui è legato il costo del gas all'ingrosso. Per un maggiore approfondimento consulta il comunicato stampa dell'Autorità.
L'altro tema del titolo (i falsi contratti) sembra trovare sempre più diffusione anche nelle cronache locali. All'ordine del giorno sono le denuce raccolte dall'Autorità Giudiziaria inerenti la stipula di falsi contratti per la fornitura energetica. Agenti commerciali senza scrupoli attuano tecniche di vendita al limite della legalità e carpiscono con subdoli stratagemmi gli estremi identificativi dell'utenza elettrica e/o del gas: è sufficiente entrare in possesso dell'innocua bolletta ed il gioco è fatto. Ricopiano i dati utili sul modulo standard di proposta contrattuale, falsificano la firma dell'ignaro cliente et voilà: ci ritroviamo inconsapevoli clienti della tal società energetica. Il rimedio a tutela di queste pratiche commerciali scorrette che integrano una specifica fattispecie di reato (quello di falsità in scrittura privata art.485 C.P), è querelare l'autore del delitto e trasmettere copia della denuncia al nuovo fornitore cosicchè renda efficace l'annullamento del contratto.
Siamo naturalmente a disposizione per qualsiasi informazione consiglio ed altro anche per guidarti nella scelta del nuovo venditore energetico più adatto al tuo profilo di consumo. Prenota il tuo appuntamento 039 8943448.

mercoledì 24 giugno 2015

Polizze vita e mutui

Sembra ormai essere una prassi consolidata quella di proporre la stipula di un'assicurazione sulla vita quando si richiede un mutuo alla propria banca. Molto spesso infatti la concessione del prestito è condizionata alla sottoscrizione della polizza, che assicura il mutuatario contro il rischio morte e/o grave invalidità e subentra nella corresponsione delle rate e nell'estinzione del debito residuo al verificarsi dell'infausto evento. Solitamente l'Istituto bancario propone contratti assicurativi dell'impresa consociata, contravvenendo all'obbligo disposto dal decreto legge liberalizzazioni del 2012 poi convertito nella legge 27 del 2012, che prevede di sottoporre al consumatore almeno due preventivi proposti da gruppi assicurativi non riconducibili alla banca stessa, ed inoltre egli avrà la possibilità, in 10 giorni di tempo (dalla proposta), di cercare sul mercato contratti a condizioni più favorevoli che l'Istituto di credito dovrà accettare. Frequentemente il premio assicurativo, il cui ammontare si aggira intorno a qualche migliaia di euro, viene inglobato nella somma prestata, così da dilazionarlo surrettiziamente nelle rate del prestito da rimborsare ed alleggerire così, ma solo apparentemente, i costi affrontati dal consumatore nella fase di stipula del mutuo. Per far viaggiare velocemente l'iter di concessione del credito risulta perciò quasi obbligatorio ed in certi casi paradossalmente conveniente, contrarre anche l'assicurazione sulla vita, che potrà poi essere disdetta entro 30 giorni dalla sua sottoscrizione, presentando la solita lettera raccomandata all'impresa assicuratrice, la quale avrà, al pari, 30 giorni di tempo decorrenti dal ricevimento della missiva, per riaccreditare il premio versato al contraente. Si continuerà comunque a pagarlo nelle rate periodiche nel caso si fosse deciso di sommarlo alla cifra necessaria da chiedere per l'acquisto della casa. Questo è un diritto previsto dall'articolo 177 del Decreto Legislativo 209/2005 (il Codice delle Assicurazioni) in cui si prevede tra l'altro che l'informativa obbligatoria sul diritto di recesso debba trovare evidenza nelle clausole contrattuali. Posso garantirvi, miei cari lettori, che il "giochino" funziona avendolo sperimentato personalmente. Non esitate a contattarci per tutte le informazioni e l'assistenza che lo spinoso caso richiederebbe. Grazie per l'attenzione ed al prossimo aggiornamento.

mercoledì 17 giugno 2015

Crediti: dalla riscossione alla prescrizione

In questo articolo vedremo come nascono le obbligazioni, quali sono gli strumenti giuridici a cui ricorrere per ottenerne l'adempimento ed in quali termini esse si prescrivano.
Le obbligazioni derivano da contratto, il debitore ed il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza, in più il debitore nell'adempiere all'obbligazione deve usare la diligenza del buon padre di famiglia […], questo l'incipit del Libro Quarto del Codice Civile che disciplina il tema. Tipicamente, nell'ambito di mercato in cui agiamo nel nostro ruolo di consumatori, e dall'esperienza maturata nell'attività di sportello svolta in tutti questi anni, la maggior parte dei contenziosi che sorgono in tema di obbligazioni riguardano gli utenti dei servizi di telecomunicazioni e di fornitura energetica, che non riescono a saldare le fatture emesse dalle società di vendita. Anche nel settore dei servizi finanziari (vedi alla voce prestiti e mutui), a causa del persistente stallo in cui versa l'economia Italiana, assistiamo spesso ad una condizione di morosità assunta dal debitore, che in alcuni casi può decadere dal beneficio del termine, con la conseguente richiesta immediata della prestazione (il saldo della somma prestata in un'unica soluzione) da parte del creditore, quando appunto il debitore sia divenuto insolvente. L'inadempimento delle obbligazioni (non pagare la fattura elettrica alla data di scadenza, la rata del mutuo ecc...) pone il debitore/consumatore in uno stato d'insolvenza e la prima mossa che il creditore attua per esigere la prestazione è la cosiddetta Costituzione in mora. Tale intimazione di pagamento deve avvenire in forma scritta ed avvia tutta la procedura di riscossione del credito oggetto del paragrafo seguente.
L'attività di recupero crediti è generalmente affidata ad aziende specializzate nel settore, che per operare devono ottenere la licenza dal Questore della provincia in cui hanno la sede operativa. Attraverso l'operato di propri agenti incaricati riscuotono il credito per via stragiudiziale mediante il recupero telefonico, domiciliare e con comunicazioni epistolari. Se il recupero crediti conto terzi, non dovesse trovare una soluzione stragiudiziale, le imprese sono in grado di avviare l'attività legale vera e propria, con la notifica di atti di citazione, il ricorso per decreto ingiuntivo, il processo esecutivo ecc... Esistono associazioni di categoria rappresentative delle imprese di recupero del credito, tra esse la più importante è UNIREC (l'Unione Nazionale delle Imprese a Tutela del Credito) a sua volta inserita nel sistema di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, che dal 1998 rappresenta l'88% del mercato nazionale del recupero crediti. Insieme ad alcune associazioni di Consumatori ha costituito a giugno 2014 la Fondazione Forum Unirec-Consumatori, con lo scopo di avviare un dialogo tra le due parti coinvolte nel contenzioso. L'incontro ha prodotto buoni frutti: come la Guida del Consumatore ai servizi di Tutela del Credito, e la procedura di conciliazione per risolvere le controversie.
Infine la prescrizione che rappresenta il limite temporale entro cui il creditore possa pretendere l'escussione della somma dovuta e che nel caso dei consumi energetici o come prevede più in generale l'art.2948 c4 Cod.Civ. il diritto si prescrive in cinque anni per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi.

mercoledì 10 giugno 2015

La fibra ottica e l'Italia digitale

Le fibre ottiche (la definizione è di Wikipedia) sono dei filamenti di materiali vetrosi o polimerici del diametro del capello (125 micrometri) in grado di condurre al loro interno la luce. Trovano importanti applicazioni nelle telecomunicazioni, nella diagnostica medica e nell'illuminotecnica. Recentemente le nostre città (non so se ve siete accorti miei cari lettori) sono state oggetto di importanti interventi di cablatura: in alcuni casi il deturpamento del manto stradale è stato lieve, quando la tecnica della micro trincea ha trovato applicazione, in altri invece l'invasione è stata più marcata. I cosiddetti cabinet sono spuntati più o meno ovunque come i classici funghi e ciascun operatore del campo ha pensato bene di sviluppare una propria rete in fibra. La tecnologia ottica consente di ottenere capacità trasmissive nell'ordine delle centinaia di MegaBit per secondo, tali da permettere la trasmissione del segnale tv via cavo. L'ammodernamento della rete di telecomunicazioni si inserisce nel quadro disegnato dalla Commissione Europea nel 2010 con la pubblicazione dell'Agenda Digitale, che è una delle sette iniziative principali della più ampia strategia EU2020. Attualmente lo stato di cablatura del nostro territorio si trova nella fase FTTC (ovvero Fiber To The Cabinet): la fibra dalla locale centrale telefonica raggiunge la cabina stradale e l'ultimo miglio è ancora coperto dal famoso doppino in rame. L'evoluzione punterebbe ad una maggiore penetrazione della fibra ottica: con la FTTB (fiber to the building): fino all'edificio e FTTH (fiber to the Home): fino alla casalinga presa telefonica. In realtà la strategia governativa, oggetto di pubblica consultazione (conclusasi qualche mese fa), favorirebbe la convergenza delle diverse tecniche trasmissive comprendenti quelle radio e satellitari, in particolare queste ultime troverebbero impiego nelle aree del Paese in cui la conformazione geomorfologica renderebbe svantaggioso economicamente la posa del cavo. La maggiore disponibilità di banda dovrebbe favorire la crescita economica e sociale. Intanto le offerte delle connessioni in fibra sono già disponibili tra le maggiori imprese telefoniche ed alcuni produttori di contenuti alla Sky hanno anche già siglato accordi per la diffusione del proprio segnale.

mercoledì 3 giugno 2015

GDO: Grande Distribuzione Organizzata e Farmers' Market

Sul più autorevole quotidiano economico finanziario Italiano (Il Sole 24 ore) di qualche settimana fa, è apparso un breve trafiletto, che ha attirato la mia attenzione. Il titolo: Se i consumatori bocciano la Gdo, sottotitolo: modello in difficoltà. Nel suo articolo l'autore rilevava la crisi profonda dei consumi e del suo effetto negativo esteso anche al moderno modello distributivo: quello della grande distribuzione organizzata ed evidenziava altresì che da un paio d'anni a questa parte si è registrata una progressiva diminuzione della superficie totale di vendita del settore tradottasi nella chiusura di alcuni supermercati con lo scoppio della conseguente crisi occupazionale collegata. Questo mi ha dato lo spunto per approfondire il tema e grazie alla pubblicazione occasionale della Banca d'Italia nella collana Questioni di Economia e Finanza intitolata: “La Grande distribuzione e l'industria alimentare in Italia” - marzo 2012 - ho potuto trarre alcuni elementi utili ad inquadrare il modello di attività commerciale. La pubblicazione comincia la trattazione dell'argomento dall'analisi e dalla tipologia di imprese produttrici alimentari e del loro contributo in termini occupazionali e di valore aggiunto all'intero comparto manifatturiero dell'industria Italiana. L'alimentare (i dati sono del 2007) rappresenta un valore aggiunto dell' 8,9%, sul fronte occupazionale l'apporto è del 10,3% ed il numero d'imprese sono il 13% del totale di settore. La maggior parte di esse (il 92%) risulta essere micro o piccola impresa, composta cioè dall'imprenditore e da 1 a 9 addetti. L'analisi prosegue analogamente sulla distribuzione al dettaglio e segue con un focus sugli operatori della Grande distribuzione Organizzata. Il modello organizzativo prevede l'aggregazione in Centrali di acquisto per avere maggiore potere negoziale con i produttori, che stilano accordi quadro entro i cui perimetri i singoli componenti potranno poi trattare ulteriori sconti di prezzo. Prima di analizzare la diffusione provinciale di supermercati ed ipermercati alimentari e la totale superficie di vendita da essi occupata sul nostro territorio, è necessario premettere alcune definizioni (ex art. 4 D.L.vo 114/1998): prima fra tutte quella di superficie di vendita: rappresenta l'area dell'esercizio commerciale occupata da banchi, scaffalature e simili, sono esclusi gli uffici, i magazzini i depositi ecc... La classificazione degli esercizi commerciali avviene in base alle dimensioni di questa superficie: le grandi strutture di vendita (quelle oggetto di questo post), la cui apertura per inciso è condizionata dal parere della Conferenza dei servizi formata da rappresentanti di Regione, Provincia e Comune; hanno una superficie di vendita superiore a 2.500 mq se aperti in comuni con più di 10.000 abitanti, il limite scende a 1.500 mq per comuni con una popolazione residente inferiore. La classifica dei principali soggetti distributivi in Italia stilata su fatturato ed occupati (dati 2010) è guidata da Carrefour con 8,4 mld € e 18 mila lavoratori, seguita da Esselunga: 6,5 mld € il fatturato e 19.273 occupati, al terzo posto si piazza Auchan con una simile quantità di occupati e 5,5 mld di fatturato, Coop Italia (dato aggregato) arriva a 4,8 mld € e poco più di 20 mila impiegati. Nella nostra provincia, quella di Monza e Brianza le Grandi strutture di vendita nel settore alimentare (sup>2.500 mq) sono il Bennet di Brugherio (3.851 mq), quello di Lentate (2.783 mq), il Globo di Busnago (5.736 mq) il Carrefour di Giussano (3.859 mq), quello di Limbiate (con 11.800 mq di superficie di vendita alimentare è il più grande della provincia), gli Esselunga di Lissone (2.865 mq), Macherio (2.733 mq), l'Iper di Monza (4.875 mq) l'Auchan (4.818 mq), il Gigante di Villasanta (3.500 mq) e quello di Usmate Velate (2.628 mq) ed infine le Torri Bianche di Vimercate con 3.000 mq per un totale Provinciale di 52.448 mq di superficie di vendita di prodotti alimentari: l'equivalente di 5 campi da calcio.
L'alternativa a questo modello d'acquisto, è rappresentata dal mercato del contadino, mutuato dall'inglese Farmers' Market, più noto in Italia con il marchio Campagna Amica di Coldiretti, qui sono direttamente i produttori (generalmente del territorio) che con una forma di commercio itinerante (come per gli storici mercati di paese) propongono in vendita generi alimentari propri, eliminando così l'intermediazione della distribuzione.
In conclusione: lo sviluppo sociale e territoriale può essere condizionato dal modello commerciale che noi consumatori decidiamo di preferire e forse l'affermazione di questi grandi centri è già l'indice di una scelta.

mercoledì 27 maggio 2015

E-commerce, quali diritti per i consumatori digitali

Il commercio elettronico, ovvero l'acquisto di beni e/o servizi via internet, nel nostro Paese vale circa 15 miliardi di euro, divisi esattamente a metà, come affermano i dati stimati dall'Osservatorio B2C Netcomm del Politecnico di Milano, tra l'acquisto di beni e servizi: quest'anno per la prima volta sarà raggiunta la parità tra i due segmenti di mercato. Dal 2007 l'incremento complessivo del comparto commerciale digitale, è stato di tre volte superiore a quello iniziale per quell'anno, si è passati dai 5,032 mld di Euro del 2007 ai 15,038 mld stimati per quest'anno. L'intero periodo ha inoltre registrato un progressivo assottigliamento della percentuale di acquisto dei servizi (prevalente per i 2/3 del totale), iniziato nel 2012, percentuale diminuita fino a raggiungere come detto la prevista parità  per quest'anno. Il vero exploit si è registrato nel settore dell'abbigliamento, il cui contributo all'intero volume di acquisti digitali equivale a 2,2 mld €: il 15% del totale, tiene l'elettronica di consumo ed i grandi elettrodomestici, mentre sul fronte servizi è in flessione il turismo (pacchetti viaggi, biglietti e prenotazioni on-line) ma resistono invece le assicurazioni. Infine la maggior parte delle transazioni avviene sui cosiddetti marketplace alla Amazon, e-Bay, Booking ecc... che rappresentano il 56% del totale dei luoghi d'acquisto virtuali visitati dai consumatori Italiani. Nuove realtà e-com (imprese produttrici e rivenditori specializzati) sono in crescita.
Fino qui la fotografia di questa specifica porzione di mercato in forte espansione, che rappresenta sicuramente un'importante opportunità per il consumatore: sia dal lato della maggiore e/o migliore offerta (si aprono vetrine virtuali su ampie aree geografiche mondiali) che sul fronte economico: si pensi al prezzo ed alla concorrenza implicita nello strumento digitale comparativo; a cui si accompagnano però anche i tipici rischi insiti in ogni trattativa commerciale fisica: la difettosità del prodotto; la difformità da quanto pubblicizzato ecc... Per proteggere i consumatori e riequilibrare parzialmente il potere negoziale tra le due parti contraenti, “mamma” Europa ha pensato bene di armonizzare in tutti e 28 Paesi dell'Unione i diritti consumeristici, in particolare agendo sulla legislazione disciplinante la materia dei contratti a distanza, per esempio innalzando a 14 giorni lavorativi il termine utile per esercitare il diritto di recesso nell'acquisto di un bene o servizio elevabile ad un anno in caso di reticenza informativa del venditore. Per problemi sorti negli acquisti transfrontalieri è possibile contattare il Centro Europeo dei Consumatori. É in distribuzione presso la nostra sede l'utile guida: I diritti dei consumatori on-line pubblicata nell'ambito del progetto Consumatori 2.0 e per tutto il resto siamo a vostra completa disposizione.

mercoledì 20 maggio 2015

L'inflazione e la fiducia dei consumatori

Il quadro economico nazionale dipinto dai dati diffusi periodicamente dall'Istat, disegna un Paese in affanno, fermo, scoraggiato: in declino. L'inflazione langue intorno allo 0,2%. Nel mese di aprile 2015, come rilevato dall'Istituto di statistica con il valore pubblicato lo scorso 13 maggio, l'indice dei prezzi al consumo registra un aumento di quest'entità, mentre la sua proiezione annuale si attesta su una diminuzione dello 0,1% come nei due mesi precedenti: è il quarto mese consecutivo che l'indice generale registra una flessione su base annua. Le cose come detto, non vanno affatto bene, si consideri che tra gli obiettivi della Banca Centrale Europea c'è quello di stabilizzare il parametro inflattivo al 2%, questo valore dell'indice dei prezzi è considerato indicativo di una buona situazione economica e quello registrato nel nostro Paese è di dieci volte inferiore. Secondo l'Istat questa persistente diminuzione sarebbe dovuta al calo dei prezzi di beni energetici, di trasporti e delle comunicazioni. L'elaborazione degli indici dei prezzi al consumo: il Nic (relativo all'intera collettività) il Foi (per i consumi registrati dalle famiglie di operai ed impiegati) e l'Ipca (armonizzato per i Paesi Europei), avviene su rilevazioni territoriali di prezzo dei beni e dei servizi riuniti in uno specifico paniere. Sono 80 i comuni che concorrono alla rilevazione territoriale dell'indice: 19 capoluoghi di regione e 61 capoluoghi di provincia.
La fiducia dei consumatori assume come base di partenza il valore 100 del 2010 e l'ultimo dato disponibile di aprile 2015 diminuisce a 108,2 dal mese precedente in cui era 110,7. Il generale clima di fiducia dei consumatori espresso anche dai sotto indici che lo compongono: quello economico, personale, corrente e futuro registrano una generale diminuzione: i consumatori Italiani sono sfiduciati: ritengono che l'attuale stato di salute economico sia precario. L'indice viene determinato sottoponendo a 2000 abbonati sorteggiati dall'elenco telefonico e selezionati uniformemente su base territoriale, una serie di domande attraverso le quali possano esprimere il loro giudizio sulla situazione economica della famiglia, le opportunità di risparmio attuali e future, la propensione all'acquisto di beni durevoli e giudizi sul bilancio familiare. Si respira il clima di una crisi che dura ormai dal 2007 e da cui il nostro Paese stenta ad uscirne. Per maggiori approfondimenti sul tema vi rimando al sito Istat dove gli appassionati di statistica potranno soddisfare tutte le loro curiosità.

mercoledì 13 maggio 2015

Privacy e telefonate indesiderate

Le moderne strategie di Marketing, attuate dalle aziende, si basano oggi sulla raccolta e l'analisi dei dati: dei cosiddetti Big Data, ovvero di quella mole d'informazioni che parte dai nostri dati anagrafici e raggiunge elementi di profilazione e catalogazione basati sui nostri gusti alimentari, musicali, cinematografici ecc... Di per sé la raccolta e la collezione di queste informazioni non è dannosa, ma è l'uso che l'azienda ne farà che potrà risultare fastidiosa per il cliente e ripercuotersi negativamente sulla sua attività promozionale. Noi tutti almeno una volta abbiamo sperimentato sulla nostra pelle l'invadenza e l'inopportunità di certe telefonate commerciali che dalla proposta di adesione ad un nuovo contratto di fornitura energetica, arrivano alla vendita di vini e surgelati. Spesso questi astuti call-center raccolgono i numeri telefonici dei malcapitati dagli elenchi pubblici e a meno che l'utente pubblicato non si sia iscritto nel Registro Pubblico delle Opposizioni, subirà le fastidiose vessazioni dalle più disparate offerte commerciali. Qualche altra volta è il consumatore che più o meno consapevolmente conferisce all'impresa volontariamente il suo numero di telefono, magari quello mobile, ed in questo caso per ottenere la cancellazione è necessario richiederlo formalmente al titolare del trattamento: la figura giuridica prevista dalla legge deputata proprio a questo compito, chiedendo esplicitamente all'operatore commerciale, attivo dall'altra parte del filo, chi detenga il nostro dato. Segnalazioni e reclami possono essere inoltrati direttamente al Garante per la protezione dei dati personali sul cui sito è possibile consultare l'utile guida da cui ho preso spunto per questo post.

mercoledì 6 maggio 2015

La mediazione e le conciliazioni paritetiche

Il Decreto Legislativo 28 del 4 marzo 2010 dà attuazione all'articolo 60 della Legge numero 69 del 18 giugno 2009, in cui il Parlamento (di allora) delegava il Governo all'emanazione di uno o più decreti attuativi in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali. Lo strumento giuridico prodotto si muove all'interno del quadro tracciato dalla direttiva Europea 52/2008, elaborata dalla Commissione ed adottata dal Parlamento e dal Consiglio dell'Unione Europea con l'intento di risolvere le controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale. La mediazione, nelle intenzioni dell'Unione, dovrebbe rappresentare un'efficace e rapida risoluzione delle controversie, alternativa all'ordinario canale giurisdizionale, a cui si potrebbe sempre ricorrere in caso di fallimento della procedura. Due o più parti coinvolte in una controversia deciderebbero volontariamente (vedremo tra breve che in realtà per alcuni ambiti il ricorso alla mediazione è obbligatorio), di risolvere il contenzioso con l'aiuto di un mediatore: la persona che svolge la mediazione in modo efficace, imparziale e competente. Secondo definizione la mediazione è l'attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa. Il percorso che conduce al raggiungimento dell'accordo tra le parti, si snoda privilegiando tutti i loro interessi e tralascia in secondo piano le formalità più strettamente giuridiche: qui l'evidente diversità con il giudizio processuale condotto in punta di diritto. Fin qui gli aspetti teorici che hanno guidato i Legislatori nella formulazione delle norme, ora entriamo più nel dettaglio degli elementi pratici ed attuativi. La condizione di partenza è naturalmente l'esistenza di un conflitto tra le parti (per quanto ci attiene il caso tipico è rappresentato dal consumatore insoddisfatto o leso nei suoi diritti da un'impresa e/o società commerciale). La strada maestra che ciascuno di noi potrebbe legittimamente e costituzionalmente imboccare per vedere rispettati i propri diritti, sarebbe proprio quella della Giustizia. L'opinione diffusa però, suffragata per altro dalle statistiche che certo incidono negativamente anche sul rischio d'impresa e d'investimento, penalizzando così il nostro Paese rispetto ad altre aree economiche, è l'eccessiva durata dei processi civili (la media è decennale per i tre gradi di giudizio ammissibili), per non parlare poi dei costi e dell'aleatorietà intrinseca del giudizio medesimo. Ecco che allora il ricorso alla mediazione potrebbe trovare una più rapida soluzione alla controversia (la durata massima prevista è di 4 mesi), con una potenziale soddisfazione per entrambi i soggetti ricorrenti, e naturalmente con un vantaggioso contenimento dei costi. È il decreto ministeriale 180/2010 che disciplina l'organizzazione e la statuizione degli organismi di mediazione, inserendoli in un apposito elenco gestito dal Ministero della Giustizia, la cui iscrizione degli enti preposti (siano essi pubblici o privati) è vincolata al possesso di specifici requisiti economici ed etici. Rientrano nella condizione di procedibilità, per cui la mediazione è obbligatoria, tra le altre, le controversie in tema condominiale, di locazione, di risarcimento del danno cagionato dalla circolazione di veicoli, i temi bancario assicurativo e finanziario.
Le conciliazioni paritetiche sono invece degli accordi (disciplinati da veri e propri protocolli d'intesa) stipulati tra aziende o loro associazioni rappresentative ed associazioni di consumatori, che si differenziano dalla mediazione perché in queste procedure il terzo imparziale è assente, ma la soluzione viene mediata tra un rappresentante del consumatore (il conciliatore dell'associazione) e quello dell'impresa che hanno spesso seguito un comune iter formativo e che possono così confrontarsi su elementi condivisi. Le più comuni sono quelle in vigore con le aziende telefoniche ed energetiche (guarda l'elenco completo).
Tutto chiaro? Non esitare a contattarci per ogni evenienza.

mercoledì 29 aprile 2015

Consumatori 2.0: le guide informative

Sono disponibili in sede (questo è un velato invito al ritiro: vieni a ritirare la tua copia nel giorno di sportello) le due guide pubblicate nell'ambito del progetto "Consumatori 2.0" Radicamento e Interattività. L'una curata da Confconsumatori e dal titolo: "I diritti dei consumatori online" (anche versioni inglese, francese ed arabo), in cui è possibile approfondire: i nostri diritti di consumatori digitali: quando acquistiamo online; come viene tutelata la nostra Privacy e la sicurezza sul web e quali servizi offre la Pubblica Amministrazione nell'era di internet. L'altra redatta da Unione Nazionale Consumatori sulla Sicurezza Alimentare in cui sono trattati i temi delle contaminazioni alimentari (sia fisiche che chimiche), quali azioni di prevenzione sono attuate da produttori e distributori e quali responsabilità restano in capo al consumatore (per esempio modalità di conservazione e/o cottura) per scongiurare il deterioramento dei cibi; delle patologie connesse all'alimentazione quali: obesità, anoressia, bulimia, ortoressia, drunkoressia e delle allergie ed intolleranze alimentari.
Il progetto è finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico ai sensi del decreto 21 marzo 2013 e realizzato da cinque associazioni di consumatori: Assoutenti; Codacons; Confconsumatori; Movimento difesa del Cittadino e unione Nazionale Consumatori per approfondire...